Purgatorio, Canto XVII: analisi del peccato come mancanza d’amore
Dopo essere uscito dal fumo della III Cornice e alcuni esempi di ira punita, Dante inizia la salita che conduce alla IV, mentre Virgilio gli offre una spiegazione sulla struttura morale del Regno della salvezza
Gli esempi di ira punita
Lasciato alle spalle il fumo che avvolge la III Cornice, Dante paragona se stesso a colui che, a poco a poco, si tira fuori da una fitta nebbia montana, tornando così a intravedere gradualmente la luce del sole. Senza mai perdere di vista Virgilio, la sua mente viene colpita da un’improvvisa immaginazione, che impedisce all’intelletto di reagire a qualsiasi stimolo esterno e, pertanto, deve evidentemente provenire dal Cielo per volere divino. Gli appare, così, l’immagine di Progne tramutata in usignolo, seguita da quella di un uomo – Aman – crocifisso, con accanto il re Assuero, Ester e Mardocheo. Appena tale visione si dissolve, come fosse una bolla d’acqua che scoppia, gliene ne appare un’altra in cui una fanciulla – Lavinia – piange disperata e rimprovera la madre – la regina Amata – per essersi uccisa: diceva di non voler separarsi dalla figlia per nulla al mondo eppure, adesso, l’ha persa per sempre, lasciandola da sola in preda alla disperazione. A questo punto, Dante torna in sé, esattamente come capita a chi dorme e viene svegliato da una luce improvvisa, con il sonno che, gradualmente, scompare. Anche le immagini osservate all’interno della propria mente svaniscono e il poeta fiorentino è colpito da un fulgore ben più intenso di quelli naturali. Si guarda, quindi, intorno al fine di capire dove si trova, fin quando sente una voce che lo invita a salire: ciò gli provoca un acceso desiderio di guardare di fronte a sé, senza tuttavia riuscire a vedere nulla, come chi fissa il sole che, però, è troppo luminoso per essere osservato. Virgilio gli spiega che si tratta dell’angelo della mansuetudine, che li invita a salire e si comporta con loro come l’uomo fa con se stesso: infatti, chi aspetta di essere pregato pur vedendo il bisogno altrui, è come se negasse il suo aiuto. Il maestro lo esorta ad affrettarsi, dal momento che non sarà più possibile raggiungere la cima quando sarà sopraggiunta la notte. I due, dunque, iniziano a percorrere una scala e, appena Dante mette il piede sul primo gradino, si sente colpito in volto da un’improvvisa raffica di vento, mentre una voce afferma “Beati i pacifici”.
La struttura morale del Purgatorio
Il sole è quasi tramontato e in cielo iniziano a comparire le prime stelle, quando Dante sente che la forza nelle sue gambe sta venendo meno. Ha appena raggiunto la cima della scala, dove si è fermato insieme a Virgilio, come una nave approdata a riva. Rimane in ascolto per qualche istante, cercando di capire se c’è qualcosa di notevole nella IV Cornice, poi si rivolge al maestro e gli chiede quale peccato sia punito in questa zona del Purgatorio, in modo tale da trarre informazioni utili e qualche vantaggio dalla sosta forzata. Virgilio risponde che qui viene punita l’accidia, cioè l’amore troppo tiepido verso il bene e, nel tentativo di essere ancor più chiaro, aggiunge una spiegazione che renderà l’attesa particolarmente fruttuosa: afferma che ogni creatura prova amore, che può essere naturale oppure d’elezione, e se il primo è sempre giusto, il secondo può invece errare, in quanto diretto verso l’oggetto sbagliato, oppure per scarso o eccessivo vigore. Fintanto che l’amore è diretto verso Dio ed è misurato verso i beni terreni, non si potrà mai sbagliare, mentre quando esso è diretto al male, oppure al bene ma con troppa o troppo poca energia, allora sfocia nel peccato. Dante, quindi, comprende che l’amore genera nell’uomo ogni tipo di virtù, esattamente come ogni peccato, e poiché esso non può non volere la conservazione del proprio soggetto, non si può odiare se stessi, né è possibile odiare Dio, del quale ogni essere fa parte e da cui non può essere in alcun modo diviso. Il male che si desidera, dunque, è quello del prossimo e questo può avvenire in tre modi: c’è chi è bramoso di primeggiare e punta ad eccellere calpestando gli altri (superbia), chi teme di perdere onore e fama se viene superato dagli altri, rattristandosi quando ciò accade (invidia) e c’è chi si adombra, desiderando la vendetta, quando riceve un’offesa (ira). Ognuno di questi tre peccati si scontano nelle Cornici sottostanti: tutti desiderano un bene con cui acquietare l’animo e puntano ad ottenerlo, ma se lo faranno con amore troppo debole, allora sconteranno il peccato nella IV Cornice, quella dell’accidia. Vi è, poi, un altro bene, estremamente diverso, in quanto terreno e mondano, e non rende l’uomo felice: chi vi si abbandona con eccessivo vigore, commette i tre peccati, che si scontano nelle Cornici soprastanti. Virgilio, quindi, interrompe il proprio discorso, invitando Dante a riflettere da solo su quanto gli ha appena esposto.