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Velasco Fonte foto: IPA

Cos'è l'intelligenza: l'insegnamento di Velasco (che cita Messi)

Il ct della nazionale azzurra femminile di volley Julio Velasco svela aneddoti sulla sua carriera e sulla sua idea d'intelligenza: cos'ha detto

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Julio Velasco è l’amatissimo allenatore medaglia d’oro olimpica con le ragazze del volley. Il commissario tecnico della nazionale femminile italiana ha rivelato in un’intervista una serie di aneddoti sulla sua vita e sul suo modo di pensare. Tra questi c’è stato spazio per citare anche altri sportivi come Maradona e Messi. Proprio quest’ultimo è stato al centro di una frase sull’intelligenza, il calciatore è reputato un genio pur non avendo mai letto un libro e facendo fatica a parlare.

L’insegnamento sull’intelligenza di Velasco, citando Messi

Nell’intervista pubblicata dal ‘Corriere della Sera’, Aldo Cazzullo ha chiesto al ct della nazionale femminile del volley: “Messi non ha mai letto un libro in vita sua e fatica pure a parlare, ma è un genio. Com’è possibile?”. La spiegazione di Julio Velasco non poteva essere più chiara e semplice: “L’intelligenza non è solo quella teorizzata da Platone e Cartesio. Il cervello funziona in modo specifico. Scannerizzare il campo come fa Messi, o restare in equilibrio sulla trave come Simone Biles o Alice D’Amato, è una forma di intelligenza”.

Per l’allenatore esistono diversi tipi di intelligenza che possono rendere una persona geniale in un campo ma non in un altro e non hanno nulla a che fare con la cultura, anche se comunque richiedono un importante studio e allenamento. In questo senso Messi o Simon Biles sono dei geni perché il loro cervello gli permette di eccellere nella disciplina che praticano.

Da argentino però, al quesito se preferisce Messi o Maradona, il ct è netto: “Maradona. Nel mondo era rispettato e ammirato; ma soltanto noi argentini e i napoletani gli volevamo davvero bene. Era un uomo pieno di difetti, e proprio per questo vicino alle persone normali. Non era facile essere Maradona”.

Il segreto sul talento di Velasco come allenatore

Ma un genio può essere considerato anche Velasco che al Ferro Carril ha vinto quattro campionati argentini consecutivi, quando fu vice della Nazionale argentina, per la prima volta la squadra salì sul podio mondiale, ha allenato pure la nazionale dell’Iran, vincendo due campionati asiatici e nell’85 era già alla Panini di Modena, dove vinse quattro scudetti consecutivi. Alla domanda su quale sia il suo segreto, il ct ha risposto: “Non c’è un segreto. Ci sono tanti fattori. Il primo è trovare giocatori con qualità magari ancora inespresse però di alto livello. Il secondo è trovare l’ambiente incline al cambiamento. Molti allenatori puntavano tutto sulla tecnica. Che è importante; ma è un mezzo, non un fine. Il fine è il gioco. E il gioco è una questione più complessa”.

Poi Velasco ha aggiunto: “Un allenatore, e in genere un leader, non fa nulla. Fa fare le cose agli altri. E deve convincerli. L’allenatore è prima di tutto un insegnante; per questo deve uccidere il giocatore che è stato. Se non lo fa, rischia di fallire; e più forte è stato, più il rischio è alto. Capello, Cruijff, Guardiola, Ancelotti ci sono riusciti; Maradona e Platini no”. Ma come si fa a convincere i giocatori? “Con l’empatia. Devi capire che l’altro è altro, è diverso da te, e motivarlo con la sua motivazione, non con la tua. Devi fare un po’ come Socrate, che con le domande faceva ragionare, guidava”.