Paradiso, Canto X: il cielo del Sole e la sapienza teologica
Durante l'ascesa al IV Cielo Dante e Beatrice incontrano san Tommaso d'Aquino e gli altri undici spiriti sapienti della prima corona
La prima corona di spiriti sapienti
Il X Canto si apre con Dante che osserva come Dio abbia creato i Cieli con una tale perfezione che non è possibile guardare tale spettacolo senza godere del suo valore, invitando i lettori a contemplare il punto in cui si l’Equatore celeste s’interseca con l’eclittica e ad ammirare l’opera del supremo artefice, pensando autonomamente a ciò che si preannuncia, in quanto egli è totalmente assorbito dal contenuto dei suoi versi e non sarà in grado di fornire ulteriori indicazioni. Il Sole, che misura il tempo e riflette sulla Terra il suo influsso benefico, si trova nel punto equinoziale e il Dante-personaggio neppure si rende conto di penetrare in esso, mentre Beatrice lo guida Dante di Cielo in Cielo così velocemente che il suo atto appare pressoché istantaneo: nel IV di questi, il poeta fiorentino vede delle luci più splendenti persino del Sole ed è qualcosa di indescrivibile a parole mediante il linguaggio umano. Qui appaiono gli spiriti sapienti, che sono sempre appagati dalla visione di Dio, e Beatrice esorta Dante a ringraziare Dio per il privilegio che gli ha concesso: mai il cuore di un uomo ha provato una gioia simile nell’esprimere la propria gratitudine al Creatore, come lo è il suo appena udite tali parole, al punto che quasi si dimentica della presenza dello spirito della donna amata, la quale non se ne dispiace, piuttosto ne sorride, al punto che lo splendore dei suoi occhi richiama l’attenzione del poeta, la cui attenzione è ora divisa tra Dio e lei stessa. Dante, poi, nota una serie di luci sfolgoranti che circondano lui e Beatrice come una sorta di corona e che cantano con voce melodiosa, del tutto simili all’alone luminoso che, alcune notti particolarmente umide, attornia la Luna. Anche l’armoniosità del canto intonato dai beati risulta all’autore impossibile da descrivere, al pari di tutte le altre bellezze del Paradiso. Le luci degli spiriti ruotano attorno a Dante e Beatrice per tre volte, come stelle attorno al polo celeste, poi si arrestano come donne che danzano e, improvvisamente, si fermano in attesa che la musica riprenda.
L’incontro con san Tommaso d’Aquino
Tra questi beati ce n’è uno che si rivolge a Dante, affermando che la grazia divina risplende nel poeta, poiché gli è permesso accedere da vivo al Paradiso: pertanto, è impossibile che gli spiriti ivi presenti non abbiano il desiderio spontaneo di esaudire tutti i suoi desideri, come acqua che, naturalmente, scende dall’alto verso il basso. Dante chiede chi siano gli spiriti della corona e il beato si presenta come un membro dell’Ordine domenicano, in cui ci si arricchisce spiritualmente, a patto che non si fugga dalle regole, di essere san Tommaso d’Aquino e che lo spirito alla sua destra è il suo maestro Alberto Magno. Lo invita, poi, ad ascoltarlo seguendo con lo sguardo le altre luci, presentando così Francesco Graziano, che distinse tra legge divina e legge umana, Pietro Lombardo e Salomone, rispetto al quale nessuno fu più sapiente, Dionigi l’Areopagita, autore di un’opera sull’angelologia, Paolo Orosio, la cui opera storica aiutò sant’Agostino, Severino Boezio, che spiegò la fallacia del mondo e il cui corpo giace nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, Isidoro di Siviglia, Beda il Venerabile, Riccardo di San Vittore e Tommaso è Sigieri di Brabante, il quale insegnò filosofia a Parigi e dimostrò importanti verità, che attirarono su di sé non poca invidia. Appena Tommaso smette di parlare, la corona ricomincia a ruotare e a intonare canti così dolci, che Dante non può che pensare a un orologio che tintinna per chiamare i frati di un convento a celebrare il Mattutino. Il Dante-autore ribadisce che l’armonia di quel canto non sarebbe in alcun modo possibile descriverla e che soltanto chi la ascolta direttamente in Paradiso potrà averne un’idea precisa.