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Triplice Alleanza, da chi è composta e cosa prevedeva

L 20 maggio 1882 l'Italia stipulò un patto militare difensivo con l'Impero tedesco e quello austro-ungarico, che romperà nel 1915 in piena I Guerra Mondiale

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Fu l’Italia, desiderosa di unirsi alla Duplice Alleanza (già in essere tra Germania e Austria-Ungheria) al fine di rompere il proprio isolamento a seguito dell’occupazione francese in Tunisia, la maggiore promotrice della Triplice. Allo scoppio della I Guerra Mondiale nel 1914, però, il nostro Paese si appellò all’articolo 4 del trattato per dichiararsi neutrale quindi, l’anno seguente, cedendo alle lusinghe della Triplice Intesa, ruppe la coalizione ed entrò nel conflitto contro l’Austria.

Triplice Alleanza, il I e il II trattato

Il I trattato della Triplice Alleanza venne ratificato nel 1882 e l’accordo prevedeva (i) il soccorso da parte di Germania e Austria all’Italia nel caso questa fosse stata attaccata dalla Francia, (ii) nel caso che una delle contraenti fosse stata invasa da due o più potenze nemiche le altre due assicuravano il loro soccorso, (iii) se una delle nazioni firmatarie fosse stata minacciata e costretta a sostenere una guerra, si assicurava la neutralità benevola delle altre, (iv) più il nostro Paese, in quella passata alla storia come ‘dichiarazione Mancini’, ottenne il vincolo – da parte degli imperi tedesco e austro-ungarico – a non rivolgere le norme dell’accordo contro la Gran Bretagna. Al netto di un generale malcontento – l’Italia per la mancata restituzione a Roma della visita di re Umberto I a Vienna, Germania e Austria per l’irredentismo e l’occupazione di Massaua a loro insaputa – cinque anni più tardi l’alleanza venne rinsaldata dal II trattato. Si trattava in sostanza della conferma del I con l’aggiunta di due patti, stipulati grazie alla mediazione del cancelliere Bismarck: il primo prevedeva che se una tra Italia e Austria avesse occupato dei territori nei Balcani, la firmataria non occupante avrebbe ottenuto dei compensi (nel nostro caso, i territori subalpini degli Asburgo); il secondo, invece, assicurava all’Italia – nell’eventualità di una guerra contro la Francia – l’intervento a suo favore della Germania, che si sarebbe inoltre impegnata ad assegnare al nostro Paese Nizza, la Corsica e la Tunisia in caso di disfatta transalpina.

Triplice Alleanza, il III trattato e il rinnovo senza modifiche

Le malcelate tensioni tra Italia e Austria vennero mitigate dalla caduta del governo Crispi, a cui succedette il capo della Destra, il marchese Antonio di Rudinì. Così, su iniziativa (e un’abile diplomazia) italiana, con un anno d’anticipo rispetto alla naturale scadenza, nel 1891 le tre potenze firmarono il III trattato. L’unica sostanziale novità fu la ‘trasformazione’ dei due patti bilaterali stipulati nell’accordo precedente nell’articolo 7 dell’alleanza (quello italo-austriaco) e nell’articolo 10 (quello italo-tedesco). Inoltre, un articolo redatto ex novo, il 9, dava l’impulso definitivo all’espansionismo coloniale italiano, impegnando la Germania a sostenere l’Italia nell’eventualità di azioni belliche di quest’ultima in Cirenaica, Tripolitania o Tunisia (venne invece rigettata la proposta di includere anche il Marocco). All’accordo venne data, stavolta, una validità di sei anni, più la proroga di altri sei se non fosse stata annunciata la volontà di non mantenere in vita la Triplice Alleanza entro e non oltre il 1902. Il rinnovo senza modifiche del 1896, poi, avvenne in un contesto di profonda incertezza, tra la disfatta italiana a Adua, l’avvicinamento della Francia alla Russia, la minaccia britannica sul Mediterraneo e il matrimonio tra l’erede al trono Vittorio Emanuele e la principessa del Montenegro Jelena Petrović Njegoš, che suscitò grande sdegno in Austria.

Triplice Alleanza, IV e V trattato e il ‘tradimento’ italiano

Nonostante la morte del re Umberto I, l’ascesa al trono di Vittorio Emanuele, moderatamente diffidente nei confronti dell’Austria, Giuseppe Zanardelli al governo, francofilo e indulgente all’irredentismo, e la nomina a ministro degli Esteri di Giulio Prinetti, che in passato aveva esternato pareri contrari alla Triplice Alleanza, essa venne rinnovata per la quarta volta nel 1902, senza modifica alcuna al testo principale e con la sola aggiunta della dichiarazione con cui “il Governo austro-ungarico, non avendo interessi speciali da salvaguardare in Tripolitania e Cirenaica” si impegnava “a non intraprendere nulla” che potesse “ostacolare l’azione dell’Italia” nelle suddette regioni. Prinetti, irritato per le tante richieste rigettate dagli ex membri della Duplice Alleanza e sfruttando il carattere prettamente difensivo della Triplice, strinse quindi un patto di non belligeranza con la Francia, sia nel caso di attacco sferrato, sia di uno subito, con la Germania. La crisi con gli imperi tedesco e austro-ungarico si acuì ulteriormente quando Vittorio Emanuele, in ‘tour’ per le capitali europee, saltò intenzionalmente Vienna. D’altro canto, in Italia non fu accolta di buon grado l’annessione asburgica della Bosnia nel 1908 ma, al netto di divergenze sempre più nette, nello stesso anno l’alleanza fu rinnovata senza modifiche. Quindi, nel 1912, con una crisi mondiale pronta a sfociare nella terribile Grande Guerra, si giunse al V e ultimo trattato: al testo fu aggiunto un protocollo che sanciva il riconoscimento della “sovranità dell’Italia sulla Tripolitania e sulla Cirenaica“. L’epilogo della Triplice Alleanza è arcinoto: in piena Prima Guerra Mondiale, a un anno dallo scoppio in cui il nostro Paese si dichiarò neutrale in virtù dell’articolo 4 dell’alleanza che esonerava dall’intervenire nel caso una delle parti avesse attaccato una quarta potenza, il ministro degli Esteri Sidney Sonnino (anglicano e di madre britannica) e il Presidente del consiglio Antonio Salandra stipularono il patto di Londra del 26 aprile 1915, inviando contestualmente a Vienna un telegramma in cui si annunciavano (i) il ritiro di tutte le proposte fatte dall’Italia per assicurare la propria neutralità e la fine dei negoziati, (ii) la denuncia della Triplice alleanza e (iii) l’affermazione della libertà d’azione dell’Italia. Venti giorni dopo, quindi, le nostre truppe varcarono il confine austriaco.