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Capitolo 20 de I Promessi Sposi: riassunto e commento

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Il Capitolo 20 dei Promessi Sposi rappresenta uno dei momenti più intensi e profondi dell’intero romanzo. Dopo la lunga notte di tormento interiore descritta nel capitolo 19, l’Innominato si reca all’alba a incontrare il cardinal Federigo Borromeo, figura di spicco della Chiesa milanese, in visita pastorale in un paese vicino.

Questo incontro segna l’inizio del cammino di conversione dell’Innominato, che da oppressore potente e temuto inizia a diventare un uomo consapevole della propria colpa e desideroso di redenzione. Il capitolo è costruito su un intenso dialogo interiore ed esteriore, in cui la coscienza e la fede si intrecciano, dando vita a una delle pagine più celebri e commoventi della letteratura italiana.

L’incontro tra l’Innominato e il cardinale Federigo Borromeo

Il capitolo si apre con l’arrivo dell’Innominato nella canonica dove risiede provvisoriamente il cardinale Federigo Borromeo. È mattina presto, e l’Innominato, esausto e scosso dalla notte precedente, si presenta con un atteggiamento umile e turbato. Manzoni descrive con grande maestria la tensione che precede l’incontro: l’Innominato, che fino a poco tempo prima incuteva terrore ovunque andasse, ora è un uomo tormentato, alla ricerca di senso e di pace.

Il cardinale lo accoglie con serenità, senza paura né condanna, ma con un atteggiamento di profonda umanità e carità cristiana. È proprio questo sguardo pieno di comprensione che colpisce l’Innominato nel profondo: abituato a suscitare timore, si trova ora davanti a un uomo che lo tratta come un fratello. Il dialogo tra i due è il cuore del capitolo e rappresenta uno dei vertici del romanzo. Il cardinale non pronuncia parole di giudizio, ma lascia parlare l’Innominato, che confessa con angoscia il suo passato, il suo tormento, il vuoto che sente dentro, e il desiderio di cambiare.

Federigo ascolta, guida con discrezione, mostra che il perdono è possibile e che nessuno è escluso dalla misericordia divina. L’Innominato, colpito dalla forza spirituale e dalla dolcezza del cardinale, si abbandona a un pianto liberatorio, primo vero segno di pentimento. In quel momento, secondo le parole di Manzoni, “scoppiò in un pianto dirotto”: è la svolta, il passaggio dalla disperazione alla speranza, dal buio alla luce.

Il racconto del rapimento e la promessa di liberazione

Dopo aver ritrovato un primo spiraglio di pace interiore, l’Innominato racconta al cardinale il motivo per cui è venuto: confessa il rapimento di Lucia, ammettendo di averla fatta portare nel proprio castello per conto di Don Rodrigo. Ma ora che qualcosa in lui è cambiato, sente il peso insopportabile di quell’azione e vuole rimediare. Il cardinale lo ascolta senza interrompere, e alla fine gli offre la strada da seguire: liberare immediatamente la ragazza, accompagnarla con rispetto e restituirle la libertà.

L’Innominato accetta con determinazione. In queste pagine Manzoni sottolinea il valore della volontà morale, il momento in cui un uomo decide di uscire dal male e di assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Il cambiamento dell’Innominato non è ancora completo, ma è ormai irreversibile. Egli ha riconosciuto la propria colpa e ha scelto di iniziare un percorso di riscatto.

Il ritorno al castello e il nuovo sguardo sul mondo

Dopo il colloquio, l’Innominato lascia la canonica per tornare al suo castello. La strada del ritorno è raccontata da Manzoni come una trasfigurazione del paesaggio interiore del personaggio: se il giorno prima era immerso nell’oscurità e nel dubbio, ora i luoghi che attraversa gli sembrano nuovi, illuminati da una luce diversa. È uno dei passaggi più poetici del romanzo, in cui Manzoni riesce a rendere tangibile la pace che segue alla confessione sincera, alla consapevolezza del bene.

L’Innominato entra nel suo castello da uomo nuovo. Gli sguardi servili dei suoi sottoposti, le mura minacciose della rocca, il silenzio carico di paura che un tempo lo faceva sentire potente, ora lo mettono a disagio. Sente di non appartenere più a quel mondo di violenza e dominio. Decide subito di vedere Lucia e di annunciarle la sua liberazione. Questo atto segna simbolicamente la rottura con il passato: l’uomo che un tempo imponeva la propria volontà con la forza, ora chiede perdono e agisce per restituire ciò che ha tolto.

Un capitolo di svolta morale e spirituale

Il Capitolo 20 è una delle vette più alte dell’intero romanzo. In esso Manzoni rappresenta, con straordinaria finezza, il mistero della conversione interiore, mostrando che anche l’anima più indurita può essere toccata dalla grazia. Il cambiamento dell’Innominato non è frutto di un miracolo improvviso, ma nasce da una sofferenza autentica, da una crisi profonda che apre alla speranza. L’incontro con il cardinale non è una scena edificante nel senso retorico del termine, ma una pagina di grande realismo psicologico e spirituale, dove la verità delle emozioni e la coerenza dei gesti rendono credibile e coinvolgente ogni passaggio.

Il personaggio del cardinal Federigo Borromeo è presentato non come un’autorità astratta, ma come esempio vivente di fede, saggezza e umiltà. La sua forza non è nella retorica, ma nella capacità di accogliere, ascoltare e offrire con semplicità una via diversa. In lui Manzoni incarna l’ideale cristiano autentico, opposto alla corruzione e alla violenza che spesso domina la scena sociale e politica del Seicento.

Con questo capitolo, la narrazione cambia direzione: il male non ha più l’ultima parola, e la possibilità del bene, della giustizia e della redenzione diventa concreta. È un messaggio forte, che attraversa tutto il romanzo, ma che qui trova una delle sue espressioni più toccanti. L’Innominato non è più un simbolo del terrore, ma un uomo capace di cambiare. E questo, per Manzoni, è ciò che rende davvero grande un essere umano.