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L'idealismo assoluto: introduzione alla filosofia di Hegel

Idea, Natura, e Spirito rappresentano i tre momenti principali di questo percorso idealistico, che è assoluto in quanto la Ragione, attraverso i vari passaggi, culmina col diventare consapevole di sé come unica Realtà assoluta, che tutto comprende

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

Cos’è l’idealismo assoluto

L’idealismo assoluto è una concezione idealistica che, superando quella semplicemente gnoseologica o trascendentale di Kant, si presenta sia come un sistema della conoscenza, sia come una dottrina esaustiva della totalità del reale, riconducendola pertanto alla supremazia del proprio Pensiero Ideale, non lasciando nulla fuori di sé. Kant aveva definito il suo idealismo conoscitivo “trascendentale” o “formale”, affermando che è il soggetto umano a modellare – secondo leggi definite a priori – gli oggetti della conoscenza, ma non al punto da crearli materialmente da solo. Così, al di là dei fenomeni su cui si esercita l’attività del soggetto, egli aveva posto un impenetrabile noumeno (o “cosa in sé”), dando luogo a un dualismo in grado di togliere stabilità alla sua stessa teoria della conoscenza. Quindi, al fine di conferirle coerenza e organicità, Fichte rimosse quel suo residuo realistico, trasformandola in idealismo assoluto, fondato sulla capacità intuitiva e intellettuale del soggetto di accedere al noumeno, in cui il conoscere fosse contemporaneamente un creare, seppur in maniera del tutto inconscia. Non ammettendo nient’altro oltre l’Io, quest’ultimo diventa assoluto, in quanto il Non-Io viene reso una sua parte, posta inconsciamente come ostacolo per realizzare se stesso sul piano etico. Successivamente, Schelling, il primo a ricorrere al termine “idealismo assoluto”, obiettò a Fichte che il suo idealismo, pur presentandosi come assoluto e coerente, era ancora parziale, essendo soltanto un ideale trascendentale, da realizzare in una prospettiva etica infinita. Gli oppose, quindi, il proprio idealismo, assoluto e al contempo trascendentale, perché in esso soggetto e oggetto, cioè forma e contenuto, sono uniti immediatamente nell’Assoluto, inteso come una realtà incondizionata già realizzata a priori nell’autocoscienza dell’intuizione intellettuale, atto conoscitivo e produttivo insieme in cui consiste l’idealismo stesso.

L’idealismo assoluto di Hegel

Georg Wilhelm Friedrich Hegel, tuttavia, contestò tale visione dell’Assoluto, ritenendola un’unità indifferenziata in cui gli opposti si smarriscono in un generico anonimato, paragonato ad una «notte in cui tutte le vacche sono nere». L’Idealismo autenticamente assoluto, secondo Hegel, è soltanto quello in cui gli opposti, anziché essere uniti immediatamente, realizzino quest’unione in forma mediata, attraverso un processo dialettico caratterizzato dall’interazione tra una tesi e un’antitesi risolta da una sintesi che, superandole, rappresenta la loro confutazione e al contempo conservazione. Idea, Natura, e Spirito rappresentano i tre momenti principali di questo percorso idealistico, che è assoluto in quanto la Ragione, attraverso i vari passaggi, culmina col diventare consapevole di sé come unica Realtà assoluta, che tutto comprende. La Coscienza si rispecchia nel mondo grazie all’unità di pensiero ed essere, non più espressa come identità astratta A = A, ma viene raggiunta attraverso un processo dinamico e storico che tiene conto della loro ricchezza e delle loro differenze. L’idealismo assoluto, quindi, altro non è che l’intento dello Spirito di dimostrare, e così realizzare, questa stessa unità. Hegel affermò che la definizione “assoluto” dipendeva dal fatto che esso si presentava come la sintesi compiuta dell’idealismo di Fichte da un lato, da lui denominato «soggettivo», perché sbilanciato verso l’attività critica e agente del soggetto, e di quello schellinghiano dall’altro, designato al contrario come «oggettivo», perché vedrebbe l’idealismo dalla parte inconscia e dogmatica dell’oggetto. L’idealismo assoluto dei tre filosofi tedeschi e in particolare di Hegel, da cui nasceranno le scuole contrapposte della Destra e della Sinistra hegeliana, esercitò una forte influenza sulla filosofia della religione del mondo anglo-sassone. In Italia esso venne riformulato dal neoidealismo storicista di Croce, e da quello attualista di Gentile. Quest’ultimo riconciliò l’hegelismo con l’idealismo fichtiano, sostenendo che l’Assoluto non è un fatto, o un concetto definibile in maniera compiuta, bensì un atto, un pensare perennemente in divenire, ossia un agire mai concluso (e quindi, sia trascendentale, perché risolveva il mondo nell’autocoscienza dello Spirito pensante inteso come soggettività e come conoscere, sia «assoluto» in senso hegeliano, perché una tale autocoscienza è una totalità oggettiva risultante da una mediazione dialettica, raggiunta attraverso l’estraniarsi nell’altro da sé). Gentile, infatti, riteneva l’idealismo di Hegel ancora parziale, essendo approdato a un risultato ritenuto definitivo, immutabile, situato al culmine dello sviluppo dello Spirito, e pertanto estraneo alla totalità del suo eterno fluire. Al contrario, però, il processo con cui il Pensiero giunge a prodursi, articolandosi nei tre momenti dell’arte, della religione e della filosofia, non può essere anteriore all’atto con cui il pensiero si pensa, ma coincide con questo medesimo atto, perché non si possono formulare pensieri privi della coscienza di formularli. Sarà soltanto identificandosi nella consapevolezza di questo atto vivo del pensare che l’idealismo potrà dirsi davvero “assoluto”.