Ansia da interrogazione Fonte foto: 123RF
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Ansia da interrogazione: i consigli per combatterla

Come combattere l'ansia da interrogazione: consigli utili per prepararsi a qualsiasi esame senza timore

Luca Incoronato

Luca Incoronato

GIORNALISTA PUBBLICISTA E COPYWRITER

Giornalista pubblicista ed esperto Copywriter, amante della scrittura in tutti i suoi aspetti. Curioso per natura, adoro scoprire cose nuove e sperimentarle in prima persona. Non mi fermo mai alle apparenze, così come alla prima risposta, nel lavoro come nella vita.

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Affrontare l’ansia da interrogazione è un vero e proprio test di maturità per tutti gli studenti. Anche i più capaci, quelli che riescono con grande agilità a destreggiarsi tra libri, appunti e scadenze, devono fare i conti con la paura dell’esame, sia questo scritto oppure orale, relativo alle medie, superiori o Università.

Al di là del contesto, si tratta di un timore che va a legarsi al momento in cui le proprie capacità vengono messe alla prova. Ciò si verifica tanto a scuola quanto nel mondo lavorativo. Occorre precisare come non esista un metodo magico che, una volta attuato, risulti efficace al 100% contro questa recondita paura. Vi sono però dei consigli utili da poter memorizzare e trasformare in abitudini pratiche, al fine di riuscire a fronteggiare la propria paura da interrogazione, senza ricorrere all’allettante fuga.

Cos’è l’ansia da interrogazione

Uno dei temi evergreen del mondo scolastico è senza dubbio l’ansia da interrogazione o da esame. I suoi sintomi sono largamente diffusi e tale condizione può comportare numerose problematiche. Si va dalla generale paura a un crollo della propria autostima. Quest’ultima diventa più gravosa quando si dà il via al proprio percorso universitario, dal momento che si è di fatto lasciati soli a gestire il peso delle proprie scelte.

Si inizia, quindi, a pensare d’aver commesso un grave errore. Quel timore ci blocca e spinge a guardarci alle spalle, mettendo tutto in dubbio. Aggiungiamoci una spruzzata di senso d’impotenza e sfiducia generale e il gioco è fatto.

Tutto ciò dovrebbe rendere chiara l’idea su cosa sia l’ansia da interrogazione, in alcuni soggetti ben più grave e radicata che in altri. Basti pensare che in molti vi sia una generale ansia da prestazione, adattabile tanto allo studio quanto a qualsiasi forma di test quotidiano. Evitare di rispondere al telefono o al citofono, non sapendo chi vi sia dall’altra parte e cosa possa "pretendere" da noi, è una delle tante forme.

Dinanzi alla prospettiva di un test, tali soggetti ritengono d’essere valutati per svariate ragioni, oltre alla propria preparazione. Se questa non dovesse risultare adeguata, il giudizio dell’insegnante andrà a inficiare l’immagine che questi ha di noi come persona, della nostra intelligenza in senso assoluto e delle capacità possedute. Ecco perché in questi casi vi è una generale correlazione con un sentimento di auto-svalutazione.

Ansia da interrogazione: come superarla

Soluzioni generali e semplici non ve ne sono. Compreso questo concetto basilare, si può passare all’individuazione del problema. Se da una parte è alquanto semplice, ovviamente, capire quali siano le situazioni che generano in noi determinati sentimenti spiacevoli, potrebbe risultare più ostico rendersi conto in pieno di quelli che sono i ripetuti segnali anticipatori di tale condizione.

Ci si può quindi concentrare sull’effetto (o effetti) che l’ansia da interrogazione produce. Un lavoro decisamente pratico, così come lo sono anche le specifiche tecniche che si attuano per quello che viene definito scaricamento emozionale, che aiuta a liberarsi nel momento specifico della propria paura immotivata.

Aggiungiamo poi al calderone delle proprie esperienze di successo, lavorando infine sulla riduzione, e in seguito eliminazione, dell’impatto che il timore del giudizio altrui ha sul soggetto. Di seguito affronteremo tutto ciò nel dettaglio.

Ansia da interrogazione: origine

In ambito scolastico si tende a definirla ansia da interrogazione o da esame. Nella vita quotidiana, però, è molto più comune sentirne parlare come ansia da prestazione. Si tratta infatti proprio di questo, del timore di rapportarsi agli altri ed essere giudicati dagli stessi.

Purtroppo in ambito scolastico si è largamente diffusa la cultura della competitività, il che spinge tutti gli studenti a rapportarsi agli altri, creando una sorta di scala gerarchica, che genera timori e preoccupazioni costanti in chi non riesce ad avere determinati successi. Un sistema deleterio anche per i cosiddetti "primi della classe", costantemente gravati dal loro stesso successo, ritenendo spesso come l’approvazione degli altri, genitori compresi, passi attraverso un andamento ottimale in ambito scolastico. Proprio loro sono i soggetti più a rischio durante la fase dell’Università. Alle prime avvisaglie di difficoltà, corrono il rischio di sentirsi dei falliti, non avendo alcuna esperienza nel fronteggiare delle delusioni.

È chiaro come tra i banchi l’ansia venga sfruttata per raggiungere un obiettivo, il che si tramuta spesso in ambienti di lavoro malsani. L’impostazione mentale inculcataci fin da giovanissimi è infatti errata.

Ciò per spiegare come tutti possano incorrere nell’ansia da interrogazione o prestazione. Ecco le prime cose da fare:

  • La memoria può aiutare ad analizzare il principale evento negativo, che ha dato il via all’intero processo. Un’esperienza che torna ad attaccarci, tormentandoci, in maniera conscia o inconscia. Occorre risolvere quelli che sono gli aspetti psicologici ed emotivi connessi;
  • Comprendere come il voto non rappresenti lo studente in quanto persona. Il giudizio che si ha di noi dovrebbe sempre essere distaccato dal numero riportato su un foglio. Siamo esseri più complessi e sfaccettati di un singolo accaduto in aula;
  • Eliminare le aspettative eccessive. Un discorso valido soprattutto per chi ha tendenze al perfezionismo. In casi del genere si tende inoltre ad attribuire un dato significato al risultato ottenuto, con costanti rimuginazioni;
  • Comprendere come l’arroganza non sia affatto nemica, entro certi limiti. Consente infatti di sostituire la paura di fallire con uno stato di sicurezza generale.

Combattere il desiderio di fuga

La fuga non è nostra alleata. Anche stavolta un concetto semplice ma cruciale. Dinanzi alla prospettiva di un’interrogazione che ci spaventa, il primo istinto è quello di non presentarsi. Torniamo all’esempio precedente. Non rispondiamo al telefono o al citofono per timore, sperando che il problema vada via e si risolva da solo.

Allo stesso modo saltiamo l’ora di lezione legata alla temuta interrogazione, oppure non ci presentiamo all’appello per quell’esame tanto ostico, tenuto da un professore burbero. Il momentaneo senso di sollievo è totalmente fasullo. Un finto amico da allontanare. Il problema non è svanito e quando si sarà costretti a fronteggiarlo nuovamente, avrà un nuovo "amico" al suo fianco, pronto a generare ansia.

Si tratta della consapevolezza d’aver perso tempo o d’aver complicato le cose. Parliamo di un peggioramento della generale concezione negativa che si ha di sé. Per questo l’arroganza può essere utile, dal momento che consente di prendere in considerazione l’idea di presentarsi comunque, anche quando si ritiene che la propria preparazione non sia adatta, perfetta o all’altezza del proprio standard di giudizio.

Farsi aiutare

I genitori dovrebbero intervenire per tempo, rendendosi conto dei primi segnali d’ansia, individuabili grazie alle proprie esperienze. Chiedere aiuto è sempre la soluzione giusta e in caso molto seri, ovvero quando tanto la vita scolastica quanto quella privata risultano inficiati, uno specialista è la risposta.

Articoli del genere offrono suggerimenti utili per trovare la giusta via, ma quando tutto è nero e si ha un’idea tanto negativa di sé, l’unico consiglio da accettare è quello di seguire un percorso terapeutico, andando a fondo nei propri ricordi, individuando le esperienze che hanno condotto a tutto questo, rendendole emotivamente neutre.

Ansia da interrogazione: il ruolo dei genitori

Il compito dei genitori, in relazione all’andamento scolastico dei figli, non dovrebbe limitarsi al controllo dell’esecuzione dei compiti a casa. È importante essere presenti e attenti, individuando i primi segnali preoccupanti di bassa autostima.

Non vi è una precisa età o una fascia anagrafica di partenza. L’ansia da prestazione può rivelarsi in qualsiasi momento. Si può anzi parlare di ansia anticipatoria, dal momento che si attua in tutti gli ambiti della vita, anche al di fuori della scuola. Si tratta di paura e angoscia che attanagliano il soggetto al solo pensiero di dover fronteggiare una situazione considerata rischiosa. Ciò può essere rappresentato da un’interrogazione, un esame, un colloquio di lavoro o magari un confronto in famiglia.

I più colpiti sono soprattutto i soggetti ipersensibili e affetti da bassa autostima. Non mancano di capacità, anzi, ma i loro standard autoimposti sono spesso così elevati da attuare dei meccanismi che conducono a una sorta di blocco emotivo, dopo il primo fallimento.

I genitori dovrebbero fare molta attenzione allo stile di educazione prescelto per i propri figli. Imporre un "regime" iper critico e volto al perfezionismo non crea un ambiente sereno, nel quale potersi esprimere liberamente. Ogni compito sarà vissuto come un test per guadagnare rispetto e amore del genitore.

Occorre spiegare il reale motivo per il quale si frequenta la scuola, ovvero crescere come persona e formarsi, non ottenere un dato voto. Il sistema delle stelline ottenute per il merito andrebbe abolito. Si studia per sé e non per ottenere il consenso degli altri. Ciò vuol dire che fallire un obiettivo non ci rende meno meritevoli. Ci costringerà soltanto a riprovare, come per molte cose nella vita.

Importante coscrivere il problema, quindi capire esattamente di cosa abbia paura il bambino. L’ostacolo potrebbe ad esempio essere rappresentato dal parlare in pubblico, più che da una determinata concezione di sé. In generale, l’arma da attuare è sempre la leggerezza. Tutte le situazioni andrebbero sdrammatizzate, perché spesso i giovani studenti non sono in grado di farlo da soli. Offrire loro la giusta prospettiva può rasserenarli, così come valorizzare ogni piccolo successo ottenuto. È così che si crea un giusto livello di autostima.

Aggiungiamo infine due trucchi. Da una parte la cura del sonno, che sia abbastanza e di qualità. Dall’altra la promozione dell’attività sportiva. Mettersi alla prova sul fronte fisico insegna un’importante lezione alla propria mente: occorre saper rialzarsi.