Il comunismo e la Rivoluzione Russa: dal Manifesto a Stalin
Il comunismo è un’ideologia politica e sociale che ha plasmato in modo significativo la storia mondiale nel XX secolo.
Nato dalle teorie di Karl Marx e Friedrich Engels, che lo esposero nel Manifesto del Partito Comunista del 1848, il comunismo ha come scopo ultimo la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, l’abolizione delle classi sociali e dello Stato, per consentire l’affermazione di una società di liberi e uguali dove ciascuno riceve secondo il proprio bisogno e offre prestazioni alla società in base alle proprie capacità.
Nel ‘900, oltre alla Russia anche altri Paesi hanno tentato la via comunista come Cina (1949) e Cuba (1959). Dovunque si sono affermati, tuttavia, i partiti comunisti non sono mai riusciti a realizzare le indicazioni di Marx e, anziché garantire giustizia sociale, libertà e fine dello sfruttamento tra gli uomini, si sono spesso trasformati in feroci dittature o totalitarismi assassini come lo stalinismo.
Nonostante le sue aspirazioni, il comunismo nel corso del tempo è stato infatti oggetto di intense critiche e dibattiti. Le sue implementazioni storiche sono state spesso caratterizzate da autoritarismo, violazioni dei diritti umani e fallimenti economici, che hanno portato molti a mettere in discussione la fattibilità e la desiderabilità del modello comunista.
- Il Manifesto comunista di Marx
- La Rivoluzione Russa: nasce lo stato comunista
- L'ascesa di Stalin
- Mappa del comunismo da stampare
Il Manifesto comunista di Marx
A differenza del fascismo e del nazismo (che nascono, si identificano e muoiono con Mussolini e Hitler nella prima metà del Novecento), il comunismo nasce a metà dell’Ottocento grazie allo sforzo teorico-pratico di Marx ed Engels, e non coincide assolutamente né con lo stalinismo, né con l’Unione Sovietica, né con gli altri esperimenti di “socialismo reale" che hanno avuto luogo in svariati Paesi del mondo.
Il comunismo ideato da Marx ed Engels, contrariamente a quanto comunemente si crede perché così lo si è praticato in Unione Sovietica, non prevede affatto l’abolizione della proprietà privata in quanto tale, ma soltanto della proprietà borghese dei mezzi di produzione (fabbriche, macchine, capitali, materie prime, ecc.) che determinava l’ingiustizia economica e sociale attraverso lo sfruttamento e l’alienazione degli operai.
La prima rivoluzione di matrice comunista si afferma in Russia nel 1917, un Paese fortissimamente arretrato e contadino, senza alcuna “coscienza di classe", anziché in un Paese europeo, industrialmente avanzato e con una classe operaia politicizzata e attiva. Questa è solo la prima, e di certo non la maggiore né la più importante, delle differenze sostanziali che distanziano il pensiero marxiano dal cosiddetto “socialismo reale", cioè il tentativo economico-politico-sociale di tradurlo in pratica.
I vari partiti comunisti sorti in tutta Europa e nel resto del mondo, infatti, si sono sempre caratterizzati oltre che per il comune riferimento (seppur non omogeneo) al pensiero marxiano, anche per tutta una serie di battaglie come: l’organizzazione delle masse operaie per la loro sindacalizzazione e ottenimento del diritto allo sciopero, la lotta contro il colonialismo e, più in generale, per la costruzione di un mondo migliore, basato sulla solidarietà reciproca e la fratellanza universale.
Il simbolo per eccellenza del comunismo è la bandiera rossa con sopra la falce e il martello incrociati, a testimoniare che la rivoluzione sarà effettuata dalle masse sfruttate, composte da proletari operai e contadini, una volta raggiunta la cosiddetta “coscienza di classe".
La Rivoluzione Russa: nasce lo stato comunista
La transizione dalla Rivoluzione Russa del 1917 alla morte di Lenin nel 1924 e l’ascesa al potere di Stalin segna un periodo cruciale nella storia dell’Unione Sovietica, caratterizzato da profondi cambiamenti politici, sociali ed economici. La Rivoluzione, che iniziò con la deposizione dello Zar Nicola II e l’instaurazione di un governo provvisorio, culminò nell’ottobre dello stesso anno con i bolscevichi, guidati da Lenin, che presero il controllo dello Stato, promettendo pace, terra e pane alla popolazione stremata dalla guerra e dalla povertà. Sotto Lenin, la Russia attraversò la Guerra Civile Russa, un conflitto sanguinoso e divisivo tra i Rossi (bolscevichi) e i Bianchi (anti-bolscevichi), che si concluse con la vittoria bolscevica e la consolidazione del primo Stato comunista della storia.
Durante il governo di Lenin, furono intraprese radicali riforme sociali ed economiche, inclusa la nazionalizzazione della terra e dell’industria, e l’introduzione della Nuova Politica Economica (NEP), un compromesso che reintrodusse elementi di economia di mercato per stabilizzare l’economia sovietica devastata dalla guerra. Tuttavia, la salute di Lenin iniziò a declinare rapidamente, e la sua morte lasciò un vuoto di potere all’interno del Partito Comunista.
L’ascesa di Stalin
La successione di Lenin portò a una lotta per il potere, principalmente tra Josef Stalin e Lev Trotsky. Stalin, che aveva ricoperto il ruolo di Segretario Generale del Partito Comunista, utilizzò abilmente la sua posizione per accumulare potere, isolare i suoi avversari e consolidare il suo controllo sul partito e sullo Stato. Con una serie di mosse politiche astute e spesso spietate, Stalin riuscì a eliminare i suoi rivali, compreso Trotsky, e a emergere come il leader indiscusso dell’Unione Sovietica.
L’ascesa di Stalin segnò l’inizio di un nuovo capitolo per l’URSS, caratterizzato da un’autorità centralizzata ancora più forte, la collettivizzazione forzata dell’agricoltura e i piani quinquennali per l’industrializzazione accelerata. Questo periodo pose le basi per la trasformazione dell’Unione Sovietica in una superpotenza globale, ma fu anche segnato da repressioni politiche, purghe e la creazione di un regime totalitario che avrebbe avuto profonde implicazioni per il popolo sovietico e il mondo intero.
Mappa del comunismo da stampare
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