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La mia sera: testo, parafrasi e analisi della poesia

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

La mia sera di Giovanni Pascoli è una delle poesie più significative della produzione del poeta, un componimento capace di evocare con forza immagini, emozioni e riflessioni intime. La poesia, appartenente alla raccolta Canti di Castelvecchio, si colloca all’interno di un percorso di introspezione e lirismo che caratterizza l’intera opera pascoliana. Attraverso l’alternanza tra ricordi, paesaggi naturali e simbolismo, Pascoli esplora il tema della vita, del dolore e della riconciliazione con la natura.

La mia sera: il testo e la parafrasi

Testo della poesia

Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell’aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell’umida sera.

È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera.

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell’aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l’ebbero intera.
Nè io… e che voli, che gridi,
mia limpida sera!

Don… Don… E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra…
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era…
sentivo mia madre… poi nulla…
sul far della sera.

Parafrasi del testo

Il giorno è stato carico di eventi drammatici e tumultuosi, ma ora la notte porta con sé la calma e la serenità, annunciata dall’apparire delle stelle e dai suoni sommessi della natura. Nei campi si sente il verso delle rane e il fruscio delle foglie. Dopo i lampi e i tuoni del giorno, la sera offre un senso di pace. Le stelle si accendono in un cielo limpido e luminoso, e il suono monotono del ruscello si mescola alla quiete notturna. Il tumulto della giornata si è trasformato in un lieve e dolce singulto.

La tempesta, così violenta e distruttiva, ora è terminata e si è trasformata in un rivo che canta dolcemente. I fulmini, che sembravano così potenti, si sono dissolti in nuvole leggere dai colori dorati e rosati. Il dolore, che sembrava insormontabile, ora trova riposo nella bellezza della sera. Intorno si sentono voli e richiami di rondini. La fame e le difficoltà del giorno si protraggono fino alla sera, ma la natura trova comunque un modo per celebrare la vita. Anche il poeta, come i piccoli nidi, non ha avuto tutto ciò che desiderava, ma la limpidezza della sera offre una sorta di conforto.

Infine, il suono delle campane, quasi come una ninna nanna, invita al riposo. Le voci della notte sembrano canti di culla che riportano il poeta ai ricordi dell’infanzia e all’immagine della madre, prima che il tutto sfumi nell’oblio della sera.

Analisi del testo della poesia

La sera, elemento centrale della poesia, rappresenta per Pascoli un momento di riconciliazione e di pace interiore. Dopo il caos del giorno, fatto di lampi e tempeste, la sera diventa metafora della serenità raggiunta dopo la sofferenza. Le stelle e i suoni della natura evocano una dimensione di tranquillità, quasi ultraterrena, che si oppone al tumulto della vita quotidiana.

La natura, con i suoi suoni e colori, è una costante nella poesia pascoliana. In La mia sera, essa diventa un luogo di conforto per il poeta, che trova nella semplicità dei dettagli naturali — il verso delle rane, il fruscio delle foglie, il canto del ruscello — una sorta di consolazione spirituale.

Un altro tema fondamentale della poesia è il dolore, che si trasforma e si sublima nel ricordo e nella bellezza della sera. Il richiamo alla madre nel verso finale è particolarmente significativo: Pascoli rievoca l’infanzia e il senso di protezione materna, che si contrappone alla solitudine e alla sofferenza dell’età adulta. Questo elemento autobiografico è tipico della poetica pascoliana, in cui il passato personale diventa il filtro attraverso cui leggere l’esperienza umana.

Pascoli utilizza una struttura metrica regolare, alternando versi endecasillabi e settenari, che conferiscono al testo una musicalità dolce e armoniosa. Le allitterazioni e le onomatopee (ad esempio “gre gre di ranelle”) arricchiscono il testo di sonorità che rimandano ai suoni naturali, creando un effetto immersivo per il lettore.

La funzione delle immagini nella poesia

Le immagini visive e uditive sono fondamentali per creare il senso di partecipazione emotiva che caratterizza la poesia. I “lampi” e i “fulmini” del giorno si dissolvono nei “cirri di porpora e d’oro” della sera, trasformando la violenza della natura in bellezza. Allo stesso modo, il “Don… Don…” delle campane diventa un invito al riposo e al ritorno a un tempo più semplice.

Con La mia sera, Pascoli dimostra la sua capacità di trasformare esperienze personali in riflessioni universali. La sua poetica del “fanciullino”, che invita a guardare il mondo con occhi innocenti e pieni di meraviglia, trova qui una delle sue espressioni più alte.

Pascoli ci insegna a trovare la bellezza nella semplicità, a riconciliarci con il dolore attraverso la natura e a lasciarci cullare dalla memoria e dai ricordi. In un mondo che sembra spesso sopraffatto dal tumulto, La mia sera rimane un invito a riscoprire la pace e la serenità, proprio come fa la natura alla fine di una tempesta.