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Salvo D'Acquisto: il Carabiniere ucciso il 23 settembre 1943

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

Chi era Salvo D’Acquisto

Salvo D’Acquisto nasce a Napoli nel 1920; come molti giovani cittadini di origine meridionale, viene arruolato nel corpo dei Carabinieri nel 1939. Con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 viene assegnato alla Sezione 608 del corpo dell’Aeronautica, quindi assegnato ai reparti che operano in Africa settentrionale.
Salvo D’Acquisto fa ritorno in Italia nel 1942, con lo scopo di frequentare un corso per sottufficiali a Firenze.

Perché è passato alla storia

L’8 settembre del 1943 viene resa nota la firma dell’Armistizio tra il governo di Pietro Badoglio, succeduto a Benito Mussolini dopo che quest’ultimo era stato esautorato per decisione del Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio del 1943. In realtà la firma dell’Armistizio era stata apposta già in data 3 settembre, nella cittadina sicula di Cassibile.
Nei primi giorni di settembre del 1943 D’Acquisto si trova a Roma, perché avendo acquisito il grado di vicebrigadiere, è nel frattempo stato assegnato alla caserma dei carabinieri di Torre in Pietra, sulla Via Aurelia, alle porte della città.

In quella località, la sera del 22 settembre, si verifica un’esplosione, nella vicina caserma abbandonata dai militari della Guardia di Finanza. Nell’occasione rimangono uccisi due soldati tedeschi e feriti alcuni altri che erano di stanza in loco. In base alla ricostruzione degli eventi, non si tratta di un vero e proprio attentato: alcuni ordigni, in particolare bombe a mano, erano stati lasciati incustoditi dalle “Fiamme gialle” in delle casse; erano quindi esplosi quando le milizie naziste si erano messe a esaminarli. Questo diventa il pretesto per organizzare una sorta di caccia all’uomo e una mattina i militari, che da alleati sono nel frattempo diventati occupanti del suolo italiano, catturano e trasportano alla Stazione dei carabinieri ventidue civili, bloccati casualmente nei dintorni. Per cercare di dare all’operazione una parvenza di legalità e legittimare ciò che si propongono di fare, pretendono la presenza del Maresciallo che è al comando della Stazione. Quest’ultimo non è presente e il Vice Brigadiere D’Acquisto si vede obbligato a seguire i tedeschi accompagnando i loro prigionieri sino a Palidoro.

L’atto di coraggio

Dopo un sommario interrogatorio, durante il quale ogni imputato, incredulo, tenta di convincere gli aguzzini nazisti circa la propria estraneità al fatto, l’ufficiale che è al comando del drappello tedesco dà l’ordine che a tutti i ventidue venga data una pala, affinché si scavino la fossa.
È in questo momento che il Vice Brigadiere Salvo D’Acquisto, una volta compreso che i nazisti stanno per giustiziare tutti i ventidue prigioneri innocenti, decide di assumersi la colpa del supposto attentato.

La morte

D’Acquisto dopo quella dichiarazione viene fucilato sul posto. I ventidue civili a quel punto vengono tutti rilasciati.

Il riconoscimento di un atto eroico

Una volta conosciuta la storia, D’Acquisto viene insignito della Medaglia d’Oro al Valore Militare, con le seguenti motivazioni: “Esempio luminoso d’altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita. Sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste, insieme con ventidue ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così – da solo – impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma”.

L’Insegnamento contenuto nella storia di Salvo D’Acquisto

Nella vicenda del carabiniere partenopeo è contenuto, oltre all’atto di coraggio, un insegnamento imperituro per quanto attiene i valori che ancora oggi veicola: non bisogna essere eroi per rendersi protagonisti di un atto eroico; gli anni della Seconda Guerra mondiale sono disseminati da vari episodi che testimoniano come tanti italiani, messi di fronte alla scelta di poter fare qualcosa per gli altri, per esempio per chi in qualche frangente stava rischiando la vita, decisero di rischiare o sacrificare la propria.