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La logica di Hegel: Essere, Nulla e Divenire

Il filosofo tedesco definisce il pensiero oggettivo, puro, inteso come razionalità immanente al reale

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

La ‘Scienza della logica’

La ‘Scienza della logica è un’opera di Hegel’, pubblicata tra il 1812 e il 1816, a cui ha fatto seguito una seconda edizione postuma nel 1831, che ha come oggetto il pensiero puro. È divisa in due volumi, la ‘Logica oggettiva’, composto a sua volta dal I libro ‘Dottrina dell’essere’ e dal II ‘Dottrina dell’essenza’, e la ‘Logica soggettiva’, che comprende il III, intitolato ‘Dottrina del concetto’. Secondo Hegel, la filosofia ha come proprio oggetto il “pensiero” inteso nel senso di pensiero oggettivo (che, quindi, non è il prodotto e l’attività cognitiva di un soggetto umano): la sua celebre frase “Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale” mira proprio a definire il pensiero nel senso di razionalità immanente al reale, in quanto, da un lato, l’elemento razionale non è un prodotto esclusivamente soggettivo, cognitivo, che appartiene a un soggetto umano, ma è qualcosa che costituisce la struttura interna di tutte le cose naturali, e di ogni realtà in generale e, dall’altro, ciò che è reale non è un qualcosa di estraneo e refrattario al pensiero ma, al contrario, è qualcosa di internamente articolato da una forza attiva che è il pensiero stesso. Tutto ciò che esiste, esiste realmente solo se il pensiero lo può pensare razionalmente. La Logica, che costituisce la prima parte della filosofia hegeliana, seguita da quella della natura e da quella dello spirito, ha come proprio oggetto di indagine il pensiero in quanto pensiero puro, cioè prima e indipendentemente da ogni sua realizzazione nella dimensione naturale e spirituale. La natura, quindi, è il pensiero nell’elemento dell’esteriorità, mentre lo spirito è il pensiero che diventa autocosciente, che si sa come pensiero.

La logica speculativa, oggettiva e soggettiva

La logica hegeliana è definita “speculativa”, cioè logica del concreto, che si contrappone sia alla logica “formale” (o dell’astratto, come quella aristotelica), quanto a quella logica kantiana detta “trascendentale”. Per Hegel, infatti, il pensare è un qualcosa di oggettivo, che non si esaurisce nell’attività del soggetto. Il pensare costituisce l’anima immanente delle cose: la realtà è pensiero e, quindi, il reale è razionale, nel senso in cui si afferma che esistono leggi nella natura, che c’è della ragione nel mondo e che le cose obbediscono a principi e regole. La logica speculativa, ad ogni modo, non deve soltanto superare i limiti delle logiche formali e trascendentali, ma anche quelli della metafisica che, pur essendo ambivalente (di critica e ammirazione a un tempo), è tutto sommato chiara, al netto dei riconosciuti limiti e difetti: per Hegel, infatti, una delle principali colpe di Kant è stata quella di aver privato il popolo tedesco della metafisica, da non intendere con quella dogmatica pre-critica, bensì, appunto, come “scienza logica”. Non a caso, la scienza della logica studia la forma pura di quelle strutture costituenti l’ossatura della realtà, che nella loro esistenza materiale sono rivestite di caratteristiche sensibili accidentali, empiriche e contingenti: il concetto ha una sua realtà ontologica che si esprime nell’essere vivente, poiché il procedere concettuale è lo stesso della vita reale. Il movimento dialettico, poi, regola la logica e il procedere di una categoria in un’altra: lo sviluppo dialettico, dunque, coincide con l’Aufhebung (il toglimento) e consiste nel pensare una determinazione logica al di là della sua indipendenza, assolutezza e immediatezza, da considerare sempre come “momento” di un intero, “un che di riflesso”. La mediazione di un contenuto logico non è il risultato di un’operazione del filosofo o di un soggetto umano in generale, ma è la struttura interna e immanente a ogni cosa, di cui la logica è l’esposizione. Quindi, non è Hegel a mediare nell’unità superiore del divenire, le determinazioni di essere e nulla, ma sono le stesse determinazioni di pensiero (le Denkbestimmungen) a contenere in sé quel riferimento ad altro e, infine, all’unità concreta di cui sono momenti. Il procedere logico appare, pertanto, composto da elementi contrapposti che si risolvono in una mediazione superiore, esattamente come i concetti contrapposti di essere e nulla che trovano una sintesi nel divenire, o come nella coppia quantità-qualità che supera l’opposizione nel momento in cui si verificano i “salti qualitativi” (il sopravvenire di un incremento puramente quantitativo può produrre una nuova qualità e ne sono un esempio le trasformazioni fisiche da uno stato liquido a uno gassoso o i mutamenti dei regimi politici). La logica “oggettiva”, invece, un tutt’uno che racchiude al suo interno la “Dottrina dell’essere” e la “Dottrina dell’essenza”, è riferita alla realtà che esiste indipendentemente dal soggetto che la pensa, mentre la “Dottrina del concetto” è definita come logica “soggettiva”. A differenza di Kant, per Hegel la logica non è soggetta all’intervento dell’intelletto, ma esiste come oggetto-essere e, nel suo aspetto più intimo, come essenza. Il primo presentarsi della realtà avviene nelle forme immediate e intuitive di quantità, qualità e misura, ma successivamente è fondamentale cogliere ciò che è all’origine nascosto nella realtà dell’essere: l’essenza, che rappresenta «la verità dell’essere» e che si contrappone antiteticamente al grado positivo dell’essere. Da questa opposizione dialettica nasce la sintesi del mondo del “fenomeno” (Erscheinung) e della “realtà effettuale” (Wirklichkeit), cioè della realtà del nostro vivere quotidiano. La logica “oggettiva” rappresenta – nella struttura dialettica della speculazione hegeliana – il grado preparatorio che sarà illuminato dall’avvento del “concetto”, cioè della logica “soggettiva”, così definita perché l’attività del pensare (e quindi la formazione del concetto) esprimono la sfera essenziale del nostro agire. Il concepire, del resto, non è altro che il momento in cui l’uomo si svincola dalla rappresentazione della necessità naturalistica dell’essere e dell’essenza e giunge, così, alla libertà del pensiero concettuale.