Purgatorio, Canto XXVII: l’ascesa alla vetta del Purgatorio
Dopo aver incontrato l'angelo della castità, Dante si addormenta e sogna Lia, quindi inizia la salita verso il Paradiso Terrestre
L’angelo della castità e il passaggio attraverso il fuoco
Il sole è ormai tramontato in Purgatorio quando compare l’angelo della castità, fuori dalla cortina di fiamme, che canta la sesta beatitudine ‘Beati mundo corde’ e invita Dante, Virgilio e Stazio ad attraversare il fuoco, poiché questo è l’unico modo per lasciare la VII Cornice. Li esorta, inoltre, a non essere sordi al canto dell’angelo che sta dall’altra parte, ma il poeta fiorentino osserva terrorizzato le fiamme, pensando alle immagini di uomini arsi vivi. Il maestro, allora, gli ricorda che in questo luogo nessuna pena può causare la morte, così come di averlo condotto sano e salvo sulla groppa di Gerione, all’Inferno. Pertanto, niente di peggiore potrebbe mai accadere ora che è così vicino a Dio: il fuoco non può nuocergli e se non si fida, basta che avvicini al rogo un lembo della sua veste. Nonostante ciò, Dante continua ad essere restio, quindi Virgilio gli rammenta che questo è l’ultimo ostacolo che lo separa da Beatrice: tale frase lo rianima, esattamente come fece Piramo quando, ormai morente, udì il nome di Tisbe. Dopo alcune osservazioni ironiche del suo mentore, che lo paragona a un fanciullo, il poeta fiorentino lo segue nel fuoco insieme a Stazio. Sente così caldo che troverebbe refrigerio persino gettandosi nel vetro incandescente e Virgilio, per confortarlo, durante il passaggio gli parla dell’amata, dicendo che gli sembra già di vedere i suoi occhi stupendi al di là delle fiamme. La voce di un angelo guida i tre poeti finché escono dalla cortina di fuoco e, una volta lì, dice loro ‘Venite, benedicti Patris mei!’, splendendo con un tale fulgore che Dante non riesce a guardarlo. L’essere celeste li informa che il sole sta per tramontare e che, pertanto, dovranno affrettare il passo prima che cali la notte e sia impossibile proseguire.
Il sogno e la salita verso il Paradiso
Dante, Virgilio e Stazio iniziano a percorrere la scala che conduce al Paradiso Terrestre, scavata dentro la roccia e rivolta verso oriente. Il poeta fiorentino non fa in tempo a notare che sta proiettando la propria ombra davanti a sé che, dopo pochi gradini, il sole tramonta del tutto e questa scompare. A questo punto, prima che sopraggiunga la notte, sfiniti dalla legge della salita, i tre si sdraiano a terra. Dante paragona se stesso a una capra che rumina placida all’ombra dopo aver pascolato tutto il giorno libera sulle montagne, e le sue due guide al mandriano che, di notte, sorveglia i suoi animali e li protegge dai predatori. Il poeta fiorentino, a causa dell’alto muro della scala che lo sovrasta, non riesce a vedere granché, ad eccezione delle stelle in cielo, che gli sembrano più grandi e luminose. Poi, vinto dalla stanchezza, si addormenta e, intorno all’alba, cioè nell’ora in cui sul Purgatorio appare la stella di Venere e i sogni sono veritieri, sogna una donna giovane e bella che vaga in una pianura, intenta a cantare e a cogliere fiori: ella afferma di chiamarsi Lia, di voler comporre una ghirlanda e che è sua intenzione farsi bella per ammirarsi allo specchio, mentre sua sorella Rachele non si stanca mai di guardare la propria immagine riflessa. Il sole, nel frattempo, sta sorgendo e la luce dell’alba fa svegliare Dante, che si alza e vede che Virgilio e Stazio sono già in piedi. Il maestro gli dice che oggi potrà finalmente ottenere quel bene che i mortali cercano affannosamente, ovvero la felicità terrena, e tali parole lo riempiono di gioia e volontà: quindi, percorre gli ultimi gradini della scala con grande rapidità, quasi volasse verso l’alto. Giunti alla fine della scala, Virgilio si rivolge nuovamente al discepolo e, con tono solenne, gli spiega di avergli mostrato sia le pene eterne dei dannati dell’Inferno sia quelle temporanee dei penitenti del Purgatorio: lo ha portato fin lì con ingegno e con arte, ma ora non può più guardare oltre con le sue sole forze, pertanto Dante potrà ora seguire il proprio piacere, in quanto fuori dalle restrizioni della redenzione. Il poeta fiorentino, di colpo, vede di fronte a sé il sole che brilla, l’erba, i fiori e le piante del giardino dell’Eden e, invitato dalla sua guida, entra nel Paradiso Terrestre, in attesa dell’arrivo di Beatrice. D’ora in avanti non dovrà più ricevere indicazioni, poiché il suo arbitrio è finalmente sano e sarebbe un errore non affidarsi ad esso, e il Canto si chiude con Virgilio che lo incorona come “signore di se stesso”.