Le citazioni di: Gabriele D’Annunzio

Gabriele D'Annunzio, esponente del Decadentismo

Gabriele D’Annunzio nasce a Pescara Vecchia il 12 marzo 1863. È uno scrittore, un poeta, un drammaturgo, un militare, un giornalista e un patriota italiano. Il simbolo del decadentismo e figura di spicco durante la Prima Guerra Mondiale.

La sua produzione letteraria è tale da essere stato soprannominato il vate, che significa “poeta sacro, profeta”. Influenza, infatti, gli usi e i costumi del Paese. Ecco perché il periodo in cui crea le sue opere viene poi chiamato dannunzianesimo. La sua è una vocazione, lo dimostra la sua affermazione: “Io ho quel che ho donato”.

Terzo di cinque figli, proviene da una famiglia borghese e vive un’infanzia serena. È intelligente e vivace, sensibile come la madre, sanguigno come il padre. Da lui eredita anche la passione per le donne e la facilità nel far debiti. La figura paterna viene ricordata nelle Faville del maglio e citata nel Poema paradisiaco, ma anche nel romanzo Trionfo della morte.

Ambizioso e senza inibizioni, sedicenne scrive a Giosuè Carducci, il poeta più stimato dell’epoca. La sua prima opera risale al 1879, si intitola Primo vere e viene finanziata dal padre. Una raccolta di poesie dal discreto successo. Dopo la maturità, si trasferisce a Roma per studiare alla Facoltà di Lettere, ma non ha mai terminato il percorso accademico.

La decade che va dal 1881 al 1891 è decisiva per la sua formazione. Si forma il suo stile raffinato e comunicativo, si definiscono la sua visione del mondo e la sua poetica. Viene influenzato da scrittori e giornalisti dell’epoca. Il suo stile giornalistico è esuberante, raffinato e virtuosistico: molto apprezzato dai lettori desiderosi di novità.

Nel 1883 accetta il matrimonio riparatore con Maria Hardouin, duchessa di Gallese. Dalla loro unione nascono tre figli. Dopo pochi anni arriva la separazione. Nel 1887 incontra la sua amante, Barbara Leoni, una storia che dura appena cinque anni ma che lo segna per sempre. È lei la donna della sua vita.

In quegli anni, per i suoi articoli, usa lo pseudonimo di “Duca Minimo“. Il successo arriva però con il suo primo romanzo, Il piacere (1889). Al centro la figura dell’esteta decadente. Il suo successo è dato dal suo stile appariscente e immaginoso. Da “grande divo” riesce a nutrire il bisogno di mistero e di sogni, di “vivere un’altra vita”.

Per un periodo vive a Napoli. Inizia una relazione epistolare con l’attrice Eleonora Duse, si conoscono nel 1894 e nasce l’amore, ragione per cui si trasferisce a Firenze. È in questi anni che prende vita la maggior parte della drammaturgia dannunziana.

Nel 1897 inizia la sua esperienza politica. Eletto deputato con l’estrema destra, tre anni dopo passa con l’estrema sinistra affermando: “Vado verso la vita”. Una protesta contro Luigi Pelloux e le “leggi liberticide”. Dal 1900 al 1906 è molto vicino al PSI.

Nel 1901 inaugura con Ettore Ferrari, Gran Maestro della massoneria, l’Università Popolare di Milano. Diventa massone ed è 33° grado della Gran Loggia d’Italia degli Alam. Successivamente viene iniziato al martinismo.

Il rapporto con la Duse si incrina dopo la pubblicazione de Il fuoco, a causa della descrizione impietosa della loro relazione e del tradimento con Alessandra di Rudinì. Gabriele D’Annunzio sperpera molto denaro. La relazione con Nathalie de Goloubeff lo spinge a trasferirsi in Francia, in questo modo scappa anche dai creditori. Nonostante la lontananza, partecipa al dibattito politico precedente alla Prima Guerra Mondiale.

Nel 1915 ritorna in Italia e comincia la sua politica interventista. Con lo scoppio del conflitto con l’Austria-Ungheria, Gabriele D’Annunzio, cinquantaduenne, si arruola come volontario. Durante un atterraggio di emergenza perde un occhio. Nel periodo della convalescenza compone Notturno.

Nel 1919 guida la spedizione per l’occupazione della città di Fiume, così raggiunge l’apice del proprio mito personale e politico. L’anno dopo aderisce al Fascio di combattimento di Fiume. Il suo governo vara leggi sui diritti dei lavoratori, le pensioni di invalidità, il suffragio universale maschile e femminile, la libertà di opinione, quella di religione e di orientamento sessuale, la depenalizzazione dell’omosessualità, del nudismo e dell’uso di droga, la funzione sociale della proprietà privata, il corporativismo, l’autonomia locale e il risarcimento per gli errori giudiziari.

Nel 1920, i governi jogoslavo e italiano stipulano il trattato di Rapallo che fa di Fiume una città libera. Una decisione che non piace a Gabriele D’Annunzio. Nel 1921 opta per un esilio volontario a Gardone Riviera, dove si impegna alla riqualificazione della zona.

Assieme a Filippo Tommaso Marinetti, è uno dei primi firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, ma non vede di buon occhio l’alleanza con la Germania nazista. La sua salute comincia a essere cagionevole. Muore il primo marzo del 1938 a causa di un’emorragia celebrale nella sua villa a Gorgone Riviera.

Fra le opere principali, troviamo Canto novo, una raccolta di poesie; Intermezzo di rime; Il libro delle vergini – San Pantaleone; Il piacere; L’innocente; Poema paradisiaco; Il trionfo della morte; Le vergini delle rocce; La città morta e La gioconda. E ancora Il fuoco; Le novelle della Pescara; Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi; La figlia di Iorio; La fiaccola sotto il moggio; La nave; Forse che sì, forse che no e Notturno. Da citare Il libro segreto di Gabriele D’Annunzio.