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​ ​Canto XIX Inferno di Dante: personaggi e figure retoriche

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Il Canto XIX dell’Inferno di Dante Alighieri affronta il tema della simonia, ossia la vendita di cariche ecclesiastiche e beni spirituali, denunciando la corruzione all’interno della Chiesa. In questo canto, Dante esprime una forte critica verso coloro che hanno trasformato la fede in uno strumento di guadagno personale, sottolineando la gravità di tale peccato.​

Canto 19 dell’Inferno: il riassunto

Dante e Virgilio giungono nella terza bolgia dell’ottavo cerchio, dove sono puniti i simoniaci. La bolgia è caratterizzata da numerose buche scavate nella roccia, simili a quelle presenti nel Battistero di San Giovanni a Firenze, utilizzate per i battesimi. In queste cavità sono conficcati i peccatori, posti a testa in giù con le gambe che fuoriescono e i piedi avvolti da fiamme ardenti. Questa posizione rappresenta una parodia del battesimo, simbolizzando la perversione del sacro compiuta dai simoniaci.​

Mentre osserva la scena, Dante nota un’anima che si dimena più delle altre, indicando una sofferenza maggiore. Avvicinandosi, il poeta viene scambiato per papa Bonifacio VIII. Il dannato, sorpreso di vederlo lì prima del previsto, rivela di essere papa Niccolò III, appartenente alla famiglia degli Orsini. Egli confessa di aver accumulato ricchezze per favorire i suoi familiari e predice l’arrivo futuro di Bonifacio VIII e di papa Clemente V, anch’essi colpevoli di simonia.​

Dante, indignato, pronuncia una dura invettiva contro Niccolò III e contro la corruzione della Chiesa, ricordando come gli apostoli non chiedessero denaro in cambio dei doni spirituali. Il poeta denuncia l’avidità che ha trasformato la Chiesa in una prostituta, corrotta dal desiderio di potere e ricchezza. Virgilio, approvando le parole di Dante, lo solleva e lo riporta sul sentiero, pronti a proseguire il viaggio nelle bolge successive.​

I personaggi principali

Nel Canto XIX emergono figure chiave che incarnano la denuncia della corruzione ecclesiastica:​

  • Dante Alighieri: protagonista e narratore del poema, rappresenta l’uomo in cerca di redenzione e verità. In questo canto, assume il ruolo di accusatore, scagliandosi contro la simonia e la degenerazione della Chiesa.​
  • Virgilio: guida e simbolo della ragione, accompagna Dante nel suo viaggio attraverso l’Inferno, offrendo spiegazioni e sostegno morale. La sua approvazione delle parole di Dante sottolinea la giustezza delle accuse mosse contro i simoniaci.​
  • Papa Niccolò III: al secolo Giovanni Gaetano Orsini, fu pontefice dal 1277 al 1280. Nel canto, è punito per aver utilizzato la sua posizione per arricchire la propria famiglia, rappresentando l’incarnazione della corruzione papale.​
  • Papa Bonifacio VIII: sebbene non sia presente fisicamente nel canto, la sua figura aleggia nella conversazione tra Dante e Niccolò III. Niccolò, infatti, scambia inizialmente Dante per Bonifacio, anticipando la futura dannazione di quest’ultimo per simonia.​
  • Papa Clemente V: anch’egli menzionato da Niccolò III, è profetizzato come successivo occupante della stessa buca infernale, a causa delle sue colpe legate alla simonia e alla corruzione.​

Questi personaggi, reali o evocati, servono a Dante per esprimere una critica feroce verso la Chiesa del suo tempo, accusata di tradire i principi cristiani per sete di potere e denaro.​

Canto 19 Inferno: struttura e analisi

Il Canto XIX è strutturato in modo da guidare il lettore attraverso una progressiva presa di coscienza della gravità del peccato di simonia e delle sue implicazioni morali e spirituali:

  • Introduzione e descrizione della bolgia: il canto si apre con una riflessione di Dante sulla giustizia divina che punisce i simoniaci. La descrizione della terza bolgia è dettagliata: le pareti e il fondo sono scavati da numerose buche circolari, simili a quelle del Battistero di San Giovanni a Firenze. Questa similitudine non è casuale; Dante stesso ricorda di aver rotto uno di quei fonti battesimali per salvare un bambino che stava annegando, sottolineando la sacralità del battesimo e la gravità della sua profanazione attraverso la simonia.​
  • Incontro con Niccolò III: avvicinandosi a una delle buche, Dante nota un’anima che si dimena più delle altre. Il dialogo che ne segue rivela l’identità del peccatore e le sue colpe. Niccolò III, confuso dall’apparizione di Dante, lo scambia per Bonifacio VIII, mostrando come l’attesa del successore nella pena sia fonte di ulteriore tormento. Questo scambio mette in luce la continuità della corruzione all’interno della Chiesa e la previsione di una punizione eterna per coloro che ne sono responsabili.
  • Invettiva contro la simonia: la reazione di Dante alle parole di Niccolò III è veemente. Il poeta ricorda come Cristo e gli apostoli non abbiano mai richiesto denaro in cambio di poteri spirituali, contrapponendo l’umiltà delle origini della Chiesa alla degenerazione contemporanea. L’accusa si estende all’intera istituzione ecclesiastica, rappresentata come una prostituta che si vende ai potenti, tradendo la sua missione spirituale e trasformando la fede in un mezzo di arricchimento. Questo passaggio è particolarmente significativo perché segna uno dei momenti in cui Dante, pur essendo un fedele cristiano, si scaglia con maggiore durezza contro la corruzione della Chiesa, accusandola di aver perso la sua purezza originaria.
  • Conclusione e partenza per la bolgia successiva: dopo aver espresso la sua invettiva, Dante viene sollevato da Virgilio, che lo riporta sul sentiero per proseguire il viaggio attraverso l’Inferno. Questo gesto simbolico sottolinea il valore della guida razionale e morale di Virgilio, che aiuta Dante a mantenere la giusta prospettiva, distaccandosi dal furore eccessivo per rimanere concentrato sul suo percorso di conoscenza e redenzione.

Le figure retoriche del canto 19

Nel Canto XIX, Dante utilizza una vasta gamma di figure retoriche per enfatizzare il tono solenne e accusatorio del canto, rendendo più incisiva la sua denuncia contro la simonia e la corruzione della Chiesa.

Una delle figure retoriche più evidenti è la metafora, usata per descrivere la Chiesa corrotta come una prostituta, che si vende ai potenti e tradisce la sua missione spirituale. Questa immagine, particolarmente forte, enfatizza il degrado morale dell’istituzione ecclesiastica, contrapponendolo alla purezza e alla povertà evangelica predicata da Cristo.

L’apostrofe è un altro elemento fondamentale del canto, poiché Dante si rivolge direttamente alla Chiesa e ai papi corrotti, condannandoli apertamente per i loro peccati. Questo espediente retorico rafforza il tono polemico e coinvolge emotivamente il lettore, trascinandolo nella denuncia appassionata del poeta.

L’anafora, ovvero la ripetizione di parole o frasi all’inizio di più versi consecutivi, viene utilizzata per dare ritmo e intensità al discorso di Dante. Ad esempio, nella sua invettiva, il poeta ripete concetti chiave per sottolineare la gravità della simonia e per imprimere nei lettori la consapevolezza della corruzione che ha pervaso la Chiesa.

Anche la similitudine è ampiamente utilizzata, in particolare nel paragone tra le buche infernali e i fonti battesimali del Battistero di San Giovanni a Firenze. Questa immagine crea un forte contrasto tra la sacralità del battesimo e la perversione della simonia, facendo emergere l’ironia tragica della punizione inflitta ai simoniaci.

L’ironia dantesca è un altro elemento chiave del canto. Il fatto che i papi simoniaci vengano conficcati a testa in giù nelle buche infernali rappresenta una parodia del battesimo, il sacramento che avrebbero dovuto custodire e proteggere. Questa punizione capovolge letteralmente il loro ruolo ecclesiastico, mettendo in evidenza il ribaltamento della giustizia divina rispetto alla corruzione terrena.

Infine, la prolessi gioca un ruolo cruciale nel canto, attraverso la profezia di Niccolò III sull’arrivo futuro di Bonifacio VIII e Clemente V. Questo espediente non solo rafforza l’idea della continuità della corruzione nella Chiesa, ma crea anche un senso di anticipazione per il lettore, che sa già quali destini attendono i personaggi futuri della Commedia.

Il significato del contrappasso dei simoniaci

Il contrappasso che colpisce i simoniaci è altamente simbolico e si basa sull’idea della parodia del battesimo. In vita, questi peccatori hanno sfruttato il potere ecclesiastico per arricchirsi, abusando di un sacramento sacro per fini materiali. Nell’Inferno, il loro corpo è conficcato a testa in giù dentro buche simili ai fonti battesimali, in un’immagine che ribalta completamente il gesto del battesimo.

Il fuoco che avvolge i loro piedi è un richiamo alla punizione eterna per chi ha usato la fede per scopi mondani. Mentre il battesimo simboleggia la purificazione e la rinascita spirituale, la punizione infernale perverte questa simbologia, trasformandola in un tormento senza fine. Il fatto che i dannati vengano infilati nelle buche in ordine di colpevolezza suggerisce che la simonia non è solo un peccato individuale, ma un male sistemico che si perpetua nel tempo, coinvolgendo generazioni di ecclesiastici corrotti.

Inoltre, la predizione di Niccolò III sul futuro destino di Bonifacio VIII e Clemente V sottolinea come la giustizia divina non sia limitata al passato, ma si estenda anche al futuro, colpendo coloro che non hanno ancora ricevuto la loro punizione. Questo rafforza l’idea che l’Inferno non sia solo una rappresentazione del passato, ma anche una profezia sulla corruzione che continuerà a minare la Chiesa.

La denuncia della corruzione ecclesiastica

Uno degli elementi più rilevanti del Canto XIX è la feroce denuncia della corruzione della Chiesa. Dante, profondamente legato ai valori cristiani, si scaglia contro i papi che hanno tradito il loro ruolo spirituale per perseguire il potere e la ricchezza. Il suo attacco non è solo rivolto ai singoli individui, ma all’intero sistema che ha permesso la degenerazione della fede.

Attraverso l’invettiva contro Niccolò III, Dante critica l’avidità che ha trasformato la Chiesa in una istituzione mondana, più interessata ai beni materiali che alla salvezza delle anime. Il poeta rievoca le parole di San Pietro e degli apostoli, ricordando come essi non chiedessero denaro in cambio dei doni spirituali, a differenza dei simoniaci, che hanno fatto del sacro un commercio.

Questa denuncia ha una forte risonanza politica, poiché Dante si oppone alla politica papale del suo tempo, in particolare a Bonifacio VIII, che sarà uno dei suoi nemici più acerrimi. Il poeta non teme di sfidare l’autorità ecclesiastica, sostenendo che il vero messaggio cristiano sia stato tradito e che la Chiesa debba ritornare alla sua purezza originaria.