Paradiso, Canto VIII: il cielo di Venere e il tema dell’amore
Durante l'ascesa al III Cielo, Dante si imbatte negli spiriti amanti, tra cui il Maggiordomo di palazzo merovingio, che gli offre una disamina sulle diverse inclinazioni degli uomini volute dalla Provvidenza
L’incontro con Carlo Martello
Dante, mentre spiega che il mondo pagano credeva che la dea Venere diffondesse la tendenza all’amore sensuale, motivo per cui gli antichi adoravano questa divinità, si accorge a malapena di ascendere al III Cielo, se non altro perché la bellezza di Beatrice appare addirittura accresciuta. Dopodiché, nota alcune luci, corrispondenti agli spiriti amanti, che ruotano in cerchio a differenti velocità, come le faville di una fiamma o a una voce modulante insieme a una ferma. Queste luci, poi, iniziano ad avvicinarsi rapidissime, più di qualunque folgore mai vista sulla Terra, intonando il canto ‘Osanna’, creando nel poeta fiorentino un desiderio sempre più grande di ascoltare ancora tale melodia. Una delle anime, quella di Carlo Martello, gli dice di essere pronta, come tutti gli altri beati, a soddisfare ogni sua richiesta. Spiega, inoltre, che essi ruotano insieme all’intelligenza angelica dei Principati, cui Dante stesso si era rivolto con la canzone ‘Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete’, e che sono talmente pieni di amore che, al fine di compiacerlo, sono disposti a fermarsi per un po’. Il protagonista, allora, si gira verso Beatrice, che risponde con un cenno di assenso, quindi torna a parlare allo spirito, chiedendogli di presentarsi. La luce che avvolge il beato diventa ancor più luminosa, tale è la gioia che prova nel rispondere a Dante: spiega di essere vissuto poco tempo sulla Terra, ma che se vi fosse rimasto più a lungo si sarebbero evitati molti mali ora presenti. Nonostante, in vita, fosse stato amato moltissimo da Dante, il fulgore che lo avvolge lo rende irriconoscibile al poeta. Ad ogni modo, si presenta come il signore atteso nella terra di Provenza, solcata dai fiumi Rodano e Sorga, e in Italia meridionale, dove sorgono le città di Bari, Gaeta e Catona e dove scorrono i fiumi Tronto e Verde. Venne incoronato re d’Ungheria, la terra attraversata dal Danubio, e avrebbe regnato anche sulla Sicilia, dove l’Etna erutta per un fenomeno naturale e non per la presenza del gigante Tifeo, se il malgoverno degli Angioini non avesse scatenato la rivoluzione del Vespro. Inoltre, se suo fratello Roberto d’Angiò – di indole gretta e meschina – tenesse a mente ciò, affidandosi a truppe che non badino unicamente a intascare i guadagni, eviterebbe al regno di Napoli conseguenze ben più gravi.
Le diverse inclinazioni umane
Dante esprime la sua gioia nel parlare con Carlo Martello e osserva che il beato la può leggere direttamente nella mente di Dio, cosa che lo rende ancora più lieto. Quindi, gli chiede come sia possibile che da un padre liberale possa nascere un figlio avaro. Carlo si dice pronto a illuminarlo con la verità e spiega che Dio, che fa ruotare i Cieli del Paradiso, fa che la sua Provvidenza diventi virtù operante negli astri. Egli, infatti, determina non solo le nature umane per la loro essenza, ma anche per il loro fine nel mondo, per cui ogni cosa stabilita dalla Provvidenza si avvera in base a un determinato scopo. Diversamente, le influenze celesti sarebbero rovinose per gli uomini, un’eventualità che, però, non è possibile, in quanto le intelligenze angeliche che muovono i Cieli, esattamente come Dio, non sono manchevoli. Carlo, quindi, chiede a Dante se necessiti di un’ulteriore spiegazione, ma il poeta si dichiara soddisfatto. Allora, prosegue affermando che l’uomo sulla Terra deve prima di tutto essere cittadino, cosa che su cui Dante si mostra d’accordo, e ciò richiede che gli uomini svolgano diverse funzioni e mestieri, proprio come diceva Aristotele. Tuttavia, è inevitabile che l’indole delle persone faccia in modo che talvolta nasca un legislatore come Solone, un’altra un re come Serse o un sacerdote come Melchisedech o un ingegnere come Dedalo. È la virtù dei Cieli che opera tali distinzioni, ma non sulle varie casate: ecco perché può succedere che Esaù sia del tutto diverso dal fratello Giacobbe, oppure che Romolo abbia un padre talmente umile che lo spinga a dire di essere nato da Marte. Se la Provvidenza divina non operasse in tal modo, però, i figli seguirebbero sempre le orme dei padri e ciò non sarebbe utile alla società. Dante ha compreso perfettamente, ma Carlo aggiunge che, se la disposizione naturale trova l’ambiente intorno a sé discordante per via della sorte, gli effetti sono sempre negativi. Quindi, se gli uomini assecondassero maggiormente le inclinazioni naturali di ciascuno, avremmo individui retti e più adatti alle proprie funzioni. Il mondo, invece, forza a diventare monaco chi sarebbe nato per diventare guerriero e costringe a diventare re chi sarebbe portato alla vita religiosa: pertanto, il cammino degli uomini risulta totalmente fuori dalla strada tracciata da Dio.