Salta al contenuto
paolo crepet IPA

Perché per Crepet l'Italia è un paese "morto": la polemica

Perché secondo Paolo Crepet "l'Italia è un paese morto": la polemica dello psichiatra e sociologo sull'educazione e l'intelligenza artificiale

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Secondo Paolo Crepetl’Italia è un paese morto“. Quella dello psichiatra e sociologo è una polemica che parte dall’osservazione delle dinamiche sociali e culturali che, a suo dire, stanno minando le fondamenta della comunità e dell’educazione.

Per quale motivo l’Italia è un paese morto secondo Crepet

La visione pessimistica di Paolo Crepet sull’Italia affonda le radici in diverse problematiche sociali che, a suo avviso, hanno portato alla “morte” del paese. Tra queste, come ha spiegato in un’intervista a Il Corriere del Veneto, c’è la gestione delle “baby gange, più in generale, la percezione di impunità che secondo lui pervade una parte delle nuove generazioni.

Lo psichiatra ha evidenziato che “i ragazzi vivaci sono sempre esistiti“, ma “il bullo è tale perché è stato creato da qualcuno”. E ha proseguito: “Banalizzare una bravata o rimanere inermi dimostra che quella di oggi è una generazione perduta“. Per Crepet, l’assenza di “autoregolazione” e la consapevolezza di poter “fare il bello e il cattivo tempo” senza ripercussioni, mina alla base il senso civico e la responsabilità individuale.

Per Crepet il problema principale è che “l’idea stessa di comunità è venuta meno” anche se, ha aggiunto, “esistono due realtà contrapposte: ci sono i ‘figli di papà’ come ci sono giovani che hanno conquistato con impegno e fatica ogni esame superato e ogni successo ottenuto”. Ma questi ultimi, “spesso, scelgono di lasciare l’Italia”. Ed è proprio qui che emerge la sua amara conclusione: “L’Italia è un paese morto”. Secondo lo psichiatra, l’Italia non è in grado di trattenere i più volenterosi, di offrire prospettive e di valorizzare il merito.

Quale sarà l’effetto dell’IA sull’educazione (per Crepet)

Paolo Crepet ha anche parlato del futuro dell’educazione, con un focus particolare sull’impatto dell’intelligenza artificiale.

Lo psichiatra ha ripreso l’esempio del caso della scala arcobaleno, scoppiato a marzo scorso in una scuola media di Verona e che ha fatto molto discutere. Un 13enne doveva recarsi con la propria classe su un piano superiore del plesso scolastico per partecipare a una rappresentazione teatrale. Ma per raggiungerlo, sarebbe dovuto salire su una scala i cui scalini erano stati dipinti dagli studenti con i colori dell’arcobaleno in occasione della giornata contro l’omofobia. Il giovane si era rifiutato.

Un bambino deve essere creativo. Se quel bambino si è rifiutato di salirla era un suo diritto, purché l’abbia pensato lui e non sia stato spinto dai genitori“, ha dichiarato Crepet, che aveva già commentato la vicenda parlando di “un doppio errore degli adulti”, ovvero dei genitori e della scuola. Al centro del discorso dello psichiatra c’è sempre la libertà di pensiero, che a suo avviso deve essere garantita anche ai più piccoli, impegnati nella costruzione della loro personalità.

Da qui la sua raccomandazione alla scuola: “Non mettiamo ideologia dentro l’educazione“. Secondo l’esperto, la scuola dovrebbe preoccuparsi soprattutto dell’educazione ai tempi dell’intelligenza artificiale “perché sarà la fine della pedagogia“, ha sentenziato.

La preoccupazione di Crepet non riguarda la tecnologia in sé, ma il modo in cui essa potrebbe essere impiegata limitando la capacità di elaborazione critica degli studenti. Per lo psichiatra, infatti, un’educazione che non promuove il dubbio e la riflessione indipendente rischia di formare individui passivi e non creativi.