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Paolo Crepet ANSA

L'allarme di Paolo Crepet: "Qualcosa è andato storto"

In un'intervista, lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha lanciato un nuovo allarme sulla società di oggi: cosa "è andato storto" secondo l'esperto

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Paolo Crepet ha lanciato un nuovo allarme sulla società di oggi: “Qualcosa è andato storto“. Questa riflessione è alla base del suo nuovo spettacolo, intitolato ‘Il reato di pensare’, che sta portando in giro per l’Italia. Il noto psichiatra e sociologo parla di un mondo in cui il ruolo delle parole sta cambiando, e con esso il pensiero stesso. Ad essere in pericolo, a suo avviso, è il pensiero libero. Un rischio che mette in discussione anche le relazioni, la cultura e le emozioni.

Cosa è andato storto per Paolo Crepet

In un’intervista a L’Arena, Paolo Crepet ha spiegato che la società di oggi vive una condizione “paradossale”. Lo psichiatra ha sottolineato che in passato c’è sempre stato chi ha temuto il pensiero libero, dai despoti ai semplici cittadini. Ma questo, a suo avviso, accade anche nel presente.

Secondo Crepet, il problema principale risiede nella carenza di pensiero critico e nella mancanza di voci che si alzano dal coro della narrazione dominante. La società, ha spiegato, sembra aver smesso di incoraggiare il dubbio e la riflessione indipendente, preferendo invece un’omologazione delle opinioni e delle idee.

Per il sociologo, questa situazione si è aggravata con l’avvento delle nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, che secondo lui hanno contribuito a creare un ambiente in cui le opinioni divergenti vengono spesso silenziate o ignorate. “Questi meccanismi di dipendenza ormai sono globali, nel senso che sono diffusi ovunque nel nostro pianeta – ha detto -. Qualcosa è andato storto, ormai questo è evidente anche a chi non vuole ammetterlo e preoccuparsene: viviamo una contraddizione lacerante”.

La società, secondo lui, si sta avviando verso “un limite che silenziosamente sta facendo regredire la civiltà invece di garantirne un progresso. Una muraglia invisibile per secoli ha sfidato l’umanità più coraggiosa, ora sembra illuderla”.

L’allarme di Crepet sulle parole

La preoccupazione maggiore dello psichiatra è che questo processo porti ad “addomesticare le parole, quindi il pensiero che le genera”, sfociando in una “normalizzazione che fa parte di una regola del nuovo marketing ideologico”. E, ha aggiunto, “temo che possa accadere qualcosa di più: che si faccia avanti l’esigenza di un nuovo ‘codice’ che disciplina il pensiero“. Un “codice” che non si baserà più sulla “morale, sull’etica o sui sensi di colpa”, ma che secondo Crepet rappresenterà “un ritorno indietro all’idea che le parole, ma soprattutto l’ispirazione che le genera, debbano essere auto-inibite”. Una forma di “censura autoindotta” che avrà come effetto un “asservimento di massa”, ha specificato.

Il “reato di pensare“, come lo ha definito il sociologo, “inciderà sulla reciprocità”, portando alla scomparsa della “contaminazione culturale, emotiva e relazionale“. Per Crepet si arriverà al punto di “essere atterriti delle proprie idee, dall’idea e dalla necessità di esporle”.

Come evidenziato dall’esperto, l’esercizio del libero arbitrio è alla radice di ogni forma di libertà. Ma “se per la prima volta nella storia dell’umanità si decidesse che per seguire le regole del mercato e della politica si deve proibirlo, che ne sarà della nostra immaginazione, del nostro genio che nasce dalla disubbidienza all’omologazione?”, si è chiesto.

Chi sono “i più penalizzati” per Crepet

In questo contesto, “i più penalizzati sono i geniali, che sono da sempre fuori dal coro“, ha affermato Crepet. Perché? “Quante forme di ‘politicamente corretto’ stanno distorcendo la formazione dell’ideazione, quanti veti ideologici e contro- ideologici stanno costruendo nuove gabbie invisibili ma paralizzanti, quante censure e autocensure ci stiamo imponendo pensando che siano nuove forme di libertà?”, ha concluso lo psichiatra.

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