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Similitudine: significato, differenza con l'analogia ed esempi

Marta Rovagna

Marta Rovagna

GIORNALISTA PROFESSIONISTA E DOCENTE DI LETTERE

Sono una giornalista professionista, docente di Lettere, appassionata di tematiche legate al sociale. Da sempre racconto storie, sia nei miei reportage sia a scuola con i miei alunni. Sono una persona curiosa, amo ascoltare, conoscere e viaggiare, sia nello spazio sia nel tempo attraverso la letteratura.

La similitudine, dal latino similitudo, indica una somiglianza tra due o più termini, è una figura retorica che consiste nel confrontare due parole o due parti di un discorso, in una delle quali si trovano caratteristiche o proprietà somiglianti e paragonabili a quelle dell’altra. È una figura retorica che appartiene alla famiglia di quelle di significato (le altre sono di suono e di posizione ndr.). Per fare tale comparazione si ricorre all’uso di avverbi quali: come, simile a, sembra, assomiglia, così come, ecc. La similitudine viene utilizzata quando si vuole sottolineare un determinato concetto, o quando vogliamo rendere un discorso più incisivo, è molto simile alla figura retorica della metafora, un modo infallibile per non confonderle è che solo la similitudine è introdotta dagli avverbi e forme avverbiali che ho prima segnalato.

Questa figura retorica è largamente utilizzata nel nostro linguaggio comune, abbiamo usato almeno una volta nella vita una di queste espressione: “ho una fame da lupo”, “è brutto come la morte”, “è chiaro come il sole”, “è furbo come una volpe”, “è bianco come la neve”; la comparazione infatti riesce a dare immediatamente l’idea del concetto che si vuole esprimere e il concetto si esaurisce all’interno della similitudine, tutti lo danno in qualche modo come “già spiegato”, non a torto in effetti.

Gli esempi tratti da testi e poesie famose sono sicuramente la maniera più efficace per comprendere pienamente il significato della similitudine e quando sia da utilizzare.

La similitudine nella letteratura greca e latina

Omero, il sommo poeta dell’antichità, utilizza la similitudine in un passo celebre, in cui descrive tutta la dolcezza e l’intimità nella relazione fra Ettore, sua moglie Andromaca e il loro piccolo figlio Astianatte, simile ad una stella, nel libro VI. La scena del saluto del guerriero, forte ed eroico e però profondamente umano rimane uno degli affreschi più profondamente umani dell’Iliade, il testo epico più antico e pervaso di violenza e guerra, ma nel quale si stagliano figure eccezionali e descritte a tutto tondo: “…Gli venne dunque incontro con la nutrice che aveva in braccio il bambino, il figlio amato di Ettore, simile a chiara stella…”. Nel libro VII troviamo un’altra bellissima similitudine, molto ampia, che si riferisce sempre al cielo e alle stelle lucenti, questa volta paragonati ai moltissimi fuochi dell’accampamento dei greci davanti alla città di Troia: “Come le stelle in cielo, intorno alla luna che splende, appaiono lucenti, quando l’aria è calma: e allora sono visibili tutte le cime e le alture elevate e le valli; si è squarciata l’immensa volta celeste e si vedono tutte le stelle; ne gioisce in cuore il pastore; così, tanti, tra le navi e le correnti dello Xanto, brillavano i fuochi, accesi dai Teucri davanti a Troia. Mille fuochi nella pianura ardevano e intorno a ciascuno cinquanta uomini erano seduti, vicino alla fiamma del fuoco che avvampa; i cavalli, mangiando orzo bianco e spelta, ritti attendevano, accanto ai carri, l’aurora dal bel trono”.

Un ultimo esempio, molto breve, riguarda uno dei libri più importanti dell’Iliade, il XXII: “I Troiani dentro la città, fuggiti come cerbiatti, si asciugavano il sudore, bevevano e calmavano la sete (…)”, che attendono l’evento inesorabile, che segnerà la fine della guerra: il duello tra Ettore ed Achille, con i greci incalzanti sotto le mura, già con un atteggiamento vittorioso che non è più proprio dei troiani, scoraggiati dal lunghissimo assedio.

Anche l’Odissea è ricca di similitudini, nel libro V Ulisse naufrago arriva nell’isola dei Feaci: “Come quando ai figli pare preziosa la vita/ del padre, che giace ammalato soffrendo atroci dolori/ a lungo languendo – un demone cattivo l’invase-/ e dopo tanto agognare gli dei lo sottrassero al male,/ così agognate apparvero ad Odisseo la terra e la selva/ e nuotava bramoso di toccare coi piedi la terra”. Fortissima, sempre sul tema del naufragio e nel desiderio di terra/amore/marito è nel libro XXIII, è quella del desiderio e dell’amore intatto, nonostante tanti anni di distanza, che Penelope serba nel cuore per il suo sposo Ulisse. Il suo desiderio folle e l’appagamento al poterlo riabbracciare dopo tanto tempo è paragonato ad un naufrago che nella tempesta non vuole altro che una spiaggia su cui approdare, ossigeno, vita contro la paura, quasi la certezza della morte: “Come bramata la terra ai naufraghi appare, di cui Poseidone la solida nave nel mare ha spezzato, travolta dal vento e da flutti violenti: pochi scampano al mare schiumoso, verso la spiaggia nuotando, e sulla pelle molta salsedine si è attaccata; bramosi arrivano a terra, sfuggiti a un destino di morte; così, dunque, bramato era per lei che lo guardava lo sposo né mai gli staccava dal collo le candide braccia”.

La similitudine nella letteratura italiana dei primi secoli

Una delle similitudini più famose della Divina Commedia di Dante Alighieri è senz’altro quella del Canto II dell’Inferno, dove l’autore, per descrivere le anime dei dannati le paragona prima alle foglie che in autunno cadono in gran numero e dolcemente dagli alberi “Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, similemente il mal seme d’Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, per cenni come augel per suo richiamo”. Dante ha una vera e propria passione per la natura, piante ma soprattutto animali, che sono i protagonisti delle sue similitudini, insieme anche alla relazione madre-figlio. Sono scene spesso intime, molto delicate, quotidiane ma di una tenerezza che ci permette di scorgere talvolta il cuore dell’autore molto più di alcuni passaggi del testo pieni di sapienza e teologia. Nel Canto V, quello dedicato all’amore di Paolo e Francesca, condannato ma descritto con grandissima umanità e bellezza troviamo le colombe, a cui è paragonata la leggiadria delle anime e del loro movimento: “Quali colombe dal disio chiamate,/ con l’ali alzate e ferme al dolce nido,/ volan per l’aere dal voler portate cotali uscir de la schiera ov’è Dido, a noi venendo per l’aere maligno sì forte fu l’affettuoso grido”. Sono sempre i colombi i volatili scelti nel Purgatorio, nel libro II: “Come quando, cogliendo biado o loglio,

li colombi adunati a la pastura, queti, sanza mostrar l’usato orgoglio, se cosa appare ond’elli abbian paura, subitamente lasciano star l’esca, perch’assaliti son da maggior cura; così vid’io quella masnada fresca lasciar lo canto, e fuggir ver’ la costa, com’om che va, né sa dove riesca: né la nostra partita fu men tosta”. Le anime che fuggono veloci via prese da una preoccupazione maggiore sono simili ai colombi che beccano quieti il loro cibo ma che fuggono all’improvviso impauriti.

Nella letteratura più moderna è senz’altro Giacomo Leopardi ad usarla con grandi effetti evocativi, come nell’Infinito: “E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei”. In San Martino di Giosuè Carducci uno stormo di neri uccelli che vola nel cielo della sera sembrano dei pensieri: “stormi d’uccelli neri, com’esuli pensieri nel vespero migrar”. La rondine, nella celebre poesia X Agosto, che torna a casa dai suoi piccoli con nel becco il cibo per loro ma viene uccisa e non tornerà mai più al nido è rappresentata da Giovanni Pascoli come Gesù sulla croce: l’uccello ucciso “Ora è là come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell’ombra, che attende, che pigola sempre più piano”.

Una delle similitudini più famose, quella più citata di sempre è sicuramente nella poesia di Giuseppe Ungaretti I Soldati: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Certo pochi sanno che l’uso attuale che se ne fa, spesso in senso ironico per raccontare uno stato di forzata inattività, inedia o attesa senza un vero senso, è ben lontano dall’obiettivo di Ungaretti, che con questa similitudine vuole invece raccontare brevemente lo stato di tragica caducità dei soldati, che, minacciati costantemente dal fuoco nemico, possono cadere da un momento all’altro come cadono improvvisamente le foglie durante la stagione autunnale.

La similitudine nella pubblicità

Il linguaggio pubblicitario, come possiamo intuire facilmente, attinge a piene mani dal mondo delle figure retoriche; la casa italo-olandese specializzata nella produzione e distribuzione di confetteria, caramelle e gomme da masticare Alpneliebe ha utilizzato un famoso slogan: “Dolce come un abbraccio” (Alpenliebe) alla fine di una breve pubblicità in cui si gioca la comparazione tra coppie innamorate, una mamma incinta abbracciata dal suo primogenito, un abbraccio tra due sposi e l’abbraccio tra il latte e la bontà, ovvero una nuova ricetta di caramella con l’aggiunta di panna. Le similitudini in pubblicità si giocano spesso con immagini che fanno immediatamente capire il testo implicito “come”; una delle più note è quella della casa automobilistica Mitsubishi che in un’immagine molto potente sostituisce al motore del nuovo Pajero un rinoceronte, rendendo manifesto il rapporto significante – significato. Uno slogan antico è quella della casa di produzione di passate di pomodoro Cirio: “Come natura crea, Cirio conserva”, la reclame è diventata talmente famosa che nel 2017 è uscito un libro proprio con questo titolo edito da Mondadori.

I testi di musica leggera e la similitudine

Come sappiamo anche i testi delle canzoni, utilizzano le figure retoriche per trasmettere meglio i concetti o le immagini che vogliono veicolare. Vengono usate le similitudini da moltissimi autori di musica leggera, pensiamo ad esempio a Lucio Dalla che ne usa una celebre per mostrare la sua libertà nel suo celebre testo Piazza Grande: “Voglio morire in piazza grande, fra i gatti che non han padrone come me”, in cui il suo anticonformismo e il suo distacco da alcune dinamiche sociali di prevaricazione è chiaro nella similitudine con la libertà dei gatti randagi della piazza principale di Bologna. Di altro tenore è invece la similitudine di Adriano Celentano in un must degli anni ’60: “Il tuo bacio è come un rock” che descrive una storia d’amore allegra all’apice del desiderio e dell’adrenalina e che usa la parola ‘rock’, modernissima per l’uscita del singolo nel 1959 perchè il fenomeno musicale era praticamente agli esordi. La cantante Giorgia Todrani nella canzone “Girasole” fa di una similitudine il ritornello della canzone: “e come un girasole giro intorno a te che sei il mio sole anche di notte” paragonando lei stessa, innamorata, ad un girasole e il suo amato al sole, la forza di attrazione tra i due è potente e assoluta come quella che lega il fiore ai raggi solari.

Per concludere la similitudine ci apre mondi: ognuno ha la possibilità di inserire in quel “come” un pensiero nascosto, un desiderio, una necessità, un auspicio o un augurio. Quindi possiamo far ridere, commuovere, arrabbiare, rendere felici o tristi. Si tratta del potere della parola e delle figure retoriche baby.