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Francesco Guicciardini: tra storia, politica e letteratura

Progenitore della storiografia moderna e fondatore dell’aforisma morale e politico, è stato in parte oscurato dalla figura del Machiavelli

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Scrittore, storico e politico italiano, Francesco Guicciardini è considerato il progenitore della storiografia moderna, nonché il fondatore dell’aforisma morale e politico. La sua figura e il suo contributo sono però stati in parte consapevolmente sminuiti dal pensiero critico, che gli ha preferito Machiavelli, dallo stile meno prolisso e circonvoluto.

La vita

Nato il 6 marzo 1483 a Firenze, Guicciardini appartiene ad una delle famiglie maggiormente fedeli ai Medici, che gli dà l’opportunità di formarsi sui grandi storici dell’antichità, da Senofonte a Tucidide, passando per Livio e Tacito. Studia poi giurisprudenza tra Firenze, Ferrara e Padova e intraprende l’attività accademica ancor prima di terminare il percorso.

Nel 1506, il prestigioso matrimonio con Maria Salviati gli spalanca le porte della carriera politica e nel giro di poco tempo si ritaglia un ruolo rilevante, sia su Firenze, che sulla scena politica internazionale. Con l’incarico di ambasciatore della Repubblica Fiorentina, si reca in visita a Ferdinando II di Spagna, ma al suo ritorno scopre che a Firenze era stata restaurata la Signoria Medicea. Il mutamento politico però non rallenta l’ascesa politica di Guicciardini, che nell’ordine entra prima a far parte degli Otto di Guardia e di Balia, l’antica magistratura fiorentina, poi diventa avvocato concistoriale, quindi viene nominato governatore di Modena, Reggio Emilia e Parma, e ancora commissario generale dell’esercito pontificio, prima di essere inviato a governare la Romagna da papa Clemente VII, al secolo Giulio de’ Medici.

Dopo aver dato vita alla fallimentare Lega di Cognac e aver visto Roma saccheggiata dai Lanzichenecchi e Firenze tornare alla Repubblica, Guicciardini si ritira in un volontario esilio nella villa di Finocchietto, durante il quale dà vita a diverse opere. Costretto a lasciare Firenze, viene ancora soccorso da papa Clemente VII, che gli fornisce un incarico diplomatico a Bologna.

Con il ritorno dei Medici nel 1531, gli viene affidato un ruolo da consigliere del duca Alessandro, ma con l’avvento di Cosimo I lascia nuovamente Firenze per trascorrere i suoi ultimi anni dedicandosi alla letteratura nel ritiro di Arcetri, dove muore nel 1540.

Le opere e il pensiero

Per oltre tre secoli il nome di Guicciardini è stato esclusivamente accostato alla sua Storia d’Italia e ad alcuni aforismi. Nel 1857, però, i suoi discendenti decisero di aprire gli archivi di famiglia, dando dignità ad un’intensa produzione.

Storie fiorentine

Le Storie fiorentine partono dal Tumulto dei Ciompi del 1378, per arrivare alla battaglia di Agnadello del 1509. Si tratta di un’indagine sulle cause degli eventi storici del passato, per evidenziare le contraddizioni della politica fiorentina. Protagonisti delle Storie sono, in negativo, Lorenzo de’ Medici e in positivo Girolamo Savonarola, degno di lode per la sua democrazia, Caterina Sforza e Cesare Borgia.

Ricordi politici e civili

I Ricordi politici e civili sono essenzialmente una raccolta del Guicciardini pensiero, trascritto nel corso degli anni in oltre 200 testi, che gli sono valsi il titolo di “padre dell’aforisma morale e politico”. Si badi bene però, il termine “ricordi” scelto dall’autore non ha il significato immediato che gli si attribuirebbe, ma è utilizzato nel senso di “monito” o “consiglio”. Guicciardini parte infatti da una visione della storia trascendentale, non inquadrabile da leggi universali o da una scienza sistematica, ma afferma che è invece possibile valutare solamente le singole situazioni, delle quali i Ricordi si propongono di essere un esempio.

Considerazioni intorno ai “Discorsi” del Machiavelli “sopra la prima deca di Tito Livio”

Prima ancora che il pensiero critico lo abbia messo in contrapposizione con Machiavelli, è proprio Guicciardini a tirarlo in ballo, criticandone in particolare la concezione di storia, che contrariamente a quanto sostenuto dal suo concittadino, non può mai essere magistra vitae. L’uomo si trova infatti al centro di un mondo che non è governato da leggi universali, ma in balia di frammenti di realtà e situazioni sempre diverse. Richiamando quanto già sostenuto nei Ricordi, Guicciardini indica la strada della “discrezione”, ossia del saper scegliere di volta in volta quale possa essere la soluzione migliore per rapportarsi alla realtà di turno.

Storia d’Italia

La Storia d’Italia e l’opera più conosciuta di Guicciardini, che prende in esame uno dei periodi più significativi del Rinascimento italiano. Composta di venti libri, inizia dal 1492, anno della morte di Lorenzo il Magnifico, e si sviluppa sino al 1534, quando scompare Papa Clemente VII, comprendendo avvenimenti della portata della calata di Carlo VIII del 1494 e del sacco di Roma del 1527.

Il fatto che Guicciardini sia considerato una sorta di progenitore della storiografia moderna è legato proprio al suo approccio nei confronti della Storia, che se nei Ricordi era al centro delle sue riflessioni, nella sua opera magna è descritta attraverso una puntuale verifica dei fatti, comprovata dalla pubblicazione delle fonti.

L’obiettivo della Storia d’Italia è dunque quello di condurre un’analisi lucida dei motivi di insuccesso della linea antimperialista promossa in politica dallo stesso Guicciardini, che si conclude con una presa di coscienza pessimistica sull’impossibilità assoluta di prevedere gli eventi storici, il cui corso è costantemente deviato e determinato dalla fortuna.

Il “particulare”

Noto per la sua profonda analisi delle dinamiche del potere e dei suoi conflitti, Guicciardini riconosce la complessità e la spietatezza del mondo politico, del quale esamina accuratamente sistemi di governo e leggi. Sul rapporto tra etica e politica si pone agli antipodi rispetto a Machiavelli, investendo i leader del compito di bilanciare esigenze etiche e stabilità dello Stato. Le sue riflessioni sulla psicologia umana, sulla corruzione, sulla diplomazia e sulla gestione dei conflitti risultano ancora attualissime.

Punto focale del pensiero guicciardiniano è però il tema del “particulare”, che riflette la visione cinica e pessimista di un uomo politico ormai disincantato e consapevole del tramonto delle corti quattrocentesche italiane, impotente di fronte alla calata in Italia dei sovrani stranieri e che non può far altro che mettere al riparo se stesso e la sua posizione. D’altro canto non sarebbe possibile fare altrimenti, perché non esistono lezioni da imparare dagli eventi storici, tantomeno prevederli, in quanto dettati dalla sorte.

Neanche l’uso della ragione, che comunque Guicciardini esalta, può essere utile a governare un mondo dominato dal caso e che rende inapplicabile perfino il richiamo ad antiche virtù e grandi ideali. L’essere umano in quest’ottica è considerato completamente solo e può nella migliore delle ipotesi tentare di tutelare almeno i propri interessi.