Paradiso, Canto XVIII: spiriti militanti e giustizia
Dopo essere stato confortato da Beatrice per la profezia sull'esilio fatta da Cacciaguida, che gli mostra le anime dei combattenti per la fede, Dante ascende al VI Cielo di Giove
- Il conforto di Beatrice e gli spiriti combattenti della croce
- Gli spiriti giusti e l'invettiva contro i papi corrotti
Il conforto di Beatrice e gli spiriti combattenti della croce
Cacciaguida tace, dopo la profezia sull’esilio di Dante, il quale medita su quanto ascoltato con fare pensieroso. Beatrice lo invita a non perdersi d’animo e di tenere a mente che ella pregherà per lui presso Dio. Il poeta fissa l’amata negli occhi e non è in grado di descriverne la bellezza, sia perché non possiede sufficienti mezzi poetici, sia perché ha difficoltà a ricordare: ciò che può dire è che, semplicemente guardandola, ogni suo desiderio sembra acquietato, in quanto in lei si riflette l’eterna bellezza di Dio stesso. Beatrice gli sorride e lo esorta a voltarsi e ad ascoltare, poiché può trovare gioia anche in altro all’infuori dei suoi occhi e Dante obbedisce, tornando a parlare con Cacciaguida: il suo accresciuto fulgore, infatti, gli suggerisce che il beato ha ancora un grande desiderio di interloquire con lui. L’avo gli spiega che, nella figura della croce, ci sono gli spiriti combattenti per la fede, che hanno acquisito grande fama sulla Terra e che potrebbero fornire ricca materia ad ogni poesia. Lo invita, quindi, a osservare i bracci orizzontali della croce: gli indicherà, infatti, alcuni di questi beati e ognuno di essi, nel momento in cui sarà nominato, scorrerà rapidamente lungo l’asse. Il poeta fiorentino vede così l’anima di Giosuè, che si muove all’unisono con la voce dell’avo, e poi quelle di Maccabeo, Carlo Magno, Orlando, Guglielmo duca di Orange, Rinoardo, Goffredo di Buglione e il duca Roberto Guiscardo, seguendole con lo sguardo come un falconiere fa con il falcone in volo. Alla fine della rassegna, poi, si muove anche l’anima dello stesso Cacciaguida, mostrandosi così degno artista tra quei cantori del Cielo.
Gli spiriti giusti e l’invettiva contro i papi corrotti
Dante chiede a Beatrice cosa si aspetta che faccia e, ancora una volta, non può non notare i suoi occhi splendenti, ancor più di quanto finora ammirato. Capisce così di essere salito al Cielo successivo, il VI, quello di Giove, che ruota con un arco più ampio e che rende la donna amata ancor più bella. A questo punto, si accorge anche che la stella ha mutato il proprio colore, passando dal rosso di Marte all’argento di Giove, esattamente come una fanciulla che, dopo essere arrossita, riacquista il proprio candore. Qui, compaiono le anime degli spiriti giusti che, unendosi, mentre danzano al ritmo del proprio canto, formano delle lettere dell’alfabeto, simili a degli uccelli in volo che formano schiere di varie forme. Dante, nell’intento di ricevere l’aiuto necessario per poter descrivere le figure viste, a dispetto della pochezza dei suoi versi, invoca le Muse e chiede la loro alta ispirazione. Le anime formano in tutto 35 lettere, che danno luogo alla scritta “DILIGITE IUSTITIAM, QUI IUDICATIS TERRAM” (cioè, “Amate la giustizia, voi che giudicate la Terra”). Dopodiché, le luci formano una ‘M’, quindi, unitesi ad altre scese dall’alto, raffigurano una sorta di giglio araldico. Poco dopo, altre mille luci salgono dalla parte alta della lettera, simili a scintille che sprizzano da un ciocco di legno che arde, che vanno a creare il collo e la testa di un’aquila. Il poeta, così, capisce che chi ha dipinto ciò, cioè Dio, non ha né maestro, né modello: è la sua virtù creativa, infatti, che dà origine agli esseri viventi. Dante resta stupito da tale spettacolo di luci, che assomigliano a gemme e rappresentano la giustizia il cui influsso proviene dalla stella di Giove: prega Dio, quindi, di rivolgere lo sguardo sulla Terra, dove il fumo della corruzione offusca tutto ciò, e di adirarsi per il commercio simoniaco che avviene in seno alla Chiesa edificata sui miracoli e sul martirio dei suoi adepti. Invoca anche la preghiera dei beati in favore degli uomini, che sono stati sviati dal cattivo esempio dei papi corrotti: un tempo essi si facevano la guerra con le spade, mentre ora sottraggono ai fedeli il cibo spirituale, cioè l’Eucarestia, che invece Dio non nega mai a nessuno. Infine, esorta papa Giovanni XXII a pensare a san Pietro e san Paolo, che diedero la propria vita per la Chiesa. Il pontefice, però, non se ne cura, poiché pensa solo a san Giovanni Battista effigiato sul fiorino, che visse nel deserto e fu fatto uccidere da Salomè, ma non conosce né il pescatore (san Pietro) né Polo (san Paolo).