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Oratoria giudiziaria: Demostene

Considerato il massimo oratore greco e uno dei più grandi di tutti i tempi, fu anche un abile politico, avversario di Filippo II di Macedonia

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

Demostene: le origini

Demostene nacque nel 384 a.C. e ricevette il nome del padre, un ricco armaiolo appartenente al demo di Peania, che perse all’età di sette anni. Dopo la sua morte, fu posto sotto la tutela di Afobo, Demofonte e Terippide, che gestirono in modo pessimo la sua eredità, al punto che, ormai ventenne, non poté far altro che citarli in giudizio, occasione per la quale preparò cinque orazioni, probabilmente grazie all’aiuto dell’oratore Callistrato di Afidne, al tempo all’apice della propria fama, ottenendo tuttavia soltanto un risarcimento parziale. Secondo lo Pseudo-Plutarco, si sposò con la figlia di Eliodoro, un eminente cittadino ateniese, da cui ebbe una bambina, morta ancora giovane, “che non lo chiamò mai padre“, come affermò Eschine. Quest’ultimo attaccò Demostene in diverse occasioni, giudicandolo poco uomo, impudico, esageratamente dedito al modo di vestire, alla cura del corpo e alle relazioni pederastiche, spesso ‘scandalose’ ed extra-coniugali, oltre che avvezzo a circuire i giovani dei ceti elevati, nonché coinvolto nell’assassinio di un suo ex ‘protetto’, Aristarco, riuscendo a mettere le mani sui suoi averi. È bene sottolineare, tuttavia, che gli storici moderni tendono a non ritenere veritiere molte di tali accuse, in particolare l’ultima.

Demostene: dal foro alla politica

Anche se non è chiara la figura che gli fece da mentore (Iseo secondo la tesi più accreditata), sappiamo che, per guadagnarsi da vivere, scelse di intraprendere la carriera giuridica sia come logografo e scrittore, a pagamento, di orazioni giudiziarie, sia come coadiuvante processuale. Plutarco sostenne che Demostene, al suo primo discorso pubblico, venne deriso dal popolo per il suo stile piuttosto rozzo, impacciato, formale ed eccessivo, reso ancor più sgradevole da un difetto di pronuncia. Ciò, tuttavia, non impedì ad alcuni cittadini di riconoscerne il talento, tanto che, mentre lasciava mestamente l’ecclesia, un vecchio di nome Eunomo lo incoraggiò, affermando che la sua dizione ricordasse quella di Pericle. Una volta raggiunto il successo, poi, non si esclude che possa aver aperto una scuola di retorica: comunque, non cessò mai di scrivere, neppure quando scemò gradualmente il suo impegno nell’attività di logografo in favore della carriera politica, nel 366 a.C.. Demostene, ben presto, iniziò a orientarsi all’interno delle lotte sociali, sostenendo l’incremento dei poteri e delle competenze dell’Areopago al fine di incriminare individui ‘scomodi’ per tradimento. Il suo principale bersaglio, ad ogni modo, fu Filippo II re di Macedonia, che in quegli anni si era espanso fino al bacino dell’Egeo settentrionale, da sempre una zona vitale per l’economia e i commerci ateniesi. Nella sua ‘Prima Filippica’, Demostene esortò i propri concittadini a prendere ogni misura necessaria, compreso il saccheggio nei territori macedoni. Nel 348 a.C. Midia, un ricco ateniese, schiaffeggiò pubblicamente Demostene, all’epoca corego alle Grandi Dionisie: tale gesto portò all’orazione ‘Contro Midia’ che ci fornisce preziose informazioni sul diritto ateniese e sul concetto di hybris, un crimine nei confronti dell’intera polis. Quando, nel 348 a.C., Filippo conquistò Olinto, Demostene fece parte della delegazione inviata per negoziare un trattato e si racconta che svenne alla vista del sovrano macedone, il quale, dopo aver definitivamente assoggettato i Focesi, entrò a far parte della Lega anfizionica. Demostene non si oppose, anzi, raccomandò tale posizione nell’orazione ‘Sulla Pace’. Fu una tregua momentanea, che lasciò ben presto spazio alla ‘Seconda Filippica’ (quando, viaggiando per le città del Peloponneso in chiave anti-macedone, ad Atene arrivarono ambascerie particolarmente critiche nei suoi confronti) e alla ‘Terza’, considerata il suo miglior discorso politico in assoluto. Inoltre, elogiò pubblicamente l’assassino di Filippo, ma anche con il suo successore, Alessandro Magno, il rapporto fu tesissimo, al punto che soltanto la mediazione di Focione, esponente della fazione neutralista, evitò ad Atene il massacro.

Demostene: gli ultimi anni

Nonostante questa sconfitta politica, Demostene non perse mai il rispetto del suo popolo, al punto che gli venne conferito l’incarico di teichopoios, ovvero di sovrintendente alla manutenzione e alla costruzione delle mura. La proposta dell’oratore Ctesifonte di insignirlo con una corona d’oro divenne un vero e proprio caso, in cui s’inserì con il discorso ‘Sulla corona’, il vero ‘capolavoro’ fra gli otto a carattere giudiziario composti, nel quale affermò con orgoglio di non essere pentito per le sue azioni, sottolineando come il suo unico obbiettivo fosse sempre stato il prestigio e l’ascesa di Atene. Nel 324 a.C., poi, fu coinvolto nel cosiddetto Scandalo di Arpalo, il tesoriere di Alessandro Magno, disertore, che accolse in città per arrestarlo e confiscargli i beni, affidati a un comitato presieduto dallo stesso Demostene. Tuttavia, quando Arpalo fuggì, ci si rese conto che metà della somma era sparita e Demostene fu accusato di corruzione e condannato al pagamento di una multa salatissima, che tentò invano di evitare scappando – per breve tempo, prima di essere richiamato – a Calauria. Alla morte di Alessandro, esortò nuovamente gli Ateniesi a cercare l’indipendenza dalla Macedonia e fu l’ispiratore della guerra lamiaca, agevolmente sedata dal nuovo re Antipatro, che chiese ‘la testa’ degli agitatori più importanti, tra cui Demostene, che si salvò rifugiandosi presso il santuario di Poseidone di Calauria. Fu tuttavia individuato da Archia, generale (nonché attore tragico) detto “il cacciatore di esuli” e, ormai in procinto di essere catturato, finse di scrivere una lettera d’addio ai famigliari, assumendo in realtà un potente veleno che lo condusse rapidamente alla morte. Anni dopo i suoi concittadini eressero una statua in suo onore fu scolpita la frase “Se avessi avuto, oh Demostene, forza pari all’intelletto, mai sui Greci avrebbe regnato il Macedone Ares“.