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Interrogazione Fonte foto: iStock

"I prof interrogano ancora come nel 1890": la polemica social

Si discute sul modo d'interrogare gli studenti a scuola che per alcune persone sarebbe ormai superato, cosa risponde la prof

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Il mondo della scuola sta cambiando sia per motivi sociali legati alla trasformazione della società che a causa delle nuove tecnologie che+ hanno un impatto imponente sulla quotidianità delle persone, sia adulte che giovani. Molti ragazzi usano l’intelligenza artificiale e anche la soglia d’attenzione è diversa rispetto a un secolo fa. Una discussione che è nata riguarda persino il modo di fare le interrogazioni.

La polemica sulle interrogazioni come nel 1890

Su Famiglia Cristiana è stata riportata la lettera di una madre di nome Lara. La donna ha spiegato di aver letto sui social una frase: “I docenti interrogano nel 2025 come nel 1890. Così sono inefficaci e generano ansia“.

Lara ha aggiunto che la frase l’ha fatta pensare alla sua esperienza e l’ha fatta riflettere sul confronto con quella dei suoi figli. Il risultato è stato la constatazione “con una certa amarezza” che poco è cambiato nel mondo della suola tra i tempi della donna e quelli dei suoi figli.

La replica della prof Spotorno

Alla lettera inviata da Lara ha risposto la prof. Paola Spotorno. L’insegnante ha sottolineato che l’esperienza scolastica di Lara è molto più recente del 1890, ma comunque la sua scuola, quella dei suoi figli e quella della stessa prof. “sono diverse da quel che è stata la scuola fino agli anni ’60”.

La docente mette poi in luce che, in ogni caso, il commento letto da Lara sui social “seppur esagerato, mette in luce aspetti che legano ancora la scuola a vecchi modelli educativi e pedagogici. Modelli imparati da studenti sui banchi di scuola e che sono diventati una guida per chi ha deciso di fare l’insegnante”.

Secondo Paola Spotorno “ancora non esiste una formazione adeguata per diventare docenti, soprattutto nella scuola media e superiore. Molti arrivano in classe con una solida formazione accademica, ma poca esperienza su come valutare davvero i modi per far crescere”.

Il dibattito su interrogazioni e compiti a casa

La prof Spotorno ha segnalato che anche giovani colleghi che stanno frequentando i corsi abilitanti per l’insegnamento riportano un’esperienza che fa riferimento ai contenuti da insegnare, ma molto meno su come insegnarli e su come verificare le modalità di apprendimento.

In questo contesto sarebbe quindi facile ricadere nel “si è sempre fatto così”, ovvero con l’interrogazione frontale, il compito e il voto.

“Senza soffermarsi a riflettere che la valutazione dovrebbe essere tutt’altro – ha evidenziato Spotorno – un percorso, un dialogo. Dovrebbe aiutare lo studente a capire dove si trova e come migliorare”.

Per la docente il post “invita a cambiare rotta con griglie chiare di valutazione, compiti autentici, autovalutazione. Strumenti che non tolgono rigore ma danno senso”

L’insegnante ritiene infine che per avere una scuola meno ansiogena e più formativa “bisogna iniziare da qui: da come guardiamo e accompagniamo la crescita di chi abbiamo davanti”.

Il dibattito sul modo di fare le interrogazioni e su quanto, attualmente, siano ancora efficaci i compiti a casa, è molto acceso. Sono diversi gli insegnanti e le personalità del mondo della scuola, come prof. Galiano e prof. Schettini, che hanno espresso il loro parere sulla necessità di cambiare il modo d’insegnare sapendosi adattare ai nuovi strumenti in circolazione.

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