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Ovidio, vita e opere del poeta romano

Profondo conoscitore dell’animo umano, scrittore sublime dai versi eleganti, è stato il “Cantore del divenire”, artefice della metafora e della similitudine

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Publio Ovidio Nasone, noto semplicemente come Ovidio, è uno dei poeti che ha più influenzato la storia della letteratura occidentale. Dotato di un talento straordinario ha ispirato altri celebri scrittori come Lucano, Apuleio, Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Giovanni Boccaccio, Ludovico Ariosto, William Shakespeare, Gabriele D’Annunzio, Lawrence Stevenson e, ovviamente, Kafka. Protagonista della grande elegia romana, con la sua scrittura morbida e vellutata ha narrato la vera anima della società e il disfacimento morale del tempo, ma anche gli impulsi e le galanterie dell’epoca. Cantore del divenire è l’artefice dell’eterna trasformazione delle immagini e delle parole attraverso le due più importanti figure retoriche, la metafora e la similitudine. Nelle Metamorfosi, ma anche negli Amores, ha dimostrato di conoscere in maniera profonda l’animo dell’essere umano, in particolare quello femminile, e di esserne un acuto osservatore, in particolar modo rispetto alle avventure amorose e alle passioni.

Vita

Ovidio, nasce il 20 marzo del 43 a.C. a Sulmona, da una famiglia di rango equestre molto illustre. A dodici anni si trasferisce, assieme al fratello, a Roma per studiare nelle migliori scuole di retorica e di eloquenza. Il padre lo vorrebbe oratore, ma Ovidio si dimostra ben presto più incline alla poesia, arrivando ad abbandonare gli studi per dedicarvisi totalmente. Si reca dunque ad Atene e, nel viaggio di ritorno, visita molte città dell’Egitto e dell’Asia Minore, prima di sbarcare in Sicilia, dove si ferma per un anno, prima di fare ritorno a Roma per intraprendere la carriera pubblica. Fiero di appartenere al rango equestre, Ovidio non aspira ad entrare nel Senato romano. Frequenta il Circolo letterario di Messalla Corvino, diventando un poeta molto conosciuto e amato. Quindi entra nella cerchia del celebre Mecenate, entrando in contatto con numerosi altri intellettuali del tempo, da Properzio ad Orazio, da Virgilio a Tibullo. Calato in questo fervido ambiente, il poeta riesce ad esprimere in pieno il suo estro creativo, producendo moltissime opere. Dal punto di vista privato, è certo che Ovidio si sia sposato tre volte, ma delle prime due mogli non si conosce praticamente nulla, se non che da una avrà una figlia, Ovidia, destinata a diventare una donna molto colta. La terza compagna invece ha un nome, Fabia, al fianco della quale trascorrerà la maggior parte della sua vita. Nonostante sia sposato, il suo stile di vita è dedito al lusso e al piacere, in contrasto con i dettami dell’Imperatore Augusto, che predica una rigorosa moralità, e questo finirà per creargli dei problemi.

Nell’8 d.C. viene esiliato ed è costretto a lasciare Roma dopo aver trasgredito le regole di Augusto scrivendo l’Ars amatoria, che gli vale l’accusa di incitare le donne all’adulterio. In confino a Tomi, nell’attuale Romania, finisce di comporre I Fasti, e realizza I Tristia, Le Epistulae ex Ponto, Ibis, Phaenomena e Halieutica. A Tomi, Publio Ovidio Nasone muore tra il 17 d.C. e il 18 d.C.

Opere

Ovidio è stato autore di moltissime opere che, abitualmente, vengono suddivise in tre parti. La prima, collocata tra il 23 a.C. e il 2 d.C., comprende le opere elegiache a tema amoroso come Amores, Heroides e il ciclo delle elegie erotico-didascaliche; la seconda parte, dal 2 d.C. all’8 d.C., è caratterizzata dalle Metamorfosi e dai Fasti; la terza ed ultima parte, compresa tra l’8 d.C. e la morte dell’autore, comprende Tristia, Epistulae ex Ponto e Ibis , ovvero le elegie dell’invettiva e del rimpianto.

Dal punto di vista stilistico, i versi di Ovidio raggiungono la massima perfezione tecnica per un distico elegiaco, fluenti, agili, incantatori e musicali, grazie alla scelta raffinata dei vocaboli, che rinnova e ammoderna di continuo.

Grazie allo studio approfondito della retorica, il suo linguaggio risulta flessibile, ma la sua genialità risiede del riuscire a dare forma ai pensieri, tramutandoli subito in poesia.

Periodo giovanile

La produzione ovidiana legata al periodo giovanile ha come tema dominante l’amore, in tutte le sue declinazioni. Si passa così dal concetto ovidiano di “militia amoris”, second il quale l’uomo deve combattere affinché l’amore duri più a lungo possibile, alla visione dell’amore come “lusus”, divertimento, all’ars amatoria, intesa come compito dell’uomo, chiamato a dedicare la sua vita allo studio delle tecniche di seduzione.

La sua prima opera è Amores, una raccolta di elegie amorose raccolte in tre libri da 49 carmi in cui il poeta canta il suo amore per una donna, verosimilmente immaginaria, di nome Corinna, alla quale chiede di non raccontagli dei suoi continui tradimenti.

Con le Heroides, Ovidio scandaglia l’universo femminile. Vestendo i panni di celebri donne della mitologia, come Penelope, Didone o Arianna, fa loro esprimere ora la sete di vendetta, ora la follia amorosa, attraverso quindici lettere indirizzate ai loro innamorati, infedeli o lontani.

Attiratosi così le attenzioni dei giovani romani, consacra la sua popolarità presso il pubblico con l’Ars amatoria, un poema didascalico nel quale condensa l’abc delle tecniche di seduzione, partendo dal dove e come cercare la donna amata, proseguendo con l’arte della conquista e concludendo con i consigli per tenersela stretta, che considera più importanti ancora di quelli per sedurre.

Dello stesso filone fanno parte Remedia amoris, 800 versi dedicati a come dimenticare le delusioni amorose attraverso una serie di distrazioni possibili, e Medicamina faciei, un piccolo trattato in cui Ovidio si spinge addirittura a fornire consigli di cosmesi alle donne, per esaltare i punti forti e coprire i punti deboli, per apparire affascinanti agli occhi degli uomini.

Periodo della maturità

Non pago di aver fatto presa sul pubblico giovane, Ovidio aspira ad attirare l’attenzione anche degli intellettuali e sogna di emulare il suo poeta preferito, Virgilio, incaricato da Augusto di scrivere l’Eneide. Il momento arriva con Le Metamorfosi, un’opera composta da quindici libri, contenente circa 12mila esametri, in cui gli elementi elegiaci si fondono a quelli epici. Si tratta di una raccolta di racconti, dalla genesi dell’Universo alla trasformazione di Cesare in stella, il cui denominatore comune è il mito metamorfico, con i suoi protagonisti che diventano oggetti inanimati, animali o piante, quasi sempre a causa dall’amore in ciascuna delle sue manifestazioni. E’ il capolavoro di Ovidio, che rappresenta il culmine della sua popolarità e che lo fa assurgere a uno dei maggiori poeti di Roma, un lavoro talmente innovativo e originale da valicare i confini del tempo per ispirare pittori e scultori di tutte le epoche. Un successo che, in qualche modo, quel genio di Ovidio profetizza nelle ultime righe delle Metamorfosi.

“Sono giunto alla conclusione di un’opera che né l’ira di Giove, né il fuoco, né il ferro, né il tempo implacabile potranno distruggere”. (Le Metamorfosi, Ovidio)

Periodo dell’esilio

In confino a Tomi, in Romania, Ovidio completa I Fasti, un poema eziologico in cui indaga le origini di feste, riti e cerimonie dell’Antica Roma. Inizialmente progettata in 12 libri, uno per le festività di ogni mese, l’opera verrà invece considerata conclusa dopo soli sei volumi, per la perdita d’interesse dell’autore, ormai poco interessato a magnificare il passato di quella Roma che lo ha esiliato. Una condizione psicologica che lo porta a comporre i Tristia, elegie in 5 libri, nei quali Ovidio si lamenta per la propria infelice condizione, lancia invettive ai nemici ed esprime tutta la sua nostalgia per gli anni romani.