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​ ​​Canto XXIV Inferno di Dante: riassunto e analisi

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

​Il Canto XXIV dell’Inferno di Dante Alighieri rappresenta una tappa significativa nel viaggio ultraterreno del poeta, conducendoci nella settima bolgia dell’ottavo cerchio, dove sono puniti i ladri. Questo canto offre una profonda riflessione sulla natura del peccato e sulle sue conseguenze, attraverso descrizioni vivide e l’uso sapiente di figure retoriche.​

Il riassunto del 24° canto

Il canto si apre con una similitudine che paragona l’ansia di Dante a quella di un contadino che, vedendo la brina al mattino, teme per il raccolto, ma si rassicura quando il sole la dissolve. Virgilio incoraggia Dante a proseguire nonostante le difficoltà, e insieme affrontano la salita verso la settima bolgia, superando un arduo percorso tra rocce e macerie. Giunti al fondo della bolgia, assistono a uno spettacolo terrificante: una moltitudine di serpenti tormenta i dannati, che corrono nudi con le mani legate dietro la schiena da serpenti stessi. Uno di questi dannati, morso da un serpente, si incenerisce per poi risorgere dalle proprie ceneri, in un ciclo perpetuo di sofferenza. Questo dannato si rivela essere Vanni Fucci, un ladro pistoiese noto per la sua violenza, che, con atteggiamento sprezzante, profetizza a Dante future sventure politiche per Firenze.​

I personaggi principali

Il protagonista principale di questo canto è Vanni Fucci, figura emblematica della corruzione e dell’arroganza. Nato a Pistoia, Fucci si distinse per la sua vita violenta e per il furto sacrilego degli arredi sacri del duomo della città, crimine per il quale furono ingiustamente accusati altri. La sua presenza nella settima bolgia sottolinea la gravità del peccato di furto e la giustizia divina che lo punisce. La sua profezia sulle future sventure di Firenze aggiunge una dimensione politica al canto, evidenziando la connessione tra peccato individuale e corruzione sociale.​

La struttura e l’analisi

Il canto si articola in diverse sezioni che seguono una progressione narrativa e tematica. Si apre con una similitudine che introduce il tema della speranza e della ripresa dopo un momento di sconforto. La salita difficile verso la settima bolgia rappresenta le sfide e le difficoltà del percorso spirituale, enfatizzando la necessità di perseveranza e fiducia nella guida divina. La descrizione della bolgia dei ladri è ricca di dettagli macabri: i serpenti che tormentano i dannati simboleggiano la natura subdola del furto, mentre la metamorfosi di Vanni Fucci, che si incenerisce e risorge, rappresenta la perdita dell’identità umana causata dal peccato. La profezia di Vanni Fucci aggiunge una dimensione politica al canto, preannunciando le future sventure della fazione politica di Dante e sottolineando la connessione tra peccato personale e corruzione sociale.​

Le figure retoriche del canto 24

Dante impiega diverse figure retoriche per arricchire la narrazione e sottolineare i temi trattati nel canto. L’uso di similitudini, come quella iniziale del contadino e della brina, crea immagini vivide che aiutano il lettore a comprendere lo stato d’animo del poeta. L’allegoria è presente nella rappresentazione dei serpenti e delle punizioni inflitte ai ladri, simbolo della natura ingannevole del peccato di furto. L’ironia emerge nella figura di Vanni Fucci, che, nonostante la sua condizione di dannato, mantiene un atteggiamento arrogante e profetizza sventure a Dante. L’anafora, con la ripetizione di parole o frasi, enfatizza la monotonia e la sofferenza eterna dei dannati. Infine, l’apostrofe, con cui Dante si rivolge direttamente al lettore o a personaggi assenti, coinvolge emotivamente e rende la narrazione più intensa.​

Il contrappasso dei ladri

La punizione dei ladri nella settima bolgia è un esempio emblematico della legge del contrappasso. I dannati, avendo in vita sottratto agli altri beni materiali, sono ora privati della loro identità umana, subendo continue metamorfosi e tormenti inflitti dai serpenti. La presenza massiccia di serpenti nella bolgia simboleggia l’essenza stessa del peccato di furto, associato al tradimento e all’inganno. La metamorfosi di Vanni Fucci, che si incenerisce e risorge, rappresenta la perdita dell’identità umana causata dal peccato. La sua arroganza e la profezia di sventure politiche aggiungono una dimensione di critica sociale al canto, evidenziando la connessione tra peccato individuale e corruzione collettiva.​

In conclusione, il Canto XXIV dell’inferno offre una rappresentazione vividissima della punizione dei ladri, utilizzando una ricca gamma di figure retoriche per enfatizzare i temi del peccato, della giustizia divina e della corruzione sociale. La struttura del canto, con la sua progressione dalla difficoltà fisica della salita alla visione dei tormenti infernali, riflette il percorso spirituale di Dante e la sua riflessione sulle conseguenze morali delle azioni umane.