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Lauree false Fonte foto: iStock

Lauree false in Svizzera per avere titoli in Italia: il caso

Un'altra università sospettata di rilasciare lauree false, questa volta in Svizzera per avere titoli accademici in Italia, ed è scoppiato il caso

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Scoperta un’altra università sospettata di rilasciare lauree false in Svizzera per avere titoli accademici in Italia. E non è l’unica. Il caso.

Ateneo italiano in Svizzera nel mirino

Avevamo già raccontato degli 11 atenei sotto inchiesta da parte del ministero dell’Università e della Ricerca per rilasciare titoli “con procedure sospette”. Adesso all’elenco se ne aggiunge un altro, che in realtà opera in Svizzera, anche se è rivolto principalmente a studenti italiani. Per l’esattezza a “imprenditori e leader”, per dar loro “la possibilità di realizzare sogni accademici rimasti in sospeso”, come si legge sul sito web di quella che si definisce “una istituzione universitaria privata di diritto svizzero” locata a Ginevra.

Nella città della Svizzera francese, però, la società di formazione universitaria non possederebbe alcuna struttura, né uffici, né dipendenti, come riportato da ‘la Repubblica’. La segreteria operativa si troverebbe a Manduria, in provincia di Taranto, dove vivono sia il segretario che il presidente, ideatore del progetto. Italiani anche tutti gli insegnanti, tranne un professore greco, che, stando a quanto si legge sul quotidiano, non avrebbero il permesso di soggiorno e di lavoro in Svizzera. Per quanto riguarda il rilascio dei titoli, le sessioni di laurea si svolgerebbero direttamente in Italia, a Roma, presso un’istituzione magistrale accreditata dal ministero dell’Istruzione e del Merito.

Contro la società sono arrivate tre denunce: una in Italia presso il ministero dell’Università e della Ricerca, e due in Svizzera, all’Autorità per la ricerca e l’innovazione e alla Procura di Lugano. ‘La Repubblica’ ha riportato anche il contenuto dell’esposto: la società “rientra fra gli istituti che operano sul territorio italiano senza essere riconosciuto e senza alcuna autorizzazione. Peraltro, non è accreditato neppure in Svizzera e usa l’acronimo ‘uni’ violando la legge federale”.

Atri casi in Svizzera

Ma questa società non è l’unica realtà italiana di formazione che è finita sotto accusa in Svizzera. La responsabile dell’Unità politica scuola e università svizzera ha chiesto approfondimenti sull’uso del suffisso ‘uni’ (che richiama la parola università) per altre 3, tutte a Zugo, cittadina di 3mila abitanti non lontano da Lucerna.

Una di queste ha scritto sul proprio sito web di non essere attualmente accreditata come università, anche se dice di aver avviato la procedura nel 2022. “Al momento – si legge – fino a che non si sarà concluso l’iter di riconoscimento per l’accreditamento presso il SEFRI, tutti i titoli rilasciati hanno la sua validità in ambito privato, professionale e concorsuale, ma non per proseguo di studi presso altre università o esami di stato per professioni regolamentate”.

Il rettore italiano di un’altra, scrive ancora ‘la Repubblica’, nell’agosto 2006 è stato condannato dal Garante della concorrenza e del mercato. Il motivo? “Aver prodotto messaggi idonei a ingenerare nei consumatori il convincimento che sia un’università riconosciuta in Italia e autorizzata a rilasciare titoli aventi valore legale nell’ordinamento nazionale”.

L’inchiesta giornalistica

Lo scorso maggio, la Radiotelevisione Svizzera ha condotto un’inchiesta sul fenomeno. “Queste pseudo-università – ha riportato la tv svizzera – sfruttano una procedura nata in Francia chiamata VAE, ‘validation des acquis d’expérience’ (tradotto: validazione dell’esperienza acquisita), che permette di tramutare l’esperienza professionale in crediti formativi. Se una determinata competenza è stata acquisita lavorando e non studiando sui libri, poco importa: allo studente potranno comunque essere abbonati corsi ed esami che riguardano quella materia”.

In virtù della VAE, per fare un esempio, una di queste società “ha chiesto sette esami e la tesi per una laurea in Scienze turistiche ad un cuoco“, un’altra “sei esami e la tesi per una laurea in Scienze aziendali ad una organizzatrice di matrimoni“. Un’altra ancora “ad un venditore ha proposto una laurea in Economia aziendale senza dover seguire corsi né sostenere esami. Nel pacchetto è stata inclusa addirittura la tesi, scritta dall’istituto a nome dello studente”.

“Titoli falsi”

L’emittente svizzera ha anche sottolineato che “non essendo questi istituti accreditati in Svizzera, e non essendo presenti sull’elenco di quelli contemplati dall’accordo bilaterale tra Svizzera e Italia sul reciproco riconoscimento dei titoli, i diplomi presentano qualche problema”. Insomma, “il loro valore è decisamente limitato, possono essere spesi a titolo privato e solo per professioni non regolamentate (come economia, scienze politiche o marketing)”. Sta “al datore di lavoro giudicarli, ben sapendo che il loro appeal è legato a doppio filo alla credibilità e alla serietà dell’istituto che li ha rilasciati ed al percorso di studi effettuato”.

Infatti, una volta ottenuta la laurea, per molti ex studenti italiani di queste strutture sono arrivati i problemi. La tv svizzera ha raccontato che un ‘laureato’ in Scienze economiche si è accorto solo dopo che nessun altro ateneo riconosceva il titolo per proseguire gli studi. Un altro, ‘laureato’ in Scienze della nutrizione, è finito sotto inchiesta per abuso della professione di nutrizionista.