Inferno, Canto I: Dante smarrito nella selva oscura
Dopo aver incontrato le tre fiere, il Sommo Poeta viene soccorso da Viriglio, che lo guiderà lungo il suo cammino
La selva oscura
La notte del 7 aprile del 1300, all’età di trentacinque anni, Dante si smarrisce in una selva oscura, così angosciosa quasi da non poter essere descritta. Egli stesso non è in grado di spiegare come vi sia finito, tanto era assonnato quando ha perso la retta via: a un tratto, però, mentre sta albeggiando, si ritrova ai piedi di un colle, dalla cui vetta vede spuntare i primi raggi del sole. Ciò gli ridà speranza e, dopo essersi riposato per qualche istante, seppur con grandi fatica e incertezza, inizia la scalata. È a questo punto che compare una lonza dal pelo maculato, agile e snella, che lo spinge più volte a tornare indietro. Quando si convince di poter avere la meglio e superare l’ostacolo, gli vengono incontro un leone rabbioso, che sembra far tremare l’aria, e una lupa famelica, tanto magra quanto bramosa. È soprattutto quest’ultima a incutere particolare paura in Dante, al punto da perdere ogni conforto e decidere di scendere lentamente verso il basso, nella zona non illuminata dal sole. Tuttavia, mentre sta tornando verso la selva, intravede una figura nella penombra. Intimorito, supplica lo sconosciuto di avere pietà di lui e gli chiede se sia un uomo in carne ed ossa oppure l’anima di un defunto. Questi gli risponde di non essere più in vita, ma di avere avuto i genitori lombardi e di essere originario di Mantova. Si presenta come Virgilio, il poeta latino vissuto al tempo di Cesare e Augusto e che cantò le gesta di Enea nel poema a lui dedicato, e rimprovera Dante perché sta scivolando verso il male della selva, mentre dovrebbe scalare il colle, principio di felicità. Il protagonista, a sua volta, mostra la propria ammirazione, confidando all’uomo di considerarlo il più grande poeta della storia, nonché il suo maestro e modello di stile poetico, giustificandosi poi sul fatto che la bestia gli stia sbarrando la strada e pregandolo di aiutarlo a superarla.
L’inizio del viaggio
Virgilio riprende la parola spiegando a Dante che, se vuole davvero salvarsi la vita, dovrà intraprendere un altro tipo di viaggio. La lupa, infatti, è una fiera particolarmente pericolosa e malefica, incapace di soddisfare la propria fame, al punto che è capace di uccidere chiunque incontri. Il poeta latino, però, profetizza la venuta di un veltro, vale a dire un cane da caccia che sbranerà la fiera e la ricaccerà nell’Inferno da dove è uscita. Costui non sarà interessato alle ricchezze materiali, bensì ai beni spirituali, e la sua patria non sarà nessuna città in particolare: sarà, però, la salvezza dell’Italia, per la quale già altri personaggi hanno dato la vita, come i troiani Eurialo e Niso, la regina dei Volsci Camilla, il re dei Rutuli Turno, tutti cantati dallo stesso Virgilio nell’Eneide. Conclude, quindi, dicendo a Dante che dovrà seguirlo in un viaggio che lo condurrà nei tre regni dell’Oltretomba: dapprima attraverso l’Inferno, dove avrò modo di ascoltare le grida disperate dei dannati; successivamente nel Purgatorio, dove vedrà i penitenti che sono contenti di poter espiare le loro colpe per poi essere ammessi in Paradiso, ultima tappa del suo percorso dove, però, non potrà fargli da guida. Egli, infatti, non ha creduto nel Cristianesimo, pertanto Dio non può ammetterlo nel regno dei Cieli. Tale compito spetterà a un’altra anima, più degna di lui, ovvero Beatrice. Dante ascolta attentamente le parole di Virgilio, e lo prega poi di fargli da guida in questo viaggio, poiché è ansioso di vedere la porta di san Pietro e le pene dei dannati: inizia così la discesa negli Inferi.