Ha dato allarme bomba a scuola per scherzo: punizione esemplare
Uno studente aveva telefonato ai vigili del Fuoco per informare della presenza di una bomba nell'istituto scolastico: punito per procurato allarme
Lanciare un falso allarme bomba è un reato e, per questo motivo, uno studente delle superiori è stato punito dalla legge. Un ragazzo aveva infatti telefonato ai vigili del Fuoco per avvisarli della presenza di un ordigno nel suo istituto scolastico, ma si trattava di uno scherzo. La burla è arrivata in tribunale con il giudice che ha deciso una pena esemplare.
Il falso allarme bomba dello studente
La vicenda è accaduta in Abruzzo nel maggio 2023. All’epoca dei fatti lo studente aveva 16 anni. La sua telefonata ai vigili del Fuoco con il falso allarme non solo aveva portato all’evacuazione immediata della scuola frequentata dal giovane ma anche di un altro istituto situato nelle vicinanze.
Il ragazzo è però stato rintracciato in poco tempo ed è stato denunciato al Tribunale dei Minori che, dopo quasi due anni, ha emesso la sua sentenza sull’accaduto.
La punizione decisa dal Tribunale
Il Tribunale dei Minori de L’Aquila ha accolto l’istanza di messa alla prova avanzata dal legale dello studente, all’esito della quale il giudizio verrà dichiarato estinto e non ci sarà condanna. Il minore ha spiegato al giudice che il suo voleva essere solo uno scherzo aggiungendo, come riporta Il Messaggero, che “non conoscevamo le conseguenze”, frase che richiama alla possibilità che altri avessero partecipato alla burla. Alla fine il giudice ha deciso di condannare il ragazzo a 8 mesi di volontariato.
Il caso dello studente abruzzese non è l’unico in Italia. Per esempio, recentemente, un giovane romano ha inscenato la presenza di un ordigno a scuola solo per evitare un’interrogazione. Ciò accade probabilmente perché i giovani non sanno che la diffusione di notizie false che inducono a temere per la sicurezza pubblica o privata è un reato, più precisamente si tratta di “procurato allarme”.
Perché il procurato allarme è reato
Il procurato allarme è spiegato nell’articolo 658 del Codice Penale che recita: “Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l’Autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 516 euro”. Il ragazzo abruzzese ha quindi rischiato una pena ben più severa.
Il falso allarme è considerato un reato per ben quattro ordini di motivo: interferenza con i servizi di emergenza, rischio di panico collettivo, costi economici e organizzativi e tutela della sicurezza pubblica. Nello specifico il procurato allarme viene punito perché crea problemi di sicurezza, economici e sociali di diverso tipo ovvero:
- Le forze di polizia, i vigili del fuoco e il personale medico possono essere dirottati inutilmente verso una situazione inesistente, ritardando il loro intervento in reali situazioni di pericolo.
- Diffondere notizie false può generare paura, caos e comportamenti irrazionali nella popolazione, aumentando il rischio di incidenti o reazioni sproporzionate.
- Ogni intervento delle forze dell’ordine o dei servizi di emergenza comporta costi significativi per la collettività, che non possono essere giustificati da falsi allarmi.
- Il reato mira a proteggere l’ordine pubblico, evitando che la popolazione venga allarmata inutilmente o che le istituzioni siano messe sotto pressione senza motivo.