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Il bove di Pascoli: testo, parafrasi e commento

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

La poesia “Il bove" di Giovanni Pascoli offre una visione suggestiva della natura attraverso gli occhi di un bue, simbolo di forza e pazienza. Composta nel 1890 e inserita nella raccolta “Myricae" a partire dal 1892, questa lirica riflette la capacità del poeta di cogliere il mistero e la profondità del mondo rurale.

Il bove: testo e parafrasi

Testo:

Al rio sottile, di tra vaghe brume,
guarda il bove, coi grandi occhi: nel piano
che fugge, a un mare sempre più lontano
migrano l’acque d’un ceruleo fiume;
ingigantisce agli occhi suoi, nel lume

pulverulento, il salice e l’ontano;
svaria su l’erbe un gregge a mano a mano,
e par la mandra dell’antico nume.
ampie ali aprono imagini grifagne
nell’aria; vanno tacite chimere,

simili a nubi, per il ciel profondo;
Il sole immenso, dietro le montagne
cala, altissime: crescono già, nere,
l’ombre più grandi d’un più grande mondo.

Parafrasi:

Il bue, con i suoi grandi occhi, osserva il sottile ruscello attraverso nebbie leggere; nella pianura che si estende, le acque di un fiume azzurro scorrono verso un mare sempre più lontano. Nella luce polverosa, il salice e l’ontano appaiono ingigantiti ai suoi occhi; un gregge si muove lentamente sull’erba, sembrando la mandria del dio Pan. Nell’aria, ampie ali evocano immagini di grifoni rapaci; silenziose chimere, simili a nubi, attraversano il profondo cielo. Il sole immenso cala dietro le altissime montagne: le ombre, già nere, si allungano, appartenenti a un mondo più grande.

Il bove: il significato della poesia

“Il bove" è un sonetto composto da Giovanni Pascoli nel 1890 e inserito nella sezione “In campagna" della raccolta “Myricae" a partire dal 1892. In questo periodo, Pascoli si dedica alla rappresentazione della natura e della vita rurale, utilizzando spesso simboli e immagini che riflettono la sua visione intimista e contemplativa del mondo.

Il bue, protagonista della poesia, rappresenta la forza tranquilla e la pazienza, qualità che Pascoli associa alla vita contadina. Attraverso gli occhi dell’animale, il poeta esplora il paesaggio circostante, evidenziando la maestosità e il mistero della natura. Le immagini ingigantite e le descrizioni suggestive creano un’atmosfera sospesa tra realtà e sogno, invitando il lettore a riflettere sulla grandezza e sull’enigmaticità del mondo naturale. Il messaggio dell’opera può essere interpretato come un invito a osservare la natura con occhi nuovi, riconoscendo la profondità e la complessità che si celano dietro l’apparente semplicità della vita rurale. Pascoli suggerisce che, attraverso una contemplazione attenta e sensibile, è possibile cogliere il mistero e la bellezza del mondo che ci circonda.

Il bove: analisi e figure retoriche

“Il bove" è un sonetto composto da due quartine e due terzine, con schema metrico ABAB ABAB CDE CDE. La struttura formale del sonetto conferisce al componimento una musicalità armoniosa, in linea con la delicatezza delle immagini descritte.

Pascoli utilizza diverse figure retoriche per arricchire il testo e rendere la poesia suggestiva e coinvolgente. La personificazione è uno degli strumenti principali: il bue viene descritto come un osservatore attento, dotato di grandi occhi che scrutano il paesaggio. Questa scelta permette al lettore di immedesimarsi nell’animale, assumendo il suo punto di vista e osservando il mondo attraverso i suoi occhi. Le similitudini, invece, collegano elementi naturali a immagini mitologiche e oniriche, conferendo profondità al paesaggio descritto. Un esempio significativo è il gregge paragonato alla mandria dell’antico nume Pan, oppure le chimere che vengono descritte come simili a nubi.

Le metafore arricchiscono ulteriormente il testo con immagini evocative, come le “imagini grifagne", che rappresentano uccelli rapaci, e le “tacite chimere", che simboleggiano nuvole. Queste scelte lessicali creano un’atmosfera di mistero e fascinazione, trasportando il lettore in una dimensione quasi irreale. Un’altra caratteristica distintiva del linguaggio pascoliano è l’uso delle allitterazioni, come nella frase “vaghe brume", dove la ripetizione di suoni consonantici crea un ritmo musicale che enfatizza l’atmosfera suggestiva del testo.

Infine, l’anastrofe, ovvero l’inversione dell’ordine naturale delle parole, è utilizzata per dare rilievo a specifici elementi e conferire solennità al verso. Un esempio emblematico è “cala, altissime", dove l’ordine delle parole sottolinea l’imponenza delle montagne e il movimento discendente del sole. Questi artifici stilistici, combinati con la scelta di un lessico raffinato, contribuiscono a rendere “Il bove" un’opera poetica di grande fascino e profondità.

Il bove e la poetica del “fanciullino"

La poesia “Il bove" riflette la poetica del “fanciullino" elaborata da Giovanni Pascoli, secondo la quale il poeta deve recuperare lo sguardo puro e meravigliato del bambino per cogliere le profondità nascoste della realtà. In questo componimento, Pascoli adotta il punto di vista del bue, un animale spesso associato alla semplicità e all’innocenza, per esplorare il mondo naturale con occhi nuovi. Attraverso questa prospettiva, il poeta riesce a trasformare elementi quotidiani in visioni straordinarie, rivelando il mistero e la grandezza della natura. Questa capacità di cogliere il sublime nel quotidiano è una caratteristica distintiva della poetica pascoliana, che invita il lettore a superare la superficialità dell’osservazione per accedere a un livello più profondo di comprensione emotiva e spirituale.

Il bove e il simbolismo della natura

Nella poesia, la natura è protagonista tanto quanto il bue. Pascoli utilizza immagini come il “rio sottile", le “vaghe brume", e il “sole immenso" per creare un paesaggio che non è solo uno sfondo, ma una vera e propria rappresentazione simbolica del ciclo della vita. La natura appare viva e dinamica, in perenne movimento verso un “mare sempre più lontano", che potrebbe essere interpretato come una metafora dell’eternità o del mistero dell’esistenza. Il bue, nel suo ruolo di osservatore silenzioso, diventa un tramite tra l’umano e il naturale. La sua calma e la sua forza evocano virtù che Pascoli vede come fondamentali: la pazienza, l’accettazione e la capacità di contemplare senza giudicare. In questo senso, il bue non è solo un simbolo rurale, ma un emblema di una saggezza universale che l’uomo moderno rischia di dimenticare.

Il rapporto con la mitologia e la memoria culturale

Un altro elemento chiave della poesia è il richiamo alla mitologia. Il “gregge" che “par la mandra dell’antico nume" (il dio Pan) collega il paesaggio rurale descritto da Pascoli al mondo antico, in cui la natura era venerata e personificata attraverso divinità e spiriti. Questa connessione alla mitologia classica non è casuale: Pascoli, con la sua formazione classica, spesso richiama il mondo greco e romano per conferire alle sue opere un’aura di universalità e atemporalità. Questo legame con la memoria culturale serve anche a sottolineare il contrasto tra la modernità, spesso vista come alienante, e un passato in cui l’uomo viveva in armonia con la natura. Il bove diventa così un simbolo di questa armonia perduta, un richiamo a un tempo in cui la semplicità e la connessione con la terra erano valori centrali.

La percezione del tempo e dello spazio

Un aspetto affascinante della poesia è la percezione del tempo e dello spazio, che Pascoli manipola abilmente per creare un senso di vastità e profondità. Il piano che “fugge" e il fiume che migra verso un “mare sempre più lontano" suggeriscono un movimento continuo e inesorabile, che può essere letto come una riflessione sul trascorrere del tempo. Allo stesso modo, il “cielo profondo" e le “montagne altissime" amplificano lo spazio, creando una sensazione di infinità. Questo uso dello spazio e del tempo contribuisce a rendere la poesia quasi metafisica, portando il lettore a considerare non solo il paesaggio descritto, ma anche il proprio posto nell’universo.

La poesia “Il bove" è un esempio emblematico della capacità di Giovanni Pascoli di combinare la semplicità della vita rurale con una profondità filosofica e simbolica. Attraverso la sua attenzione ai dettagli, il suo uso delle figure retoriche e il suo sguardo “fanciullino", Pascoli riesce a trasformare un’osservazione quotidiana in una meditazione universale sulla natura, sul tempo e sull’esistenza. “Il bove" invita il lettore non solo a contemplare la bellezza del mondo naturale, ma anche a riscoprire valori come la pazienza, la connessione con la terra e la capacità di vedere il sublime nel quotidiano. È un richiamo potente e attuale in un’epoca in cui il rapporto tra l’uomo e la natura è spesso compromesso dalla modernità e dalla distrazione tecnologica. La poesia, dunque, non è solo un’opera d’arte, ma un invito alla riflessione e alla riconciliazione con il mondo naturale.

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