Boom dell'occupazione in Italia? La "beffa" per i giovani
L'occupazione in Italia aumenta, secondo gli ultimi dati noti, ma non per i giovani: scopri i numeri e i motivi che evidenziano questo paradosso
L’occupazione italiana è aumentata negli ultimi anni, ma se si guarda alla fascia di popolazione dei giovani, in realtà, è crollata. Infatti, la crescita di persone impegnate nel mondo del lavoro è legata agli over 50, mentre giovani e donne registrano ancora numeri negativi. Ad evidenziarlo è il nuovo Rapporto Inapp 2024, che getta luce su questo paradosso italiano.
- Occupazione italiana in crescita, ma non per i giovani: il paradosso
- Gli altri squilibri nei numeri sull'occupazione in Italia
Occupazione italiana in crescita, ma non per i giovani: il paradosso
In circa vent’anni l’occupazione giovanile è crollata. Il Rapporto Inapp 2024, condotto dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche e presentato il 14 gennaio 2025 alla Camera dei Deputati, parla chiaro: in Italia il tasso di occupazione della fascia di età 15-64 anni è arrivato al 62,3% (con oltre 24 milioni di persone impiegate ad agosto 2024), mentre il tasso di disoccupazione è sceso parallelamente al minimo storico del 6,2%, ma è anche vero che se si guarda alle fasce più giovani i numeri sono tutt’altro che positivi.
Il balzo dell’occupazione generale, infatti, non si riflette in un aumento di lavoratori tra i giovani. Anzi, negli ultimi 20 anni la situazione per loro è peggiorata. La “beffa” del lavoro giovanile appare evidente guardando ai numeri: se nel 2004 l’indicatore degli occupati under 34 rispetto a quelli senior (50-64 anni) era in positivo di circa 11 punti percentuali, dal 2009 quel rapporto si è invertito e a fine 2020 era in negativo di circa 20 punti percentuali. Secondo quanto chiarito dal Rapporto Inapp 2024, “se gli anni immediatamente successivi alla pandemia avevano visto una crescita nell’occupazione dei più giovani e la contestuale riduzione del gap, nell’ultimo periodo questa tendenza sembra essersi invertita, con il divario giovani/adulti risalito a oltre 19 punti nel II trimestre 2024”.
Il risultato? Nel 2004 i giovani occupati erano 7,6 milioni, nel 2023 erano 5,4. Le cause di questa diminuzione progressiva nel numero di occupati giovani sono da ricercare in fattori strutturali quali l’invecchiamento della popolazione (l’Italia è il secondo Paese più vecchio al mondo dopo il Giappone con un’età media di 48,4 anni – dati Eurostat del 2023), l’allungamento dei percorsi di istruzione, le difficoltà di ingresso e permanenza nel mondo del lavoro e la ripresa della tendenza migratoria tra i più giovani (soprattutto quelli più qualificati). Ma non solo. Ad influire sono stati anche gli interventi politici con le riforme del sistema pensionistico, “che hanno tardato l’uscita dal mercato del lavoro delle coorti più anziane, determinando un incremento nei loro livelli di partecipazione”.
Il rapporto evidenzia che a crescere è invece l’occupazione degli over 50 negli ultimi dieci anni, “pur nel contesto di ripresa dell’occupazione dei 15-34enni registrato a partire dal secondo trimestre 2021”. La conseguenza? L’età media degli occupati e della forza lavoro risulta in crescita (nel 2022 ha raggiunto i 42 anni). Ad esempio, nel secondo trimestre 2024, “l’incremento tendenziale di 329 mila occupati è stato determinato per l’80% dagli occupati con più di 50 anni (263 mila, il 2,8% in più, a fronte di +1% tra gli occupati di 35-49 anni e il calo dello 0,3% tra i 15-34enni)”.
Gli altri squilibri nei numeri sull’occupazione in Italia
Oltre a forte divario tra occupazione giovanile e senior, il Rapporto Inapp 2024 evidenzia altre anomalie, ormai tristemente conosciute: lo squilibrio di genere (con un tasso di occupazione femminile fermo al 53,5%) e lo squilibrio geografico (occupati al 70% al Nord, sotto al 50% al Sud). Insieme al divario generazionale, questi fattori incidono fortemente nell’allontanamento del livello di occupazione italiano rispetto a quello medio Ue, che è del 70,9%.
Inoltre, soprattutto tra donne e giovani, il numero di inattivi, ovvero persone che non lavorano e non sono in cerca di un’occupazione, resta elevato (soprattutto al Sud). Il rapporto rileva che “il potenziale assorbimento delle persone in cerca di lavoro risulta inferiore al potenziale della domanda di lavoro per via della carenza di lavoratori in possesso di competenze coerenti con i profili richiesti dalle imprese, e per il mutamento delle aspettative delle giovani generazioni rispetto al lavoro”.