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Laureati italiani alzano il cappello Fonte foto: iStock

Laureati in fuga dall'Italia, di quali facoltà sono

Un rapporto di Almalaurea ha svelato chi e quanti sono i giovani che decidono di lasciare l'Italia dopo aver preso la laurea: ecco perché lo fanno

Patrizia Chimera

Patrizia Chimera

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Giornalista pubblicista, è appassionata di sostenibilità e cultura. Dopo la laurea in scienze della comunicazione ha collaborato con grandi gruppi editoriali e agenzie di comunicazione specializzandosi nella scrittura di articoli sul mondo scolastico.

I laureati italiani scappano dal nostro Paese, per andare a cercare fortuna all’estero. I motivi della loro fuga sono diversi, così come sono differenti le facoltà frequentate dai giovani che decidono di lasciare l’Italia per andare a lavorare, dopo essersi laureati, in altri Paesi europei o extra europei.

Chi sono i laureati in fuga dall’Italia, quanti sono, quanti di loro ritornano in patria e in quale facoltà hanno preso la laurea che li ha portati lontani dal loro Paese di nascita?

La fuga dei laureati dall’Italia

A svelare chi sono e quanti sono i laureati in fuga dall’Italia è stato un rapporto del consorzio universitario Almalaurea, che rappresenta 82 atenei italiani su poco meno di cento. I dati, presentati il 10 giugno 2025, hanno svelato cosa succede ai giovani dopo aver preso la laurea nel nostro Paese.

L’Italia è penultima in Europa per numero di giovani laureati, che non solo non sono abbastanza richiesti sul mercato interno, ma sono anche pagati poco. Per questi motivi molto spesso i neolaureati, che non riescono a trovare un’occupazione in linea con il titolo di studio preso, decidono di fare le valigie per trovare fortuna all’estero. Per il nostro Paese si tratta di una perdita importante, visto che a partire sono proprio quelle figure professionali che servirebbero nel mercato occupazionale italiano.

Quanti sono i laureati in fuga e che laurea hanno

Secondo il rapporto di Almalaurea, i laureati in fuga sono meno del 5%: la maggior parte è rappresentata dai laureati di sesso maschile. La percentuale, però, raddoppia in particolari settori, come ad esempio le ICT (11,3 per cento dei laureati a 5 anni dal diploma), le materie scientifiche (10,3 per cento) o come nel caso degli ingegneri industriali e dell’informazione (8,2 per cento).

A decidere di emigrare all’estero sono anche i laureati in lingue (7,7 per cento) e quelli che hanno preso una laurea in Scienze Politiche e in Comunicazione (7,6 per cento).

Gli esperti di Almalaurea hanno anche intervistato i diretti interessati: un terzo ha detto di aver lasciato l’Italia in seguito alla ricezione di un’offerta di lavoro interessante, mente un altro terzo ha lasciato il Bel Paese perché non c’erano opportunità o, comunque, quelle che c’erano non erano adeguate al proprio profilo. Più del 70% di chi se n’è andato non pensa di far ritorno a casa.

Perché i laureati se ne vanno dall’Italia

Marina Timoteo, direttrice di Almalaurea, ha spiegato in occasione della presentazione dei dati dell’ultimo rapporto: “Negli ultimi anni i laureati sono sempre meno disposti ad accettare lavori non coerenti con il proprio titolo di studio e sempre più cercano occupazioni che favoriscano l’equilibrio vita-lavoro o che sostengano valori di utilità sociale. Ora dobbiamo ascoltare la loro voce”.

A pesare sulla scelta di lasciare l’Italia è il divario degli stipendi: chi va via guadagna una volta e mezzo in più di chi sceglie di rimanere. A un anno dalla laurea un ragazzo guadagna in media 1.500 euro netti al mese, contro i 2.200 di chi è andato all’estero. A 5 anni il gap è ancora più profondo: 1.800 euro contro 2.900.

Il presidente di Almalaurea Ivano Dionigi, ex rettore dell’Alma Mater di Bologna, ha spiegato che “il Rapporto evidenzia alcuni segnali positivi, che riguardano in particolare il miglioramento delle opportunità occupazionali dei laureati. Si conferma, tuttavia, la persistenza di segnali negativi che riguardano le differenze di genere e i divari territoriali Nord-Sud. Rilevante e preoccupante il fenomeno dei laureati che scelgono l’estero per gratificazioni sia professionali e sia retributive“.

A pesare molto è anche il fatto che spesso l’impiego svolto dai neo laureati non è in linea con quanto studiato all’università: il 30%, quasi un giovane su tre, a un anno dalla laurea non usa le competenze acquisite e fa un lavoro per il quale quel titolo di studio nemmeno servirebbe. Il fenomeno colpisce maggiormente i laureati in lettere, ma anche in economia: le donne sono più colpite rispetto agli uomini.

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