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Paradiso, Canto XXIII: la visione di Cristo e della Madonna

Nell'VIII Cielo delle Stelle Fisse, Dante assiste al trionfo di Gesù e della Vergine Maria, così come alla loro ascesa nell'Empireo e all'apparizione dell'arcangelo Gabriele e di san Pietro

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Il trionfo di Cristo e il sorriso di Beatrice

Dante ha l’impressione che Beatrice sia in trepidante attesa dell’arrivo di qualcuno o di qualcosa, così assorta verso quella parte del Cielo sotto cui il Sole pare muoversi più lentamente, che la paragona a un uccello che aspetta il sorgere dell’alba su un ramo dell’albero, per poi andare alla ricerca di cibo per i propri pulcini. Vorrebbe sapere la ragione di tale atteggiamento, ma resta in silenzio, speranzoso del fatto che potrà apprenderlo presto. Infatti, poco dopo e all’improvviso, vede il Cielo rischiararsi sempre di più, mentre Beatrice, che arde di carità e ha gli occhi pieni di gioia, annuncia l’arrivo delle schiere dei beati e di Cristo in trionfo. Man mano appaiono migliaia di luci, simili alle stelle che circondano la luna nelle notti serene, ognuna delle quali ulteriormente illuminata da una assai più intensa: nota, infatti, la figura umana di Gesù, che trascende tuttavia le sue capacità visive e non è in grado di sostenerla. Beatrice, allora, gli spiega che tale visione supera ogni forza, in quanto rappresenta Colui che con la sua morte riaprì la strada fra Cielo e Terra. Dante sente come se la sua mente uscisse da se stessa, analogamente a un fulmine che parte da una nube e si fionda verso il basso, mentre la donna amata lo esorta a guardarla poiché, dopo aver visto cose così tanto alte, è ormai in grado di sostenere anche il suo sorriso. Raccoglie l’invito con un tale piacere che si rende immediatamente conto che questo è un momento che non potrà mai essere cancellato dalla sua memoria, seppur rammaricandosi di dover lasciare il suo poema sacro privo di alcune parti, in quanto non riuscirebbe mai a descrivere il suo sorriso, neppure con l’aiuto delle Muse: compito del lettore, quindi, sarà quello di considerare l’altezza del tema affrontato e di capire i limiti della sua poesia umana, dal momento che la nave della sua arte percorre un tratto di mare così impegnativo che richiede il massimo impegno del timoniere.

Il trionfo di Maria e le apparizioni dell’arcangelo Gabriele e di San Pietro

Beatrice, quindi, lo invita a non guardare solamente il suo viso, ma anche lo spettacolo del Cielo delle Stelle Fisse, simile a un giardino fiorito sotto i raggi di Cristo, in cui si trovano Maria e gli Apostoli. Dante nota moltissime luci a loro volta illuminate da una più grande: quella di Gesù, che si è innalzato proprio per consentirgli di ammirare tale spettacolo poiché, altrimenti, i suoi deboli occhi sarebbero stati abbagliati dal suo splendore. Dante rivolge poi lo sguardo sull’intensa luce di Maria, colei che invoca ogni mattina e ogni sera, circondata da una corona luminosa – l’arcangelo Gabriele – che inizia a ruotarle intorno, intonando una melodia talmente dolce che, a confronto, la musica terrena più piacevole sembrerebbe il fragore di un tuono. L’arcangelo dichiara di ardere d’amore per Maria, nel cui ventre nacque Gesù, e afferma che continuerà a girarle intorno fin quando ella seguirà il proprio figlio nell’Empireo, rendendo quel Cielo ancor più bello. Durante il suo inno, tutti i beati intonano il nome di Maria, che inizia a salire verso l’alto insieme a Cristo, un momento che Dante non è in grado di immortalare con i propri occhi. Anche gli spiriti si protendono verso l’alto con le proprie luci, come un bimbo appena allattato dalla mamma che le tende le braccia in segno di affetto. Quindi, restano al cospetto di Dante, cantando il ‘Regina coeli’ con una grazia che, per il poeta fiorentino, resterà per sempre un indelebile ricordo. Sono anime dotate di un’incommensurabile beatitudine che, sulla Terra, furono abili a seminare, mentre qui, in Cielo, stanno raccogliendo i frutti della loro bontà, dopo l’esilio terrestre simile a quello di Babilonia. A celebrare il proprio trionfo sui beni mondani c’è anche san Pietro, che ricevette da Cristo le chiavi del Paradiso e ora condivide la felicità eterna insieme ai beati del Vecchio e del Nuovo Testamento.