Nebbia: testo e parafrasi della poesia di Pascoli
Giovanni Pascoli, figura centrale della letteratura italiana tra Ottocento e Novecento, ha saputo esprimere nelle sue opere una profonda sensibilità verso la natura e gli affetti familiari. La poesia “Nebbia” rappresenta un esempio emblematico della sua capacità di trasformare elementi naturali in simboli carichi di significato emotivo e psicologico.
Nebbia: testo e parafrasi
Testo:
Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l’alba,
da’ lampi notturni e da’ crolli
d’aeree frane!
Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch’è morto!
Ch’io veda soltanto la siepe
dell’orto,
la mura ch’ha piene le crepe
di valerïane.
Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch’io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che dànno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.
Nascondi le cose lontane
che vogliono ch’ami e che vada!
Ch’io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane…
Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch’io veda il cipresso
là, solo,
qui, solo quest’orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.
Parafrasi:
Nascondi le cose lontane, tu nebbia impalpabile e pallida, tu fumo che ancora sgorghi, all’alba, dai lampi notturni e dai fragori di frane aeree! Nascondi le cose lontane, nascondimi ciò che è morto! Che io veda soltanto la siepe dell’orto, il muro che ha le crepe piene di valeriane. Nascondi le cose lontane: le cose sono colme di pianto! Che io veda solo i due peschi, i due meli, che offrono i loro dolci frutti per il mio pane nero. Nascondi le cose lontane che mi spingono ad amare e ad andare! Che io veda lì solo quel bianco della strada, che un giorno dovrò percorrere tra il suono lento delle campane… Nascondi le cose lontane, nascondile, sottraile al volo del cuore! Che io veda il cipresso là, solo, qui, solo questo orto, vicino al quale sonnecchia il mio cane.
Nebbia: struttura e analisi del componimento
“Nebbia” è una poesia composta da Giovanni Pascoli nel 1899 e successivamente inclusa nella raccolta “Canti di Castelvecchio” del 1903. Questo periodo della produzione pascoliana è caratterizzato da una profonda introspezione e da un ritorno ai temi cari al poeta, quali il “nido” familiare, la natura e il dolore per le perdite subite. Il componimento riflette il desiderio del poeta di isolarsi dal mondo esterno, invocando la nebbia affinché nasconda le “cose lontane”, ossia i ricordi dolorosi e le esperienze traumatiche del passato. La nebbia diventa così un velo protettivo che permette al poeta di concentrarsi esclusivamente sul presente e sugli elementi rassicuranti del suo microcosmo: l’orto, il muro con le crepe piene di valeriane, i peschi, i meli e il cane che sonnecchia. Il messaggio della poesia è dunque legato alla ricerca di una dimensione intima e protetta, lontana dalle sofferenze e dalle inquietudini del mondo esterno. Pascoli esprime il bisogno di rifugiarsi nel proprio “nido”, trovando conforto nelle piccole cose quotidiane e nella semplicità della vita rurale.
La poesia è composta da cinque strofe di sei versi ciascuna, seguendo uno schema metrico preciso: tre novenari, un ternario, un novenario e un senario. Il ritmo è cadenzato e musicale, conferendo al componimento una tonalità quasi liturgica, come se si trattasse di una preghiera rivolta alla nebbia. Lo schema delle rime è ABCBCA, con una particolare attenzione alla musicalità e all’armonia dei suoni. Ogni strofa inizia con l’anafora “Nascondi le cose lontane”, enfatizzando il desiderio del poeta di celare ciò che lo turba. Questa ripetizione crea un effetto ipnotico e rafforza l’idea di una richiesta insistente e accorata.
Dal punto di vista stilistico, Pascoli utilizza un linguaggio semplice ma evocativo, ricco di immagini naturali che rimandano alla sua poetica del “fanciullino“. La nebbia, il fumo, l’alba, i lampi notturni e le “aeree frane” sono elementi che contribuiscono a creare un’atmosfera sospesa e onirica, in cui il confine tra realtà e immaginazione si fa labile.
Nebbia: figure retoriche
La poesia è caratterizzata da un uso sapiente delle figure retoriche, che arricchiscono il testo di sfumature e profondità:
- Anafora: la ripetizione del verso “Nascondi le cose lontane” all’inizio di ogni strofa sottolinea l’insistenza della richiesta del poeta e crea un ritmo incalzante.
- Allitterazione: l’uso ripetuto di suoni simili, come la “n” e la “l” in “nebbia impalpabile e scialba”, contribuisce a creare un effetto sonoro delicato e avvolgente, evocando la leggerezza e l’impalpabilità della nebbia.Questo rafforza la sensazione di un velo che avvolge il poeta e il suo desiderio di protezione emotiva.
- Metafora: la nebbia non è solo un fenomeno atmosferico, ma diventa il simbolo di un rifugio interiore, una barriera tra il poeta e le “cose lontane”. Il “nero mio pane” rappresenta le difficoltà e le sofferenze della vita, mentre i “soavi mieli” dei peschi e dei meli offrono un contrasto dolce e consolatorio.
- Personificazione: la nebbia viene trattata come un’entità viva, capace di agire e rispondere ai desideri del poeta. La sua capacità di “nascondere” e “involare al volo del cuore” le conferisce un ruolo quasi magico e protettivo.
- Similitudini e immagini evocative: elementi come il “bianco di strada” o il “don don di campane” evocano immagini di quiete e semplicità rurale, contribuendo a costruire l’atmosfera pacifica che il poeta desidera preservare.
- Enjambement: molti versi proseguono il loro significato oltre il limite del verso, creando un flusso continuo che imita il movimento fluido e avvolgente della nebbia. Ad esempio: “tu fumo che ancora rampolli, / su l’alba” sottolinea la continuità dell’immagine.
Nebbia: i temi principali
Un elemento centrale nella poetica pascoliana è il rapporto tra l’uomo e la natura, che in “Nebbia” assume una valenza profondamente simbolica. La natura non è solo uno sfondo, ma un vero e proprio specchio dell’interiorità del poeta. La nebbia, impalpabile e scialba, rappresenta una dimensione in cui il dolore e i ricordi si offuscano, permettendo al poeta di concentrarsi sul presente. Gli elementi naturali descritti, come la siepe, i due peschi, i meli, e il cipresso, incarnano l’intimità del “nido” familiare, dove Pascoli trova conforto. Al contrario, le “cose lontane” che la nebbia nasconde rappresentano il mondo esterno, con le sue insidie e i ricordi dolorosi, che il poeta cerca di tenere a distanza.
Un tema sotteso alla poesia è quello della morte, evocata in modo discreto ma costante. La richiesta di nascondere “quello ch’è morto” allude al trauma della perdita dei genitori e di altri familiari, che ha segnato profondamente la vita di Pascoli. Il “bianco di strada” e il “don don di campane” rimandano al viaggio ultimo, il cammino verso la fine, che il poeta accetta con serenità, desiderando però vivere nel presente, circondato dagli affetti semplici del suo microcosmo. Anche il cipresso, elemento ricorrente nella tradizione simbolica italiana, richiama la morte e il suo significato eterno, pur mantenendo una presenza rassicurante nel paesaggio poetico di Pascoli.
La poesia riflette anche la teoria del “fanciullino”, centrale nella poetica di Pascoli. Il “fanciullino” è quella parte dell’animo umano che conserva la capacità di stupirsi di fronte alla natura e ai sentimenti più semplici, lontana dalle complicazioni e dalle sovrastrutture della vita adulta. In “Nebbia”, il fanciullino si manifesta nel desiderio di tornare a una dimensione intima e protetta, in cui gli elementi naturali e domestici assumono un valore salvifico. Il cane che sonnecchia vicino all’orto, ad esempio, rappresenta un’immagine di pace e sicurezza, evocando l’innocenza e la serenità tipiche del mondo infantile.