Elena Graziani e il figlio autistico: la denuncia sulla scuola
La denuncia di Elena Graziani, madre di un bambino autistico, sulla scuola: cos'ha raccontato la donna di Nembro, nella provincia di Bergamo
Elena Graziani è la madre di un bambino che frequenta il secondo anno della scuola primaria statale a Nembro, nella Bergamasca. La donna ha raccontato che da “quattro anni io e mio marito paghiamo di tasca nostra una terapista che va ogni settimana a scuola per spiegare ai docenti come interagire correttamente con nostro figlio, autistico. Ormai siamo abituati. Quest’anno però il percorso fatto finora è da buttare perché dall’oggi al domani ci è stata tolta l’insegnante di sostegno e chiunque arrivi a sostituirla, non si sa ancora chi e quando, dovrà ripartire da capo con la formazione”.
Il metodo e le necessità del figlio di Elena Graziani
La mamma del bambino ha spiegato nel suo sfogo che il figlio “ha forti compromissioni comportamentali, può diventare violento, e quindi per gestirlo servono strategie particolari, dettate da una psicologa e poi messe in atto da una terapista. Per convincerlo a entrare in classe o anche solo a stare seduto al suo banco non basta chiedergli di farlo o magari mettere in atto i classici trucchetti psicologici che possono funzionare per gli altri bambini”.
Uno dei modi per farlo entrare in classe lo scorso anno era, per esempio, “mostrargli uno sticker a forma di animale da attaccare sul quaderno” che bisognava poi dargli “come premio una volta entrato”. Alessandro segue il metodo Aba, Applied behavior analysis (analisi comportamentale applicata), un sistema che deve essere applicato in tutti gli ambiti della quotidianità del bambino per essere efficace e ci sono pochi insegnanti che abbiano la formazione necessaria. Il bambino, dall’asilo, ha iniziato a essere seguito con questo metodo e i genitori pagano una terapista “perché entri settimanalmente a scuola e si confronti con le maestre, dando loro le indicazioni necessarie”.
Finora l’iter è stato possibile ma non agevole. “L’educatore e l’insegnante di sostegno non c’erano mai per l’inizio dell’anno scolastico, ogni volta dovevamo aspettarli, come purtroppo accade a moltissime altre famiglie di studenti con disabilità intellettive”, ha detto Elena Graziani.
“Sulle 36 ore che mio figlio trascorre a scuola ogni settimana, ha diritto a 10 con l’educatore e a 22 con l’insegnante di sostegno, che è sempre cambiata anno dopo anno. Questo – ha aggiunto – è di per sé un problema perché per lui la routine è fondamentale, ma in ogni caso con l’insegnante di quest’anno, Alessandra, si trovava bene. Avevano instaurato un ottimo rapporto e lei aveva già incontrato la nostra terapista Aba”.
La denuncia di Elena Graziani sulla scuola
Come riporta ‘Il Giorno’, dopo due settimane dall’inizio dell’anno scolastico 2024/2025 la nuova insegnante di sostegno del bimbo ha comunicato ai genitori del piccolo che aveva appena saputo di aver vinto il concorso e di essere diventata docente di ruolo in una scuola di Como, dove si sarebbe dovuta presentare da subito. “È stata costretta ad andarsene in fretta e furia – ha denunciato Elena Graziani – e credo che la sua vita sia stata sconvolta quanto la nostra, perché lei è di Bergamo. Ma il più provato è ovviamente il mio bambino”.
Il bambino ha visto venire meno uno dei suoi punti di riferimento e ha reagito male: “Lunedì non voleva saperne di andare a scuola e quando mio marito l’ha accompagnato si rifiutava di entrare – ha raccontato la madre – Ieri invece ha avuto un’altra crisi comportamentale e non voleva nemmeno vestirsi. Io riesco a gestirlo piuttosto bene perché ho fatto un corso per diventare a mia volta terapista Aba, ma la situazione è complicata”.
“In questo momento è rimasto solo l’educatore per 10 ore settimanali e poi c’è il maestro che però deve gestire tutta la classe, dove oltre a mio figlio ci sono altri due bambini disabili – ha concluso Graziani – Come si può pensare che ce la faccia? E la dirigenza scolastica sta aspettando che qualcuno dei presenti in graduatoria che vengono via via contattati accetti l’incarico. Mentre si attende, però, il diritto allo studio non è garantito”.