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Canto XXXII Inferno di Dante: analisi e figure retoriche

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

​Il Canto XXXII dell’Inferno di Dante Alighieri ci conduce nelle profondità più oscure dell’oltretomba, dove sono puniti i traditori. In questo canto, il poeta descrive il nono cerchio, un lago ghiacciato chiamato Cocito, suddiviso in quattro zone: Caina, Antenora, Tolomea e Giudecca, ciascuna destinata a una specifica categoria di traditori. Dante e la sua guida, Virgilio, attraversano le prime due zone, incontrando anime immerse nel ghiaccio, simbolo della loro colpa.​

Canto 32 dell’Inferno: riassunto

Il canto si apre con un’invocazione alle Muse, in cui Dante chiede aiuto per descrivere adeguatamente l’orribile scenario che si appresta a narrare. Giunto al Cocito, un lago ghiacciato, il poeta osserva le anime dei traditori conficcate nel ghiaccio in diverse posizioni, a seconda della gravità del loro peccato. Nella Caina, sono puniti i traditori dei parenti, con le teste rivolte verso il basso; nella Antenora, si trovano i traditori della patria, con le teste sollevate. Durante il cammino, Dante incontra vari personaggi, tra cui Bocca degli Abati, che tradì la sua fazione nella battaglia di Montaperti, e altri traditori della patria. Il canto si conclude con la visione di un’anima che rode la testa di un’altra, introducendo l’episodio del conte Ugolino, che sarà sviluppato nel canto successivo.​

Canto 32 dell’Inferno: personaggi

In questo canto, Dante presenta una serie di personaggi storici e mitologici, ciascuno rappresentante di una specifica categoria di traditori:​

  • Alessandro e Napoleone degli Alberti: fratelli che si uccisero a vicenda per questioni ereditarie, rappresentano i traditori dei parenti nella Caina.​
  • Camicione de’ Pazzi: assassino del cugino Ubertino, anch’egli collocato nella Caina.​
  • Bocca degli Abati: nobile fiorentino che, durante la battaglia di Montaperti, tradì la sua fazione causando la sconfitta dei guelfi; è punito nella Antenora tra i traditori della patria.​
  • Buoso da Duera: cavaliere che tradì la sua città permettendo il passaggio delle truppe nemiche; anch’egli nella Antenora.​
  • Conte Ugolino della Gherardesca: nobile pisano accusato di tradimento, è visto mentre rode la testa dell’arcivescovo Ruggieri, suo traditore; la sua storia sarà approfondita nel canto successivo.​

Analisi e struttura

Il Canto XXXII è composto da 151 versi, suddivisi in terzine dantesche con schema rimico ABA BCB CDC. La struttura metrica conferisce al canto un ritmo incalzante, adeguato alla descrizione delle scene crude e drammatiche.​

L’introduzione del canto è caratterizzata da un’invocazione alle Muse, in cui Dante esprime la difficoltà di descrivere l’orrore del nono cerchio. Questa invocazione sottolinea la gravità dei peccati puniti in questa sezione dell’Inferno e prepara il lettore alle scene raccapriccianti che seguiranno.​

La descrizione del Cocito come un lago ghiacciato rappresenta una scelta simbolica significativa: il ghiaccio, freddo e immobile, simboleggia la natura del tradimento, un peccato che implica freddezza emotiva e mancanza di amore. Le anime dei traditori sono conficcate nel ghiaccio in diverse posizioni, a seconda della gravità del loro peccato, evidenziando il principio del contrappasso.​

Dante utilizza un linguaggio crudo e diretto per descrivere le pene dei dannati, riflettendo la brutalità dei loro peccati. L’incontro con Bocca degli Abati è emblematico: Dante, solitamente compassionevole verso i dannati, mostra disprezzo e rabbia verso Bocca, sottolineando la gravità del tradimento.​

Le figure retoriche

Il canto è ricco di figure retoriche che amplificano l’intensità emotiva e la vividezza delle descrizioni. L’uso dell’invocazione alle Muse all’inizio del canto evidenzia la solennità del tema trattato e la difficoltà nel descrivere scene così terribili.​

Le metafore e le similitudini sono ampiamente utilizzate per rendere le immagini più vivide. Ad esempio, le anime conficcate nel ghiaccio sono paragonate a rane che sporgono il muso dall’acqua, enfatizzando la loro immobilità e sofferenza.​

L’uso dell’anafora, con la ripetizione di parole o frasi all’inizio di versi consecutivi, crea un ritmo incalzante che accentua la tensione narrativa. Le allitterazioni contribuiscono a creare un effetto sonoro che riflette il freddo e l’ostilità dell’ambiente descritto.​

Infine, l’iperbole è utilizzata per esagerare certe caratteristiche, come la vastità del ghiaccio o la crudeltà delle pene, amplificando l’effetto drammatico del racconto.​

Il simbolismo del ghiaccio

Il ghiaccio del Cocito rappresenta simbolicamente la natura del tradimento.

Mentre il fuoco è spesso associato alla punizione e alla passione nel resto dell’Inferno, il ghiaccio qui assume un significato opposto: rappresenta la freddezza emotiva e l’assenza di amore che caratterizza i traditori. Se altri peccatori sono tormentati dal fuoco del loro stesso peccato, i traditori sono immersi in un gelo eterno, simbolo della loro totale insensibilità.

Dante costruisce questa rappresentazione con un efficace contrasto tra il dinamismo del viaggio e l’immobilità delle anime. A differenza di altri canti in cui i dannati si muovono, parlano e soffrono con gesti evidenti, qui essi sono bloccati, congelati, quasi privi di voce, un’immagine potente che sottolinea il loro stato di totale impotenza. Il tradimento, nella visione dantesca, non solo condanna l’anima, ma la priva di qualsiasi possibilità di redenzione, costringendola in una rigidità che riflette il distacco emotivo e l’assenza di sentimenti umani.

Anche la divisione del Cocito in quattro sezioni ha un forte valore simbolico. Ogni categoria di traditori è punita con una diversa profondità nell’immobilità glaciale:

  • Nella Caina, i traditori dei parenti hanno la testa rivolta verso il basso, come se fossero schiacciati dal peso del loro peccato.
  • Nell’Antenora, i traditori della patria hanno il volto sollevato, esposti al gelo più intenso.
  • La Tolomea, che verrà descritta nel canto successivo, è riservata ai traditori degli ospiti e presenta un aspetto ancora più terribile: i dannati sono talmente spregevoli che le loro anime precipitano all’Inferno prima ancora che i loro corpi muoiano sulla terra, posseduti da demoni.
  • Infine, nella Giudecca, la parte più profonda, si trovano i traditori dei benefattori, completamente immersi nel ghiaccio, senza possibilità di movimento o espressione.

Questa suddivisione mostra la scala gerarchica del peccato secondo Dante: più il tradimento è grave, più l’anima è immobilizzata e privata di qualsiasi possibilità di comunicazione o redenzione.

Il contrappasso

Il principio del contrappasso è particolarmente evidente nel Canto XXXII. I dannati sono condannati a un’immobilità eterna nel ghiaccio, una pena che rispecchia la loro freddezza interiore in vita. Se i traditori hanno agito con calcolo, senza pietà o sentimenti, ora sono privati della possibilità di esprimersi e muoversi.

Questo contrasto tra azione e immobilità è uno dei più efficaci di tutto l’Inferno. Mentre altri peccatori soffrono pene attive, spesso legate a un tormento fisico che li fa urlare e dimenarsi, qui il castigo è il silenzio e la paralisi, una condizione ancora più angosciante. Il ghiaccio, che blocca e isola, diventa il simbolo del loro stato di completa esclusione dalla comunità umana e dalla possibilità di redenzione.

Dante sottolinea questa condizione anche attraverso il trattamento riservato a Bocca degli Abati. Quando il poeta incontra il traditore fiorentino, invece di provare pietà, lo tratta con disprezzo e violenza, arrivando persino a strappargli i capelli per costringerlo a parlare. Questo atteggiamento è un segno evidente di come il tradimento sia considerato uno dei peccati più infami, al punto che Dante stesso perde la sua consueta compassione per i dannati.

L’immagine più impressionante del canto è l’incontro con il conte Ugolino, che verrà approfondito nel canto successivo. La scena di un dannato che rode il cranio di un altro è una rappresentazione viscerale dell’odio e della vendetta che sopravvivono anche nella dannazione eterna. Qui il contrappasso assume un carattere ancora più oscuro: il traditore, che in vita si è nutrito del potere e della fiducia altrui, ora è condannato a un atto di cannibalismo metaforico, rimanendo intrappolato in una spirale di odio senza fine.

La visione politica e morale di Dante

Oltre a descrivere la punizione dei traditori, il Canto XXXII è profondamente legato alla visione politica e morale di Dante. Molti dei dannati citati appartenevano alla sua epoca o a eventi storici rilevanti per la sua esperienza personale.

La presenza di Bocca degli Abati, traditore della parte guelfa a Montaperti, è un chiaro esempio dell’indignazione politica di Dante. La battaglia di Montaperti (1260) fu un evento cruciale per Firenze, e il tradimento di Bocca è considerato uno dei momenti più infami della storia della città. Dante, che aveva a cuore il destino di Firenze, usa questo episodio per condannare coloro che hanno contribuito alla rovina della sua patria.

Anche la scelta di collocare Ugolino e Ruggieri nell’Antenora è significativa. Il conte Ugolino fu un personaggio politico controverso nella Pisa del XIII secolo, coinvolto in intrighi e lotte di potere che portarono alla sua caduta. Il suo avversario, l’arcivescovo Ruggieri, lo fece imprigionare e morire di fame con i suoi figli. Dante mette entrambi tra i traditori, suggerendo che nella lotta per il potere non esistono vincitori, ma solo colpevoli.

Questa sezione dell’Inferno, quindi, non è solo una descrizione delle pene eterne, ma anche una riflessione sulla corruzione politica e sulla decadenza morale della società del tempo. Dante condanna non solo i singoli traditori, ma un intero sistema basato su inganni, alleanze spezzate e ambizioni sfrenate.