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Studenti alle superiori con competenze insufficienti: i dati Istat Fonte foto: iStock

Scuole superiori, 1 studente su 2 ha competenze insufficienti

La metà degli studenti delle superiori ha competenze alfabetiche e matematiche insufficienti, con rilevanti differenze territoriali: i dati Istat

Francesca Pasini

Francesca Pasini

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Content Writer laureata in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali, vivo tra l'Italia e la Spagna. Amo le diverse sfumature dell'informazione e quelle storie di vita che parlano di luoghi, viaggi unici, cultura e lifestyle, che trasformo in parole scritte per lavoro e per passione.

Metà degli studenti iscritti alle superiori ha competenze alfabetiche e matematiche insufficienti e sono ancora tanti i giovani che non studiano e non lavorano (i cosiddetti NEET), con differenze territoriali importanti lungo lo Stivale. Lo rileva il nuovo rapporto IstatI giovani nelle città metropolitane: la fragilità dei percorsi educativi nei contesti urbani‘, pubblicato il 23 dicembre, che sottolinea dati preoccupanti per i giovani maggiormente a rischio di esclusione sociale.

Competenze insufficienti per la metà degli studenti: i dati Istat

Secondo il recente rapporto Istat ‘I giovani nelle città metropolitane: la fragilità dei percorsi educativi nei contesti urbani’, in Italia, nell’anno scolastico 2022/2023, la percentuale di studenti delle scuole secondarie di secondo grado con competenze insufficienti ha toccato il 49,3% per le competenze alfabetiche e il 50% per quelle numeriche.

Ad andare peggio sono le città metropolitane del Mezzogiorno e Roma, che si collocano al di sopra della media italiana. In particolare, si osservano svantaggi territoriali rilevanti in alcune città: per le competenze alfabetiche Napoli ha il primato negativo, con il 66,8%, seguita da Reggio Calabria, con il 61,2%, e Palermo (61%); per le competenze numeriche si riconferma ultima Napoli (70,2%), Palermo (68,1%) e Catania (65,4%).

Passando alle città metropolitane del Centro e del Nord Italia, le performance migliori si registrano a Venezia, con il 36,8% di insufficienze per le competenze alfabetiche, e Bologna, con il 36,1% per le competenze numeriche.

Facendo un confronto con i risultati ottenuti dagli studenti nell’anno scolastico pre-pandemia 2018/2019, si registra un peggioramento delle competenze. Le quote di cosiddetti “low performer” sono aumentate del 13,7% per le competenze alfabetiche e del 10,8% per quelle numeriche.

Tra le città metropolitane che registrano gli incrementi più rilevanti (oltre i 14 punti percentuali) troviamo Napoli e Genova per entrambe le tipologie di competenze, ma anche Firenze, Torino e Milano per le sole competenze alfabetiche.

Giovani che non studiano e non lavorano: i numeri che preoccupano

Lo stesso rapporto Istat evidenzia come il mancato raggiungimento di competenze sufficienti e adeguate e un successivo livello di istruzione basso, contribuiscono a far aumentare il numero di giovani tra i 15 e i 24 anni che non studiano e non lavorano, i cosiddetti NEET (Neither in Employment nor in Education and Training). In tal modo, questi ragazzi e ragazze “disperdono il proprio potenziale umano che invece dovrebbe essere messo a beneficio dell’intera società”, secondo quanto spiega il rapporto Istat. La scarsa valorizzazione del capitale umano e le difficoltà di accesso al mercato del lavoro determinano una fascia di popolazione giovanile che è maggiormente esposta al rischio di esclusione sociale.

Secondo i dati raccolti, risulta che nel 2022, nelle città metropolitane, i giovani di 15-24 anni che non studiano e non partecipano al mercato del lavoro (NEET) sono quasi 200mila, il 9% della popolazione residente della stessa fascia d’età, valore di poco superiore alla media italiana (8,3%).

A preoccupare maggiormente sono le differenze territoriali: al Sud, i giovani NEET raggiungono cifre nettamente superiori alla media italiana, con Napoli e Palermo che registrano il 14% di giovani fuori dal sistema di istruzione e formazione e dal mercato del lavoro. Due eccezioni sono Cagliari (8,8%) e Bari (9,2%). Il fenomeno risulta più limitato, invece, nella città metropolitana di Firenze (5,5%).