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Harvard e Trump ANSA

Scontro tra Harvard e Trump, verso un accordo da 500 milioni

L'università di Harvard si è detta disponibile ad accogliere la richiesta dell'amministrazione Trump per porre fine allo scontro con la Casa Bianca

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Da mesi tra l’università di Harvard e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è in atto uno scontro che ha messo a rischio la permanenza degli studenti stranieri nell’ateneo. Ora l’ateneo sembrerebbe aver raggiunto un accordo con la Casa Bianca, tra le due parti sarebbe in atto un negoziato che potrebbe dare esito positivo.

L’accordo da 500 milioni tra Harvard e Trump

Secondo quanto riporta il New York Times, citando quattro persone a conoscenza dei negoziati, l’università di Harvard ha manifestato la sua disponibilità ad accogliere la richiesta dell’amministrazione Trump di pagare fino a 500 milioni di dollari per porre fine alla controversia con la Casa Bianca legata alle proteste pro Gaza, mentre i colloqui tra le due parti si intensificano.

Il prestigioso ateneo sarebbe in realtà riluttante a pagare direttamente il governo federale, ma i negoziatori stanno ancora discutendo i termini finanziari esatti dell’accordo.

La somma richiesta dal governo, che ha recentemente accusato Harvard di violazioni dei diritti civili, è più del doppio della multa di 200 milioni di dollari che la Columbia University ha accettato di pagare quando ha patteggiato con la Casa Bianca la scorsa settimana per le accuse di antisemitismo.

Lo scetticismo di Harvard

Attualmente sia Harvard che il governo americano hanno preferito non specificare pubblicamente i potenziali termini della possibile intesa e neanche quali accuse sarebbero risolte tramite la cessione della somma di denaro.

Il presidente Donald Trump ha chiesto privatamente che Harvard paghi molto di più della Columbia. Sebbene le due parti abbiano compiuto progressi verso un accordo, Harvard è scettica anche sull’accettazione da parte della Columbia di un osservatore esterno per supervisionare l’intesa con il governo.

I funzionari di Harvard hanno segnalato che tale requisito per il loro accordo potrebbe rappresentare una potenziale violazione della libertà accademica dell’università. I dirigenti dell’ateneo, tuttavia, hanno concluso mesi fa che, anche se vincessero la loro battaglia legale contro il governo, un accordo potrebbe aiutare Harvard a evitare ulteriori problemi durante il mandato di Trump.

Perché c’è tensione tra Harvard e Trump

La tensione tra Trump e Harvard ha avuto origine nel 2024 quando l’università è stata al centro di proteste pro-Palestina. Durante queste manifestazioni, alcuni studenti ebrei hanno segnalato episodi di intimidazione e slogan antisemiti. Le polemiche sull’università, accusata di antisemitismo, hanno portato alle dimissioni dell’allora presidente dell’ateneo, Claudine Gay.

Dopo il ritorno del tycoon alla presidenza nel gennaio 2025, la sua amministrazione ha intensificato le critiche contro le prestigiose università private americane, accusandole di non affrontare adeguatamente l’antisemitismo nei campus.

La Casa Bianca ha chiesto misure più severe contro l’antisemitismo e una revisione delle politiche di inclusione. Successivamente, ha richiesto all’ateneo ampie riforme nelle sue politiche di governance, ammissione e assunzione e di eliminare i programmi di Diversità, Equità e Inclusione (DEI), sostenendo che favoriscano discriminazioni ideologiche e politiche.

Nel marzo 2025, l’amministrazione Trump ha avviato una revisione dei finanziamenti federali destinati a Harvard, bloccando oltre 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni. Il rifiuto di Harvard ad accettare le richieste della Casa Bianca di ingerenze anche sui programmi di studio dell’università, ha portato il governo a congelare i fondi e minacciare la revoca dello status di esenzione fiscale dell’università.

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