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Myricae di Pascoli: trama, struttura e analisi dell'opera

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Giovanni Pascoli compose “Myricae” in un periodo compreso tra il 1891 e il 1911, un arco di tempo che vide l’Italia attraversare significative trasformazioni sociali e culturali. La raccolta, che nella sua versione finale comprende 156 poesie, rappresenta un autentico diario della poetica pascoliana, riflettendo l’evoluzione del suo pensiero e della sua sensibilità artistica.

Myricae: l’origine del nome

Il titolo “Myricae” deriva dal latino e significa “tamerici“, piccoli arbusti comuni nelle regioni mediterranee. Pascoli trae ispirazione da un verso delle “Bucoliche” di Virgilio: “Non omnes arbusta iuvant humilesque myricae” (“Non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”). Con questa scelta, il poeta intende sottolineare la sua predilezione per una poesia umile, che si eleva poco da terra, concentrandosi sulle piccole cose della vita quotidiana e sugli aspetti più semplici e genuini dell’esistenza umana.

Il significato profondo di “Myricae” risiede nella celebrazione della natura e degli affetti familiari, filtrati attraverso lo sguardo puro e ingenuo del “fanciullino“, simbolo centrale della poetica pascoliana. Questo sguardo infantile permette al poeta di cogliere le segrete corrispondenze tra gli elementi naturali, creando un dialogo misterioso tra l’io e il mondo esterno. La raccolta si configura così come un viaggio introspettivo, in cui le esperienze personali di dolore e perdita si intrecciano con una visione universale della condizione umana, caratterizzata da fragilità e ricerca di consolazione nel “nido” familiare.

Myricae: la struttura e lo stile dell’opera

La struttura di “Myricae” è articolata in quindici sezioni, ognuna delle quali raccoglie poesie accomunate da tematiche affini. Tra queste sezioni si trovano: “Dall’alba al tramonto”, “Ricordi”, “Pensieri”, “Creature”, “Le pene del poeta”, “L’ultima passeggiata”, “Le gioie del poeta”, “Finestra illuminata”, “Elegie”, “In campagna”, “Primavera”, “Dolcezze”, “Tristezze”, “Tramonti”, “Alberi e fiori”.

Inoltre, sono presenti liriche isolate che fungono da collegamento tra le diverse sezioni, come “Il giorno dei morti”, “Dialogo”, “Nozze”, “Solitudine”, “Campane a sera”, “Ida e Maria”, “Germoglio”, “Il bacio del morto”, “La notte dei morti”, “I due cugini”, “Placido”, “Il cuore del cipresso”, “Colloquio”, “In cammino”, “Ultimo sogno”.

Dal punto di vista stilistico, Pascoli adotta una metrica tradizionale, utilizzando versi come l’endecasillabo e il novenario, e forme poetiche quali il sonetto e la ballata. Tuttavia, introduce innovazioni significative attraverso l’uso audace degli enjambement, che frammentano il ritmo e conferiscono una musicalità particolare ai versi. L’aspetto più sorprendente è l’attenzione al suono delle parole, che spesso precede il loro significato, creando un effetto di “fonosimbolismo“. Questo si realizza mediante figure retoriche come l’onomatopea, la sinestesia e l’analogia, che evocano sensazioni e immagini suggestive, trasmettendo al lettore emozioni profonde e spesso indefinibili.

Un esempio emblematico di questa tecnica è la poesia “L’assiuolo”, in cui il verso del rapace notturno (“chiù”) diventa simbolo di un presagio funesto, amplificando il senso di mistero e inquietudine attraverso la ripetizione sonora. Inoltre, Pascoli arricchisce il lessico poetico introducendo termini appartenenti al linguaggio quotidiano, a tecnicismi legati ai mestieri, nomi specifici del mondo botanico e persino espressioni gergali, conferendo dignità poetica a parole fino ad allora estranee alla lirica tradizionale.

Le tematiche principali

Le tematiche affrontate in “Myricae” riflettono le esperienze personali di Pascoli e la sua visione del mondo. Tra i temi principali emergono:

  • Il nido familiare: simbolo di protezione e rifugio dagli affanni del mondo esterno, il “nido” rappresenta per Pascoli il luogo degli affetti più cari e della sicurezza perduta a causa delle tragedie familiari che lo hanno segnato profondamente. La poesia “X Agosto” è emblematica in tal senso, rievocando l’assassinio del padre e il dolore per la perdita.
  • La natura: descritta con minuziosa attenzione ai dettagli, la natura diventa specchio delle emozioni umane, luogo di contemplazione e fonte di ispirazione. Pascoli coglie nelle piccole cose — un fiore, un uccello, un albero — simboli universali che rimandano a significati più profondi, spesso legati al ciclo della vita e della morte.
  • Il mistero e l’ignoto: attraverso immagini suggestive e atmosfere sospese, il poeta esplora l’ignoto e il mistero dell’esistenza, lasciando emergere un senso di inquietudine e di attesa. Poesie come “Il lampo” e “Il tuono” evocano fenomeni naturali improvvisi e potenti, simboli di forze oscure e insondabili.
  • La memoria e il passato: il ricordo dei defunti e degli eventi trascorsi permea molte poesie della raccolta, evidenziando la dimensione nostalgica e malinconica della poetica pascoliana. Il passato diventa una presenza costante, influenza profondamente il presente, come un’eco che risuona nel quotidiano e nelle esperienze personali del poeta.
  • Il dolore e la fragilità umana: Pascoli non si limita a rappresentare il dolore come un elemento negativo, ma lo sublima, rendendolo un mezzo per comprendere la condizione umana. L’esperienza della sofferenza, vissuta in prima persona a causa delle tragedie familiari, diventa il fulcro della sua poetica, una lente attraverso cui osservare e interpretare la realtà. La poesia non è solo uno strumento per esprimere il dolore, ma anche un mezzo per trovare consolazione e un senso di appartenenza.

Myricae: il fanciullino e la poetica delle piccole cose

Uno degli aspetti centrali di “Myricae” è il legame con la teoria del “fanciullino“, formulata da Pascoli in un celebre saggio. Il “fanciullino” rappresenta l’innocenza e la capacità di meravigliarsi di fronte alla bellezza del mondo, qualità che, secondo Pascoli, risiede in ogni essere umano ma che spesso viene soffocata dall’età adulta. In “Myricae”, questa visione si concretizza nella capacità del poeta di cogliere la straordinarietà nelle cose più semplici e umili: un fiore, il canto di un uccello, una giornata di pioggia. Attraverso questa prospettiva, Pascoli riesce a valorizzare i dettagli del quotidiano, trasformandoli in simboli universali. La poesia diventa così un mezzo per comunicare direttamente con il lettore, suscitando emozioni pure e immediate, come quelle che un bambino proverebbe di fronte al mondo.

“Myricae” è intrisa di simbolismo, in cui ogni elemento naturale si carica di significati profondi. La natura, che Pascoli osserva con uno sguardo attento e minuzioso, non è mai semplicemente descrittiva, ma sempre evocativa. Un esempio chiave è l’uso di immagini come il volo degli uccelli, che spesso rappresenta l’anima o il passaggio dalla vita alla morte, o il suono delle campane, che richiama la ciclicità del tempo e il legame tra i vivi e i morti. I simboli presenti in “Myricae” si intrecciano con le emozioni del poeta, creando un linguaggio unico e personale. Pascoli si avvale di metafore e analogie che suggeriscono più che spiegare, lasciando al lettore il compito di interpretare e di trovare un significato più profondo nelle immagini poetiche.

Myricae e il rapporto con la morte

Un altro tema ricorrente in “Myricae” è la morte, che permea molte delle poesie della raccolta. Pascoli non si limita a rappresentarla come una fine, ma la esplora come parte integrante della vita, un passaggio inevitabile che connette il mondo terreno con quello ultraterreno. La morte è spesso vista attraverso una lente affettiva, come nei ricordi dei genitori e dei familiari scomparsi, oppure viene presentata in modo più universale, come una forza che regola il ciclo naturale. La morte è presente anche nella tensione tra luce e ombra, vita e silenzio, che caratterizza molte poesie di “Myricae”. Questa dicotomia non si risolve mai completamente, ma rimane sospesa, in linea con il senso di mistero che pervade tutta la raccolta.

“Myricae” ha lasciato un’impronta profonda nella letteratura italiana, non solo per il suo stile innovativo, ma anche per la sua capacità di rappresentare una poetica universale attraverso il filtro della sensibilità individuale. La raccolta ha influenzato generazioni di poeti e scrittori, che hanno trovato in Pascoli un modello di introspezione e di attenzione per il dettaglio. Il valore di “Myricae” risiede nella sua capacità di parlare a tutti, trascendendo il tempo e lo spazio. Le sue poesie, pur radicate nel contesto della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento, conservano una forza espressiva e una profondità emotiva che continuano a risuonare nel lettore moderno.