Il primo soccorso a scuola è un caso: non si applica la legge
Una legge prevede l'insegnamento delle manovre di primo soccorso a scuola, ma quasi nessuno la applica: ci pensano le associazioni di volontariato
Se non ci fossero le associazioni di volontariato l’insegnamento delle manovre di primo soccorso a scuola non si farebbero. Eppure in Italia esiste una legge che prevede delle ore di lezione per poter imparare piccoli gesti che possono letteralmente salvare una vita. Sono molti i volontari che organizzano corsi che vengono poi proposti ai dirigenti scolastici degli istituti di ogni grado e ordine, per poter colmare un gap che è ancora presente nelle nostre scuole, nonostante si sia legiferato in materia.
Primo soccorso a scuola, cosa dice la legge
La Legge 116 del 4 agosto del 4 agosto 2021 è stata emanata dal Governo italiano per promuovere l’insegnamento delle manovre di primo soccorso, in particolare per quello che riguarda l’utilizzo dei DAE, i defibrillatori semiautomatici e automatici esterni. Una legge all’avanguardia, che però non funziona, visto che “nessuno” la mette in pratica.
Entrata in vigore nel 2021 non è ancora stata pienamente compresa: l’insegnamento delle manovre salvavita (rianimazione cardiopolmonare e defibrillazione) da eseguire in caso di arresto cardiaco non fa parte dei programmi didattici italiani.
Eppure la legge prevede che sia svolto anche a scuola, oltre che nelle sedi delle pubbliche amministrazioni con almeno quindici dipendenti e con servizi aperti al pubblico, con priorità proprio alle scuole di ogni ordine e grado e alle Università.
Eppure lo sanno tutti che in caso di arresto cardiaco anche i secondi contano e una rianimazione tempestiva può fare la differenza tra la vita e la morte: i soccorritori “istituzionali” impiegano un po’ di tempo ad arrivare sul luogo ed è nei primi cinque minuti che bisogna intervenire per poter evitare potenziali danni cerebrali irreversibili.
Spiegare a più persone possibili cosa sono e come si praticano le tecniche di rianimazione cardiopolmonare (RCP) e come si usa un defibrillatore esterno (DAE) è di fondamentale importanza, perché tutti potremmo trovarci in una situazione nella quale queste nozioni possono essere d’aiuto a chi viene colpito da arresto cardiaco.
A scuola a lezione di primo soccorso con le associazioni
Laddove ci sono carenze istituzionali, come spesso accade sono le associazioni a tentare di colmare il vuoto. Per fortuna sono tante le iniziative di corsi di primo soccorso nelle scuole, anche grazie ai sistemi 112/118 sparsi sul territorio e ai volontari che si danno da fare per insegnare le manovre salvavita. Come fa l’associazione Aicarn Aps, che ha spiegato il suo operato in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.
Annalisa Gebbia e Matteo Pinciroli hanno spiegato nell’intervista perché hanno organizzato questi corsi: “É nostra convinzione che le tecniche di rianimazione cardiopolmonare (RCP) ed uso del defibrillatore esterno (DAE) debbano essere apprese durante il corso di formazione scolastico negli alunni di età superiore a 16 anni, come già avviene nella maggioranza dei Paesi europei”.
Il corso viene proposto alle scuole superiori di Milano che ne hanno fatto richiesta ed è reso possibile grazie alla collaborazione tra Aicarm, Istituto Auxologico di Milano e Fapy srl. La formazione segue le linee guida dell’Italian Resuscitation Council e rilascia anche un attestato di partecipazione per ottenere crediti formativi. Il corso è formulato con una parte teorica su cos’è un arresto cardiaco, come riconoscerlo e cosa fare e una parte pratica, in cui si impara a fare un massaggio cardiaco su un manichino e a usare il DAE.
Cosa pensano i ragazzi dei corsi di primo soccorso a scuola
Annalisa Gebbia ha raccontato nell’intervista che in merito a questi incontri con professionisti del settore “c’è molto entusiasmo. Dopo il primo corso i ragazzi mi hanno scritto che per loro è stata una esperienza pratica e formativa molto bella ed utile. La scuola ha chiesto se possiamo formare più classi. I ragazzi si sono mostrati attenti entusiasti e volenterosi di imparare e capire come possono dare il loro contributo nel caso dovessero trovarsi in una situazione di arresto cardiaco”.
Quello che è emerso è che spesso “nessuno conosce la normativa esistente, chiedono se ci possono essere conseguenze penali. Vogliono capire e sapere cosa possono fare e come comportarsi. Istruzioni chiare e precise. Importante è trasmettere il messaggio che si offre eventualmente una possibilità in più e una migliore qualità della ripresa, in attesa dei soccorsi”.