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Inferno, Canto X: Farinata degli Uberti

Nel Cerchio degli epicurei, Dante incontra il politico fiorentino, che profetizza il suo futuro esilio dalla città

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Gli epicurei, Farinata degli Uberti e Cavalcante de Cavalcanti

Dante, mentre segue Virgilio fra le tombe della città di Dite, chiede al maestro se sia possibile vedere le anime che giacciono nei sepolcri, dal momento che i coperchi sono sollevati e non ci sono demoni a custodire le arche, il quale gli risponde che le tombe verranno chiuse in eterno il giorno del Giudizio Universale, quando le anime risorte si saranno riappropriate del corpo nella valle di Iosafat. Inoltre, in questa sorta di cimitero, giacciono tutti i seguaci di Epicuro, che credettero ciecamente nella mortalità dell’anima, e i suoi desideri, compreso quello non svelato se è ivi presente anche Farinata degli Uberti, saranno presto soddisfatti. Dante, dopo aver confidato a Virgilio di celare alcune curiosità soltanto per evitare di parlare a sproposito, viene apostrofato da una voce proveniente da una delle tombe: lo prega di trattenersi, affermando di aver riconosciuto l’accento toscano, e pertanto originario della sua stessa città. Il poeta, intimorito, si stringe a Virgilio, il quale lo invita a voltarsi e a guardare Farinata, che si è sollevato in una delle tombe ed è ben visibile dalla cintola in su. Così, obbedisce e guarda il dannato ergersi con fronte e petto alti, quasi volesse mostrare tutto il proprio disprezzo verso l’Inferno. Virgilio, quindi, spinge Dante verso di lui, raccomandandosi di parlare dignitosamente. Farinata gli chiede chi fossero i suoi antenati e, non appena ricevuta la risposta, informa Dante che i suoi avi furono suoi aspri nemici, oltre che dei suoi antenati e della sua parte politica (i Ghibellini), tanto che li cacciò per due volte da Firenze. Dante, però, replica affermando che, seppur esiliati, seppero rientrare in città entrambe le volte, mentre non si può dire lo stesso degli avi di Farinata. A questo punto, compare un altro dannato, che si sporge fino al mento, come se fosse inginocchiato: si guarda intorno con ansia, come se cercasse qualcuno accanto a Dante e che, però, non vede. Piangendo, gli chiede dove sia suo figlio e perché non sia lui ad accompagnarlo in questo viaggio. Dante, allora, comprende che si tratta di Cavalcante de’ Cavalcanti, padre del suo amico Guido, indicando Virgilio come colui destinato a guidarlo. Cavalcante, poi, piuttosto allarmato, chiede a Dante se davvero suo figlio sia morto e, poiché il poeta tarda a rispondere, il dannato precipita nuovamente nella tomba per non tornare più fuori.

Il contrasto tra politica e fede e la profezia

Farinata riprende il discorso esattamente dove l’aveva interrotto, affermando che il fatto che i suoi avi non rientrarono a Firenze dopo la cacciata gli provoca più dolore delle pene infernali. Tuttavia, le sue parole si riveleranno profetiche: quattro anni più tardi, infatti, anche Dante subirà l’onta dell’esilio. Il dannato, poi, gli chiede perché il Comune sia così duro in ogni sua legge contro la sua famiglia e Dante risponde che ciò è per il ricordo della battaglia di Montaperti. Farinata afferma, sconsolato, che non partecipò soltanto lui, ma che fu l’unico a opporsi alla distruzione di Firenze in seguito alla vittoria dei Ghibellini. Dante, quindi, gli chiede se i dannati siano in grado di prevedere il futuro e lo spirito gli risponde di sì, ma in modo imperfetto e che alla fine dei tempi, dopo il Giudizio Universale, la loro conoscenza del futuro sarà del tutto annullata. Dante, quindi, comprende l’errore commesso e lo prega di informare Cavalcante che suo figlio Guido è in realtà ancora vivo. Richiamato da Virgilio, il poeta fiorentino si affretta a chiedere a Farinata con chi condivida la sua pena nella tomba, il quale gli confida di giacere con più di mille anime, tra cui Federico II di Svevia e il cardinale Ottaviano degli Ubaldini, ma tace degli altri. Quindi, rientra nel sepolcro, mentre Dante ripensa tristemente alla profezia dell’esilio, confidando poco dopo la sua angoscia a Virgilio, che lo ammonisce di rammentare che, quando sarà giunto in Paradiso al cospetto di Beatrice, ella gli fornirà ogni spiegazione relativa alla sua vita futura. Nel frattempo, proseguendo il proprio cammino, si lasciano alle spalle le mura e imboccano un sentiero che conduce alla parte esterna del Cerchio, da dove si leva un olezzo estremamente disgustoso.