Inferno, Canto XXXIV: Lucifero e il fondo dell’Inferno
Nella quarta zona di Cocito, la Giudecca, Dante e Virgilio osservano l'angelo caduto torturare Giuda, Bruto e Cassio, prima di raggiungere l'emisfero australe
La descrizione di Lucifero
Virgilio mette in guardia Dante che si stanno avvicinando i vessilli del re dell’Inferno, Lucifero, e lo invita a guardare davanti a sé: il poeta fiorentino obbedisce, ma in lontananza, nella semioscurità, scorge quello che gli sembra un enorme edificio, simile a un mulino, quindi, si ripara dal vento mettendosi dietro al proprio maestro. I due entrano nella quarta e ultima zona di Cocito, la Giudecca, all’interno della quale sono puniti i traditori dei benefattori. Dante vede i dannati completamente imprigionati nel ghiaccio, alcuni rivolti verso il basso, altri verso l’alto con la testa o con i piedi e altri ancora raggomitolati su se stessi. A questo punto, Virgilio ritiene giunto il momento di mostrargli Lucifero, avvertendolo di armarsi di coraggio. Dante si rivolge al lettore affinché non gli venga chiesto di spiegare il terrore provato alla vista dell’angelo caduto, perché nessuna parola sarebbe sufficientemente adeguata: né morì, né rimase vivo, restando piuttosto in una specie di stato sospeso. Il re dell’Inferno fuoriesce dal ghiaccio di Cocito dalla cintola in su e Dante afferma di essere molto più lui vicino a un gigante che non quest’ultimo alle sole braccia del mostro, per dare un’idea della maestosità dell’essere: se Lucifero fu, un tempo, tanto bello quanto invece adesso è orribile e, nonostante ciò, osò ribellarsi a Dio, allora, osserva Dante, è giusto che da lui derivi ogni male. Egli si meraviglia nel vedere le sue tre facce in una sola testa: quella al centro, rossa, cui si aggiungono le altre due, intorno alla metà di ogni spalla (quella destra giallastra e quella sinistra scura come gli abitanti dell’Etiopia), unendosi nella parte posteriore del capo. Sotto ogni volto, poi, ci sono due enormi ali, proporzionate alle dimensioni del mostro, e quindi più grandi delle vele di qualunque nave: non sono piumate, sembrano piuttosto quelle dei pipistrelli, che sbatte producendo tre venti gelidi che fanno congelare il lago di Cocito. Il mostro piange con sei occhi e le sue lacrime gocciolano lungo i suoi tre menti, mescolandosi a una bava sanguinolenta. Inoltre, in ognuna delle sue tre bocche, egli maciulla un peccatore, arrecando loro maggiore sofferenza con i propri artigli, con cui li graffia sulla schiena fino a spellarli completamente. Virgilio spiega che il peccatore al centro è Giuda Iscariota, che ha la testa dentro la bocca e fa pendere le gambe di fuori, mentre gli altri due, che hanno invece il capo rivolto verso il basso, sono Bruto e Cassio. Quindi, essendo quasi notte, lo esorta a riprendere il cammino poiché, oramai, hanno visitato tutto l’Inferno.
Dante e Virgilio escono “a riveder le stelle”
Il maestro invita il discepolo ad abbracciarlo intorno al collo, quindi, al momento opportuno, e cioè quando le ali del mostro sono abbastanza aperte, si aggrappa alle sue costole pelose. Virgilio scende lungo i fianchi di Lucifero, fino al punto in cui la coscia si congiunge col bacino, per poi girarsi e aggrapparsi al pelo delle gambe, salendo verso l’alto, al punto che Dante è convinto che stiano tornando nuovamente all’Inferno. Il poeta latino gli ribadisce di tenersi ben stretto a lui, poiché i due devono allontanarsi dal male dell’Inferno e possono farlo soltanto percorrendo quella strada, quindi, esce attraverso la spaccatura di una roccia, sul cui orlo mette Dante a sedere, raggiungendolo poi con un balzo. Quest’ultimo alza lo sguardo per guardare Lucifero e nota che è capovolto, con le gambe in alto, restando perplesso. Viene quindi esortato ad alzarsi subito, poiché c’è tanta strada da fare, per giunta assai difficoltosa, attraverso un budello nella roccia buio e impervio, e sono già le sette e mezza del mattino. Dante prega il maestro di togliergli prima alcuni dubbi: dov’è il ghiaccio di Cocito, com’è possibile che Lucifero sia sottosopra rispetto alla posizione precedente e come può essere già mattina. Virgilio risponde che Dante pensa di essere ancora nell’emisfero boreale ma, quando hanno oltrepassato il centro della Terra, sono in realtà passati in quello australe. Dante, allora, poggia i piedi sull’altra faccia di una piccola sfera che costituisce la Giudecca: in quel punto è mattina, mentre nell’altro è sera. Il poeta latino aggiunge che il demone precipitò giù dal cielo da questa parte e la terra si ritrasse per paura del contatto, raccogliendosi nell’emisfero boreale e formando così il vuoto della voragine infernale, mentre in quello australe si formò la montagna del Purgatorio. Dante, quindi, torna a rivolgersi al lettore, spiegando che all’estremità della cavità rocciosa (la natural burella), c’è un luogo distante da Lucifero tanto quanto la sua estensione: non si può vedere, ma si può sentire il suono di un ruscello che cade verso il basso, nella cavità che ha scavato nella roccia. I due riprendono il cammino per tornare alla luce del sole, proseguendo senza sosta: alla fine, Dante intravede gli astri del cielo attraverso un pertugio tondo nella crosta terrestre “e quindi uscimmo a riveder le stelle“.