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Chi è il Minotauro, il mostro del labirinto di Creta

Il mito della creatura metà uomo e metà toro affonda le sue radici nelle civiltà che dominavano il Mediterraneo e influenzerà la cultura fino ai nostri giorni

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

Mito e leggenda si fondono in una delle più celebri figure della cultura greca, quella del Minotauro, l’orribile creatura del labirinto di Creta, fonte di molteplici interpretazioni e capace attraverso le sue simbologie di resistere al tempo, per arrivare fino ai nostri giorni con la stessa forza ed efficacia. La leggenda dell’essere metà uomo e metà toro affonda le sue radici nella storia di Creta ed Atene e dei loro sovrani Minosse e Teseo e nel passaggio di consegne tra le due civiltà che dominarono il Mediterraneo. Una delle più complete descrizioni letterarie del mito arriva da Ovidio, che ne parla nel VII libro de Le Metamorfosi agli inizi del I secolo avanti Cristo, ma il primo a citare il Minotauro è Callimaco, poeta e filosofo greco del III secolo a. C. e la prima traccia della lotta tra uomo e creatura taurina si ritrova su un’anfora proveniente da Tinos, nelle Cicladi, e risalente al 670-660 a. C.; il Minotauro è anche citato dal sommo poeta Dante Alighieri nella Divina Commedia, ovviamente nell’inferno, dove lo colloca a guardia del girone dei violenti. L’essere antropomorfo infatti contiene le contraddizioni dell’essere umano tra ragione e istinti belluini e spesso viene preso a rappresentazione del male, annidato all’interno di un inestricabile labirinto.

Nascita del Mito

Come accennato, il mito del Minotauro si colloca a Creta, nella città di Cnosso, e si fonde alle storie e alle leggende della civiltà minoica. Letteralmente Minotauro significa “toro di Minosse”, re di Creta che suo malgrado diventerà centrale nella storia. Figlio di Zeus e della bellissima Europa, fu adottato, insieme ai suoi fratelli Radamanto e Raspedonte, da Asterion, sovrano locale perdutamente innamorato della principessa fenicia. Alla morte del Re, l’isola vive momenti tumultuosi, i tre fratelli sono discendenti al trono, ma è Minosse, che invoca l’aiuto di Poseidone, chiedendo di donargli un toro da sacrificare in suo onore, ad aggiudicarsi la disfida e a diventare nuovo sovrano di Creta. Non resta che onorare la promessa fatta al Dio del mare, che gli ha fatto avere uno splendido toro bianco, talmente bello che Minosse decide di risparmiarlo, per tenerlo come animale da monta delle sue mandrie, e sacrifica un’altra bestia per ringraziare dell’aiuto divino. Accortosi dell’inganno, Poseidone decide di punire l’arroganza e la vanità del nuovo Re e lo fa instillando nella moglie di Minosse, Parsifae, un’innaturale passione per il toro bianco. La regina, perdutamente innamorata del portentoso bovino, ordina all’abile architetto ateniese Dedalo, padre di Icaro, di costruire una vacca di legno, rivestita di vera pelle di mucca. Completata la struttura, Parsifae vi si nasconde all’interno e si fa condurre nel campo dove il toro era al pascolo: il piano funziona, l’animale sacro si accoppia con la regina, che resta incinta e dà alla luce la mostruosa creatura, il Minotauro.

Il Labirinto

Inorridito, amareggiato e offeso, Minosse si sfoga su Dedalo e Icaro, rendendoli schiavi. Intanto la bizzarra creatura viene chiamata Asterion, come il “nonno”, e allevata da Parsifae come fosse un vitello. Col tempo però il Minotauro cresce in forza e in ferocia e non avendo nessuna forma naturale di sostentamento, inizia a cibarsi di carne umana. Prima che venga alla luce lo spregevole atto della moglie e per proteggere i suoi sudditi dal Minotauro, Minosse consulta l’Oracolo di Delfi, il cui vaticinio si presenta sotto forma di un cupo e massiccio labirinto, capace di contenere e nascondere il mostro. Ordina allora a Dedalo di costruirne uno, inestricabile, ai piedi del suo palazzo nella capitale minoica di Cnosso e vi confina l’orripilante creatura.

Atene e il tributo di sangue

È un momento tremendo nella vita di Minosse, che nel frattempo perde il figlio Androgeo, morto ad Atene in circostanze non chiare: alcune fonti dicono che fu assassinato per invidia e gelosia dopo aver trionfato ai Giochi Panatenaici, altre che rimase ucciso dal toro bianco di Poseidone dopo che il sovrano ateniese Egeo gli aveva chiesto di fermare l’animale che stava terrorizzando Maratona. Sia come sia, per Minosse non cambia, è Atene la colpevole ed è Atene che assedia con la sua flotta, fino a costringerla alla resa. Per placare la sua ira, Minosse strappa ad Egeo un tributo di sangue: ogni nove anni, sette fanciulle e sette fanciulli ateniesi dovranno essere consegnati a Creta, per essere condotti nel labirinto e lasciati alla mercé del Minotauro.

Teseo e il filo d’Arianna

Atene inizia così a pagare il suo macabro tributo in cambio della pace, ma le famiglie della città vivono nel terrore che per sorteggio possa toccare a uno dei loro figli, così alla terza spedizione di martiri decide di partecipare anche il principe Teseo, figlio di Egeo, determinato a raggiungere Creta per uccidere il Minotauro e porre fine al ricatto di Minosse. Appena sbarcato sull’isola, Teseo incontra le figlie del Re, Fedra e Arianna, che si innamorano di lui a prima vista. Arianna, la più audace delle due, chiede a Dedalo di svelarle i segreti del labirinto e li riferisce a Teseo, cui affida anche un gomitolo: legando l’estremità del filo all’ingresso del labirinto, sarà così in grado di ritrovare la strada del ritorno una volta portata a termine la sua missione. Seguendo le indicazioni di Dedalo, il principe ateniese giunge al centro dell’inestricabile costruzione, scova il Minotauro e lo uccide. Poi libera tutte le altre vittime sacrificali e, grazie al “filo d’Arianna”, le conduce all’uscita del labirinto. Una volta fuori, Teseo ordina la distruzione della flotta di Minosse e salpa vincitore alla volta di Atene, portando con sé anche Fedra, di cui è innamorato, e Arianna, che abbandona sull’isola di Nasso. Di qui il modo di dire “piantata in asso”, per indicare una donna abbandonata improvvisamente da un uomo. Poseidone, furioso per come Teseo ha trattato Arianna, che sarà comunque consolata e sposata da Dioniso, scatena una tempesta, che distrugge le vele bianche issate per avvisare Atene della buona riuscita della missione. Per completare la traversata vengono allora utilizzate le vele nere, con le quali Teseo era partito alla volta di Creta e che se issate anche al ritorno avrebbero comunicato la morte dello stesso Teseo per mano del Minotauro. Alla vista dei drappi neri all’orizzonte, Egeo, disperato, si lancia dalla scogliera uccidendosi e dando così il nome al mare greco.

La simbologia del Minotauro

Con il suo corpo metà umano e metà taurino, il Minotauro viene sovente preso a simbolo della nostra psiche, composta da razionalità e istinti primitivi, che si alternano tra loro. Il toro presente in ciascuno di noi, però, non rappresenta solamente i nostri più ancestrali istinti, ma anche la parte più vitale del nostro essere, quella che paradossalmente ci rende irrazionalmente umani e non soggetti governati dalla pura e lucida ragione. Solo recentemente la figura del Minotauro ha subito dei tentativi di riabilitazione, che ne hanno fatto l’inconsapevole vittima di lussuria e giochi di potere, capro espiatorio delle mire di Minosse e Teseo.