Mohāndās Karamchand Gandhi, più comunemente noto con l’appellativo onorifico di Mahatma – che vuol dire “grande anima”, ma traducibile anche come “venerabile”-, è un politico, filosofo e avvocato, ma anche il fondatore della nonviolenza e il padre dell’indipendenza indiana.
Nasce il 2 ottobre del 1869 da una famiglia agiata di Porbandar e già da giovanissimo si appassiona agli studi giuridici, tanto da compire quelli superiori a Londra, dove consegue anche la laurea.
Nel 1893 si trasferisce in Sudafrica con l’incarico di consulente legale per una ditta indiana. Ma durante un viaggio in treno il capotreno gli intima di lasciare lo scompartimento di prima classe e spostarsi in quello di terza, dove viaggia la gente di colore. Gandhi mostra il biglietto di prima classe e poi anche il suo tesserino di avvocato. Ma, nonostante questo, all’arrivo alla stazione di Maritzburg viene espulso dal mezzo di trasporto.
Questo evento, ma anche gli anni che trascorre in Sudafrica (1893-1914), gli fanno prendere coscienza delle condizioni di vita nel Paese. Per questo motivo decide di lottare contro le discriminazioni razziali. In particolare, nel 1906 lancia il suo metodo di lotta basato sulla nonviolenza, denominato anche Satyagraha: una forma di non-collaborazione radicale con il governo britannico, concepita come mezzo di pressione di massa.
Con l’inizio della Prima Guerra Mondiale Gandhi torna in India e in seguito a uno sciopero viene arrestato. Il 13 aprile 1919 ad Amristar, il generale Reginald Dyer ordina alle truppe di aprire il fuoco sulla folla che assiste a un comizio in una piazzetta della città, causando più di 1500 tra morti e feriti. Evento che trasforma Gandhi nell’anima del movimento di resistenza.
Per tre volte incarcerato, inizia il suo primo sciopero della fame. Liberato per l’ultima volta nel 1944, partecipa ai negoziati che si concludono con la proclamazione dell’indipendenza dell’India: il 15 agosto 1947. Tuttavia, Gandhi vive questo momento con dolore, pregando e digiunando poiché il subcontinente indiano è diviso in due stati – India e Pakistan – la cui creazione sancisce la separazione fra indù e musulmani. Infatti, il tutto culmina in una violenta guerra civile che costa, alla fine del 1947, quasi un milione di morti e sei milioni di profughi.
Sfortunatamente, il suo atteggiamento moderato sul problema della divisione del Paese non piace a un fanatico indù, Nathuram Godse, che lo uccide il 30 gennaio 1948, durante un incontro di preghiera a Nuova Delhi.