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Perché i laureati lombardi trovano prima lavoro e hanno stipendi Fonte foto: Canva

Perché i laureati lombardi hanno stipendi più alti (e non solo)

Il Rapporto Mheo ha rilevato che aumentano i contratti a tempo indeterminato per i laureati in Lombardia. I dati e le lauree più utili

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Dall’ultima indagine dell’Osservatorio Mheo (Milan Higher Education Observatory), coordinato dalle università milanesi Statale e Bicocca sotto l’ala di Musa, è emerso che il primo impiego dopo la laurea è meno precario, ma il 40% dei contratti a tempo indeterminato viene chiuso dai giovani entro tre anni dall’attivazione mentre aumenta la forbice tra domanda e offerta. Ma un dettaglio che non passa inosservato è che nel 2023 il tasso di occupazione dei laureati lombardi a un anno dalla laurea (2022) è stato superiore alla media nazionale, così come la retribuzione media.

I dati su laurea e lavoro

Il report riporta che chi ha una formazione basata su un percorso scientifico entra più in fretta nel mondo del lavoro, ovvero in media aspetta 82 giorni dalla laurea, rispetto ai 101 giorni che devono attendere i colleghi dell’area umanistica. Lo studio segnala anche che le imprese faticano a trovare il 45% del personale necessario, soprattutto i laureati (49%).

Le competenze più richieste sono digitale, green e capacità di gestire processi d’innovazione della digital transformation. Più di un’azienda su due conferma di aver riscontrato difficoltà nel trovare profili Stem, in particolare negli ambiti di ingegneria (63%) e tecnologia (55%). E il 60% è convinto che l’Intelligenza artificiale aumenterà la domanda di questi profili. Questo spiega in parte perché i laureati in ambito scientifico impiegano in media meno tempo a trovare lavoro.

Che tipo di contratti di lavoro si fanno

Crescono i contratti a tempo indeterminato per i laureati lombardi, con un 7% in più per chi si è laureato tra il 2017 e il 2023 all’Università Statale di Milano e alla Bicocca, mentre si riducono quelli a tempo determinato e i tirocini. Il mercato del lavoro resta comunque dinamico, con una mortalità contrattuale del 35% al primo anno.

Questo dato mostra che i giovani laureati sono più selettivi nella scelta e cambiano con più frequenza anche per migliorare la propria condizione salariale, cosa che a tre anni dalla laurea il 43% riesce a fare. C’è inoltre più attenzione a orari e luoghi di lavoro, per dare più spazio al tempo libero. Solo il 69,5% dei laureati negli atenei lombardi accetterebbe un lavoro non coerente con gli studi svolti, rispetto al 73% dei laureati sul territorio nazionale.

Il primato della Lombardia sulle assunzioni di neolaureati

Stando al report Mheo, la Lombardia si conferma la regione italiana che attrae maggiormente i laureati italiani con una percentuale di trovare lavoro dopo la laurea di oltre il 4% il dato nazionale. In più, il 76,4% di chi si laurea in Lombardia resta nel territorio. Gli stipendi sono leggermente più alti rispetto ad altre regioni con 1.399 euro in media per i laureati di primo livello e 1.484 euro per i laureati di secondo livello (rispettivamente +1,1% e +3,6% rispetto alla media nazionale).

Sempre in Lombardia, dopo cinque anni dal primo ingresso nel mondo del lavoro, si arriva a una media di 1.800 euro di stipendio registrando un + 4% rispetto alla media italiana, ma ben al di sotto rispetto all’estero, dove la media è di 2.700 euro e si guadagnano 2.250 già nel primo anno.

La rettrice della Statale, Marina Brambilla, ha commentato i dati evidenziando la necessità di colmare il divario tra domanda e offerta “con risposte di sistema e interventi integrati tra atenei, istituzioni e imprese. Come Università Statale ci impegniamo a sviluppare un’offerta formativa interdisciplinare che integra i percorsi Stem, oggi essenziali per governare la transizione digitale ed ecologica”.

Anche per Monica Poggio, vicepresidente con delega a Università, Ricerca e Capitale umano di Assolombarda, dal momento che “il capitale umano è un asset fondamentale per la crescita competitiva dell’impresa” e alla luce di un mercato sempre più dinamico, caratterizzato da una sempre più rapida evoluzione delle competenze è necessario “promuovere una sempre più stringente alleanza tra imprese e sistema educativo, irrobustendo in particolare l’asse con le università”.