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Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io: testo, parafrasi e analisi

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Nel fervore letterario della Firenze del XIII secolo, il linguaggio poetico si arricchisce di nuove sfumature, sperimentazioni e forme di introspezione che affondano le radici nel dolce stil novo. In questo contesto, la poesia amorosa si intreccia a riflessioni spirituali, filosofiche e persino ludiche, aprendo uno spazio in cui l’amore è celebrato non solo come sentimento privato, ma come forza trasfigurante. Tra i componimenti che meglio esprimono questa ricchezza e varietà si distingue Guido, i’ vorrei che tu, Lapo ed io, un sonetto dal tono originale e sognante, attribuito a Dante Alighieri.

In questa lirica, Dante immagina un viaggio fantastico in compagnia di due amici poeti, Guido Cavalcanti e Lapo Gianni, su una barca sospinta dai venti del desiderio e della fantasia. Al loro fianco, le donne amate: monna Vanna, monna Lagia e una misteriosa terza figura. Lontano da ogni pericolo, il poeta sogna un luogo in cui parlare eternamente d’amore, libero dal tempo e dalla sorte. Il tono del componimento è lieve e immaginifico, ma dietro la dolcezza delle immagini si cela una riflessione profonda sull’amicizia, sull’amore e sul potere della poesia come spazio di evasione e di perfezione.

Guido, i’ vorrei che tu, Lapo ed io: testo e la parafrasi

Testo del sonetto:

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.

Parafrasi:

Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io
fossimo rapiti da un incantesimo
e posti sopra una barca, che al soffio di ogni vento
andasse per mare seguendo il nostro volere;

in modo che né la sorte né alcun tempo avverso
potessero ostacolarci,
ma, vivendo sempre nel medesimo desiderio,
crescesse il nostro piacere nello stare insieme.

E che poi il buon incantatore collocasse con noi
monna Vanna, monna Lagia
e colei che occupa il posto numero trenta (cioè la donna amata da Dante):

e là potessimo parlare sempre d’amore,
e che ognuna di loro fosse felice,
proprio come credo che lo saremmo noi.

Contesto e significato

Il sonetto Guido, i’ vorrei che tu, Lapo ed io è considerato uno dei testi più originali e affascinanti della giovinezza di Dante, databile alla fine degli anni Ottanta del XIII secolo. Non fa parte della Vita Nuova, ma ne condivide alcuni temi e toni, in particolare quello dell’amore idealizzato e dell’elevazione spirituale attraverso il sentimento. Tuttavia, rispetto agli altri sonetti dello stesso periodo, qui emerge un’atmosfera più giocosa e sognante, che fa pensare a un momento di distensione nella ricerca letteraria di Dante.

I tre protagonisti maschili – Dante stesso, Guido Cavalcanti e Lapo Gianni – erano effettivamente amici e tra i più importanti rappresentanti del dolce stil novo. L’evocazione dei loro nomi non è casuale: essa costruisce una sorta di comunità poetica e ideale, in cui l’amore, la poesia e l’amicizia si fondono in un’armonia perfetta. Le tre donne citate – monna Vanna, monna Lagia e la misteriosa figura amata da Dante (forse Beatrice, anche se non viene nominata esplicitamente) – completano il sogno di un mondo ideale, popolato da anime affini e purificate.

Il significato profondo del sonetto risiede nel desiderio di evasione da un mondo terreno segnato dalla precarietà, dal dolore e dall’incomunicabilità. La barca è un luogo simbolico, uno spazio protetto in cui il tempo si sospende, e dove l’unico dialogo possibile è quello sull’amore. Non è un amore carnale o sensuale, ma intellettuale e spirituale, come vuole la poetica stilnovista. In questo microcosmo perfetto, la sorte non ha potere, il desiderio è condiviso, l’amicizia si fa eterna.

In un certo senso, la poesia anticipa alcuni temi centrali della Divina Commedia: il viaggio, la compagnia, l’ideale di un’esperienza trasfigurante, l’evasione dal tempo e dallo spazio. Ma qui tutto è filtrato attraverso una lente lieve e serena, che fa del sonetto un raro esempio di lirismo utopico nel panorama medievale.

Struttura e analisi

Il sonetto è composto da quattordici versi endecasillabi, distribuiti in due quartine e due terzine, secondo la struttura canonica della lirica duecentesca. Lo schema metrico è ABBA ABBA CDC DCD, caratterizzato da rime chiare e ben distribuite, che contribuiscono alla fluidità e musicalità del testo.

La prima quartina introduce il desiderio di un incantesimo che possa rapire i tre amici e portarli su una barca ideale. L’incipit “Guido, i’ vorrei…” ha un tono confidenziale e affettuoso, che rende il lettore subito partecipe dell’intimità del sogno. Il verbo “vorrei” esprime una volontà dolce e non imposta, un desiderio sussurrato.

Nella seconda quartina, Dante sviluppa il tema della protezione contro la sorte e le avversità del tempo. Qui emerge il tema dell’atemporalità: l’ideale sarebbe vivere in eterno, animati dallo stesso desiderio, senza che nulla dall’esterno possa disturbare quella comunione. L’espressione “vivendo sempre in un talento” allude al desiderio condiviso, alla sintonia profonda tra anime affini.

Nella prima terzina, la scena si completa con l’arrivo delle tre donne amate, convocate dal “buon incantatore”. Si tratta di una figura magica, ma benevola, che ha il potere di creare un mondo perfetto. L’identificazione di ciascuna donna non è dettagliata: esse sono evocate più come presenze ideali che come figure reali.

Nell’ultima terzina, si concretizza il sogno: gli uomini e le donne, insieme, parlano solo d’amore. Nessuna tensione, nessuna gelosia, nessun contrasto. Tutti sono contenti, in una condizione di reciproca beatitudine. È un’immagine quasi edenica, di armonia perfetta, che supera la dimensione della realtà quotidiana.

Dal punto di vista stilistico, la poesia si distingue per il suo tono soave e leggero, ben diverso dalla tensione morale o metafisica di altre liriche dantesche. Qui il linguaggio è semplice ma raffinato, capace di evocare immagini chiare e piacevoli. Il ritmo dei versi è lento e avvolgente, perfettamente coerente con il tema del sogno e dell’idillio.

Figure retoriche

Il sonetto è ricco di figure retoriche che contribuiscono a creare un’atmosfera onirica e sospesa, in perfetta sintonia con il tema trattato.

Una delle più evidenti è l’ipotiposi, ovvero la descrizione vivida e concreta di una scena immaginaria. Dante costruisce un piccolo mondo alternativo, con una barca che naviga seguendo i desideri dei suoi passeggeri, dove ogni dettaglio è reso quasi tangibile.

La metafora della barca è centrale: essa rappresenta non solo il mezzo del viaggio, ma anche uno spazio simbolico di evasione, in cui gli ideali dell’amicizia, dell’amore e della poesia possono vivere senza contaminazioni. Il mare, abitualmente pericoloso e imprevedibile, qui è domato dal voler vostro e mio, cioè dal desiderio condiviso.

L’anastrofe nel verso “vivendo sempre in un talento” crea una particolare enfasi sul concetto di desiderio eterno, rafforzando l’idea di una continuità temporale che esclude ogni forma di minaccia esterna.

Molto efficace è anche l’invocazione alle donne: “E monna Vanna e monna Lagia poi…”, che richiama l’ambiente cortese e stilnovista, ma con un tono giocoso e conviviale. È una chiamata in scena quasi teatrale, che sottolinea l’aspetto collettivo e festoso del sogno.

Infine, l’uso dell’enumerazione – Guido, Lapo, Dante, Vanna, Lagia e la donna del poeta – crea una sorta di coralità armonica, in cui ogni figura contribuisce alla costruzione di un mondo ideale e perfetto.

L’ideale stilnovista tra amore e amicizia

Una delle peculiarità di questo sonetto è l’intreccio armonico tra amore e amicizia, due dimensioni che raramente convivono in maniera così equilibrata nella lirica medievale. Mentre l’amore è spesso trattato come sentimento esclusivo, qui si apre a una dimensione comunitaria: i tre amici condividono lo stesso ideale, amano con la stessa intensità e desiderano lo stesso dialogo.

Il legame con Guido Cavalcanti, in particolare, è profondo e fondato su una forte affinità intellettuale. Guido era il più autorevole rappresentante del dolce stil novo prima di Dante, e questo sonetto testimonia la stima e l’affetto che li legava. La presenza di Lapo Gianni, figura meno nota ma anch’egli poeta, rafforza l’idea di una fratellanza letteraria, di una piccola comunità d’eletti unita dalla poesia e dalla ricerca spirituale.

L’amore, in questa visione, non è fonte di tormento ma di gioia condivisa. Non ci sono conflitti, ostacoli, gelosie: solo intesa, parola e felicità reciproca. È una delle rare rappresentazioni positive e serene dell’amore nella lirica dantesca, che generalmente si nutre di tensione, di sublimazione, di silenzio. Qui, invece, l’amore si fa dialogo, tema, argomento di conversazione costante, nella certezza che tutti – uomini e donne – saranno contenti.

Il sogno come rifugio poetico

Guido, i’ vorrei che tu, Lapo ed io può essere letto anche come una poesia sul potere salvifico della fantasia. Il desiderio di evadere, di creare uno spazio altro in cui vivere in eterno secondo i propri ideali, è tipico di molte liriche d’amore, ma qui si realizza con una leggerezza che sorprende. La poesia diventa rifugio, luogo in cui l’anima può trovare pace, lontano dai mali del mondo.

La scelta di usare un incantesimo come mezzo per dare avvio al sogno rivela la volontà di Dante di affidarsi a una dimensione che supera la logica e il raziocinio. È il poeta stesso a costruire il suo vascello simbolico, fatto di parole e immagini, di sogni e desideri. Ed è in quel piccolo mondo che tutto torna a misura d’uomo: la volontà domina il caso, l’amicizia regola la convivenza, l’amore è sereno e appagante.