Le citazioni di: Giovanni Pascoli

Il poeta Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, paese in provincia di Forlì che in suo onore diventerà San Mauro Pascoli. È considerato uno dei maggiori poeti italiani, e insieme a Gabriele D’Annunzio uno dei principali esponenti del Decadentismo. Celebre è la sua poetica del fanciullino: per Pascoli ogni persona ha in sé un fanciullino, spirito in grado di meravigliarsi anche delle piccole cose, proprio come un bimbo. Il poeta, rispetto all’uomo comune, è colui che riesce ad ascoltare e dare voce al proprio fanciullino.

Proveniente da una famiglia benestante (il padre Ruggero è amministratore di una tenuta dei principi Torlonia), deve affrontare l’assassinio del papà, ucciso con una fucilata quando Giovanni ha solo 12 anni. L’evento è richiamato in due componimenti poetici di Pascoli, La cavalla storna e X Agosto.

Dopo una serie tremenda di lutti (Pascoli perde la madre e diversi fratelli), si trasferisce a Rimini dove frequenta il liceo classico Giulio Cesare. Grazie ad una borsa di studio può iscriversi all’Università di Bologna, (Giosuè Carducci è tra i suoi docenti) dove si avvicina alle idee anarco-socialiste: nel 1879 viene arrestato dopo aver manifestato contro la condanna di alcuni anarchici.

Con il passare del tempo si allontana dalle idee anarchiche per abbracciare un socialismo umanitario. Quando nel 1900 il re Umberto I viene ucciso dall’anarchico Gaetano Bresci, Pascoli prende le distanze e compone la poesia Al re Umberto. Dopo la laurea insegna in diversi licei e collabora con la rivista Vita Nuova, dove vengono pubblicate le prime poesie della raccolta Myricae. Divenuto professore universitario nel 1895, il suo lavoro lo porta in giro per l’Italia: tuttavia trova la sua stabilità solo a Castelvecchio, nel comune di Barga, in Toscana.

La sua vita sentimentale è molto difficile e presto deve abbandonare le sue velleità di vita coniugale. Gli ultimi anni di vita di Pascoli sono molto complessi. La disgregazione della sua famiglia e i diversi lutti subiti lo spingono verso l’alcolismo e la depressione.

Tuttavia, nel 1906 succede a Carducci alla cattedra di letteratura italiana all’Università di Bologna. Nel 1911 si schiera a favore dell’imperialismo nella guerra di Libia: il 6 aprile 1912 muore a Bologna. Gli era stata diagnosticata una cirrosi epatica, anche se la causa ufficiale viene attribuita ad un tumore allo stomaco.