Il significato dell’Inferno: i peccati e la punizione divina
La prima delle tre Cantiche della Divina Commedia rappresenta l'inizio del viaggio di Dante verso la redenzione
L’analisi dell’Inferno
La Commedia, divenuta poi “Divina” grazie a Boccaccio nel suo ‘Trattatello in laude di Dante’ è una delle opere più importanti e famose dell’intera tradizione letteraria mondiale. Descrive il lungo viaggio ultraterreno che lo stesso Sommo Poeta avrebbe compiuto in occasione della Pasqua del 1300, all’età di trentacinque anni. Ritrovatosi in una selva oscura, che simboleggia il difficile periodo di traviamento personale, l’autore viene soccorso dal poeta latino Virgilio, che sarà la sua guida in una discesa lungo i gironi infernali, nei quali potrà osservare tutte le orribili punizioni inflitte alle anime, e poi sul monte del Purgatorio. È fondamentale sottolineare come per Dante – e per la sua visione del mondo – la Commedia non abbia in alcun modo il mero compito di raccontare un’avventura individuale. Al contrario, si tratta di un viaggio di redenzione e la vicenda del singolo non è che la “figura” (vale a dire, secondo l’esegesi cristiana medievale, la prefigurazione anticipatrice di un determinato evento) della salvezza collettiva di tutta l’umanità. Inoltre, sulla stessa falsariga di quanto precedentemente fatto nel Convivio, il poeta utilizza il volgare fiorentino nonostante un tema così impegnativo, pur variando lo stile numerose volte e in modo considerevole, ‘tarandolo’ sulla base di quanto trattato. Per tale motivo, si può affermare che Dante sia orientato nettamente verso il plurilinguismo, piegando lo strumento alle esigenze espressive di ogni singola occasione: ciò è dimostrato anche dal frequente passaggio dai registri più colloquiali a quelli più aulici e sublimi e viceversa, oltre che – quando necessario – la creazione di neologismi ad hoc. Quel che è certo è che la Divina Commedia, proprio in considerazione della sua complessità e della sua influenza, rappresenta uno dei testi-cardine per l’intera cultura medievale, che Dante, nella sua opera maggiore, porta al pieno e completo svolgimento.
Peccati e punizione divina
Il viaggio di Dante parte dal Vestibolo, dove gli ignavi, tra cui Celestino V, corrono nudi dietro ad un’insegna, punzecchiati da mosconi e vespe: tali anime, che in vita evitarono ogni fatica e non lottarono per nessun ideale, sono ora costrette a inseguire incessantemente una bandiera. Nel I Cerchio, dove incontra personaggi illustri quali Omero, Ettore, Enea, Cesare e Socrate, ci sono i non battezzati, che in vita non conobbero Dio e ora desiderano ardentemente, ma invano, vederlo, mentre nel II, insieme a Paolo e Francesca, Dante osserva i lussuriosi che, se un tempo si lasciavano travolgere dalle passioni, ora si trovano in balia di una bufera infernale che non conosce fine. Nel III, quello di Ciacco, i golosi giacciono nel fango sotto una pioggia di grandine, di acqua sporca e neve – contrappasso del vecchio ‘amore’, il cibo – e vengono dilaniati da Cerbero. Nel IV, poi, numerosi papi e cardinali sono inseriti da Dante insieme agli avari e ai prodighi, che in vita si affaticarono per amore del denaro mentre adesso, divisi in due schiere opposte, rotolano con il petto enormi macigni e, quando si incontrano, si rimproverano vicendevolmente la propria colpa. Filippo Argenti si trova con gli iracondi nel V: questi, pagano le percosse date ritrovandosi immersi nella palude Stigia mentre si colpiscono e mordono reciprocamente con rabbia. Qui ci sono anche gli accidiosi che, se prima non seppero cogliere la bellezza del mondo, ora – coperti di fango – sospirano e fanno pullulare l’acqua in superficie. Nel VI Cerchio, invece, retici, epicurei e atei, tra cui Farinata degli Uberti e Cavalcante de’ Cavalcanti, giacciono in avelli infuocati dopo aver condotto un’esistenza nell’errore, illuminati da una falsa luce. Il VII, quello dei violenti, è invece diviso in tre gironi, in cui troviamo, rispettivamente: chi lo è stato contro il prossimo (come Ezzelino da Romano, Dionisio di Siracusa e Attila), che dopo essersi macchiati col sangue altrui sono ora costretti a restare – a seconda della colpa – più o meno immersi nel fiume di sangue bollente Flegetonte mentre vengono saettati dai centauri; chi lo è stato contro se stesso (come Pier della Vigna), divisi tra suicidi (che disprezzarono il loro corpo e sono ora mutati in sterpi mentre vengono straziati dalle arpie) e scialacquatori (che dilapidarono i loro beni e sono ora inseguiti e dilaniati da nere cagne); e chi lo è stato contro Dio, a loro volta distinti tra i bestemmiatori come Capaneo (la colpa di aver scagliato ingiurie blasfeme, per contrappasso, è pagata giacendo supini e immobili su un sabbione arroventato e sotto una pioggia di fuoco), i sodomiti come Brunetto Latini (le sozze passioni si trasformano in un’eterna camminata con analoghe punizioni) e gli usurai (che ivi restano seduti, come in vita fecero al proprio banco, mentre si arricchivano in modo illecito). Ancor più complesso l’VIII, suddiviso in dieci bolge: quella dei seduttori (costretti a correre nudi sferzati da diavoli), degli adulatori (immersi nello sterco), dei simoniaci come i papi Niccolò III e Bonifacio VIII (confitti in buche di pietra con la testa all’ingiù e le piante dei piedi lambite da fiamme), degli indovini come Tiresia (che camminano guardando sempre all’indietro), i barattieri (immersi nella pece bollente, uncinati dai diavoli se tentano di uscire), gli ipocriti (che camminano con addosso delle pesantissime cappe, fuori dorate e dentro piene di piombo), i ladri (come Vanni Fucci, che corrono nudi in mezzo a serpenti, che legano loro le mani dietro la schiena e li tormentano in vario modo), i consiglieri fraudolenti (come Ulisse e Diomede, che vagano avvolti in una fiamma appuntita a forma di lingua), i seminatori di discordie (come Maometto e Fra’ Dolcino, divisi e mutilati dalla spada di un demonio) e i falsari (sfigurati da malattie ripugnanti). Infine, il IX Cerchio, ripartito in quattro zone: Caina, dove i traditori dei propri parenti sono immersi nel ghiaccio con il capo all’ingiù; Antenora, per i traditori della patria come il conte Ugolino e l’arcivescovo Ruggieri (fino a metà capo, ma con la testa dritta); Tolomea, per i traditori degli amici e dei commensali (le cui lacrime congelano loro gli occhi); e Giudecca, per i traditori dei benefattori (che sono invece interamente immersi nel ghiaccio). Al centro della terra, poi, ci sono i traditori delle autorità religiosa o politica, come Giuda, Bruto e Cassio, rappresentati mentre vengono dilaniati all’interno della bocca di Lucifero.