Eugene Gladstone O’Neill nasce a New York il 16 ottobre 1888, è un noto drammaturgo statunitense. Vince il premio Nobel per la letteratura nel 1936, è un artista di fondamentale importanza per il teatro negli USA che, per l’ostracismo puritano contro gli spettacoli dell’epoca, è praticamente inesistente.
Ed è proprio per questo motivo che O’Neill riprende le idee, le tecniche e gli strumenti del teatro europeo e decide di ricreare le maschere e il coro del teatro greco, usa le tecniche del melodramma e del realismo ibseniano, fondendole sapientemente con quelle dell’espressionismo di August Strindberg. Possiamo definire l’opera di O’Neill come il primo tentativo di rappresentare in maniera critica disgregazione, alienazione e corruzione della civiltà statunitense.
O’Neill è figlio di un attore, studia alle università di Princeton e Harvard e si laurea infine a Yale nel 1926. La sua gioventù è molto avventurosa, fa numerosi viaggi in America Centrale e Meridionale, in Inghilterra, in Africa meridionale. Diventa poi attore, ma solo dopo aver fatto il giornalista ed essersi occupato d’affari. Si trasferisce a Provincetown e inizia a scrivere brevi drammi (1914). Vince ben tre volte il premio Pulitzer, nel 1920 con Beyond the Horizon, nel 1922 con Anna Christie e l’ultimo nel 1928 con Strange Interlude.
Grazie alle sue infinite esperienze di viaggio nascono sette opere in un atto. In Beyond the horizon (1920) emerge il duplice aspetto dell’arte di O’Neill, il realismo violento e la tendenza immaginativa a crearsi un’esistenza diversa dal reale, tematiche in forte contrasto, che non si fondono mai, trattate anzi in modo dilettantesco.
Scrive All God’s chillun got wings, nel 1924, in difesa degli afroamericani, Desire under the elms, lo stesso anno, colmo di spunti psicanalitici. Risente molto intanto dell’influenza del teatro europeo e scrive, basandosi su un orientamento espressionistico, The emperor Jones (1921) e The hairy ape (1922).
Nella personalità di Eugene O’Neill spiccano molto gli elementi poetico e romantico, l’uomo esprime un profondo pessimismo e fatalismo. Nel 1927, scrivendo Strange interlude rompe tutti gli schermi e le regole: in nove atti, in cui si avvale delle battute in disparte, ovvero quelle in cui l’attore che parla dà a sé stesso la risposta del suo individuo interiore, realizza una tragedia di desideri frustrati.
Si concentra su opere incentrate sul pessimismo e sui problemi religiosi, a parte la parentesi di commedia piacevole Ah wilderness! (1933). Nota di quest’ultimo periodo della sua esistenza, la tragedia autobiografica Long day’s journey into night del 1940 che O’Neill chiede di divulgare solo dopo la sua morte (rappresentata nel 1956). Muore a Boston il 27 novembre 1953, a 65 anni.