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La nascita dell'idealismo tedesco

Johann Gottlieb Fichte è considerato il primo esponente della corrente filosofica sviluppatasi in Germania tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Idealismo tedesco e la svolta kantiana

Immanuel Kant ha introdotto la distinzione tra il mondo come appare a noi (‘fenomeno’) e le cose come sono (‘cosa in sé’), ma l’abolizione di quest’ultime sono necessarie ai fini della compiuta ‘soggettivazione’ del mondo che caratterizza il romanticismo. Per il filosofo tedesco, un ‘realista’, là fuori esiste qualcosa di ‘reale’ che non dipende da noi, totalmente cieco di fronte ai nostri sogni e capace di imporsi irresistibilmente. Anche se non siamo in grado di conoscere davvero questa ‘cosa in sé’, la dobbiamo presupporre e ne dipendiamo completamente. Innanzitutto, per Kant essa ha senso soltanto come ‘causa’ delle nostre percezioni, ma è egli stesso a dimostrare come la categoria di ‘causa-effetto’ valga solo per i ‘fenomeni’. Pertanto, la ‘cosa in sé’ non può essere causa di nulla, mentre i ‘fenomeni’ devono potersi spiegare da soli, in quanto ciascuno è effetto di ciò che precede e causa di ciò che segue. La ‘cosa in sé’, inoltre, anche qualora esistesse, sarebbe del tutto inutile. In secondo luogo, poi, la ‘cosa in sé’ dovrebbe rappresentare il concetto di ciò che sarebbe al di fuori della nostra mente ma, proprio in quanto ‘concetto’, è proprio all’interno della nostra mente: non a caso lo stesso Kant la chiama anche ‘noumeno’, cioè l’oggetto dell’intelligenza. Quindi, al di fuori di ‘noumeni’ e ‘fenomeni’, per noi – intesi come ognuno di noi, che potrebbe essere tutta la realtà, mentre gli ‘altri’ soltanto delle ombre del suo sogno ad occhi aperti (questa posizione tanto estrema quanto inconfutabile e indimostrabile è detta solipsismo) – non c’è nient’altro e qualunque cosa postulassimo come esterna a noi sarebbe sempre un prodotto della nostra mente. La conclusione, quindi, è che noi siamo tutto e che non esiste nulla al di fuori di noi.

L’idealismo tedesco e Fichte

L’idealismo, una corrente filosofica sviluppatasi in Germania tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, nasce proprio nel momento in cui la ‘cosa in sé’ viene abolita, mostrandone la duplice contraddittorietà. Gli idealisti, infatti, ricollegandosi alla tradizione pitagorico-platonica, pensano che ‘noi’, essendo ‘tutto ciò che è’, siamo lo Spirito (o l’Assoluto, o il Principio), inteso non come un Dio trascendente, bensì come l’umanità stessa che agisce nella Storia. La Natura, invece, è il ‘fenomeno’ che balena allo Spirito: in realtà, però, non è che un suo prodotto, dal momento che la ‘cosa in sé’ non esiste. Quindi, senza l’umanità non esiste l’universo, perché quest’ultimo, non essendo cosciente di sé, non potrebbe esistere. Un universo, che noi immaginiamo disabitato, è soltanto il frutto della nostra immaginazione. L’idealismo tedesco è una dottrina il cui capostipite è Johann Gottlieb Fichte, che si considera il vero erede di Kant. Egli, infatti, considera sostanzialmente valido l’intero pensiero del filosofo natio di Königsberg, tanto per quanto riguarda la scienza dei fenomeni, quanto per la teoria morale, ma con una sostanziale differenza: la ‘cosa in sé’ non esiste. I ‘fenomeni’, al contrario, vengono spiegati come una sorta di sogno dell’Io, chiamato ‘Non-Io’. Questo rappresenta tutto ciò che l’Io infinito e universale pone fuori di sé per individualizzarsi, per “rinascere” come ciascuno di noi, circondato, in uno “spazio-tempo” illusorio, dagli altri e dalla natura: una posizione originaria che avviene inconsciamente e che spiega perché i ‘fenomeni’ ci sembrano esterni e non come mero frutto della nostra immaginazione (né possiamo cambiarli per nostra volontà). Del resto, anche quando sogniamo non ci accorgiamo di sognare. Si tratta di un’immaginazione produttiva, da cui scaturisce, appunto, il mondo dei ‘fenomeni’, che agisce inconsciamente, e che corrisponde all’attività generatrice dell’Uno dei neoplatonici.