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James Joyce, vita e opere dello scrittore irlandese

Anticonformista e fortemente critico verso la società e la Chiesa cattolica, ha rivoluzionato la letteratura dell’Ottocento

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

James Joyce è ritenuto uno dei migliori scrittori di ogni epoca. Dublinese purosangue dal carattere anticonformista, trova il successo lontano dall’Irlanda, critico verso la società e la Chiesa cattolica. Da Gente di Dublino a Dedalus, passando per il capolavoro Ulisse e la sua estremizzazione La veglia per Finnegan, ha rappresentato una vera e propria rivoluzione rispetto alla letteratura dell’Ottocento e una preziosa fonte di ispirazione per quella del XX secolo.

Vita

James Joyce nasce a Dublino nel 1882 da una famiglia cattolica benestante, che però poco a poco disperderà la propria ricchezza. Il padre John Joyce fa parte del partito autonomista irlandese guidato dal politico Charles Parnell, sostenitore dell’Home Rule, dopo la cui morte, deluso dalla politica, si allontanerà dalla causa nazionalista. Il giovane James si rivela uno studente brillante, frequenta una scuola di gesuiti e in seguito l’Università di Dublino, dove si laurea in lingue moderne nel 1902 e inizia a ribellarsi alle restrizioni morali e politiche dell’Irlanda che vede come ostacoli per la sua crescita artistica. Decide allora di lasciare Dublino e per la prima volta si reca a Parigi, dove ha modo di conoscere molti nazionalisti irlandesi espatriati e importanti esponenti della letteratura europea. Tornato in Irlanda per accorrere al capezzale della madre malata e che di lì a poco morirà, incontra e si innamora di una giovane cameriera proveniente dalla contea di Galway, Nora Barnacle, che diventerà sua moglie. Nora è una donna colta, emancipata, sensuale e intelligente che resterà accanto a James per tutta la vita, nonostante un rapporto tormentato a causa della terribile gelosia dello scrittore e della schizofrenia di cui soffre e che peggiorerà con il tempo. La data del loro primo appuntamento, il 16 giugno 1904, diventerà una data fondamentale nella vita artistica di Joyce, che ne farà il “Bloomsday”, il giorno in cui lo scrittore ambienterà la sua opera più famosa Ulisse. Nello stesso anno la coppia lascia definitivamente Dublino e si stabilisce a Trieste, dove Joyce insegna inglese presso la Berlitz School e incontra Italo Svevo, di cui diviene grande amico. Joyce e Nora hanno due figli, Giorgio e Lucia, che eredita da James la schizofrenia. Il soggiorno in Italia è molto prolifico per lo scrittore che realizza diverse opere tra le quali la raccolta Dubliners, “Gente di Dublino”, inizia anche a pubblicare in forma seriale sulla rivista “The Egoist”, il suo romanzo semi-autobiografico Ritratto dell’Artista da Giovane, la storia di Stephen Dedalus, che si ribella contro il suo paese, la sua famiglia, la religione e lascia l’Irlanda, dove non riesce a esprimere la sua creatività liberamente.

Dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Joyce si trasferisce a Zurigo, dove inizia a scrivere il suo romanzo più famoso, Ulysses, la storia di Leopold Bloom, un Odisseo moderno, che vaga per la città di Dublino il 16 giugno 1904. Nel 1920, ormai tra gli scrittori più apprezzati del tempo, Joyce si trasferisce a Parigi, divenuta la capitale intellettuale europea. In Francia scrive il suo ultimo romanzo La Veglia per Finnegan, un’opera dalla struttura molto complessa, ambientata in una notte dublinese.

Alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Joyce torna con la sua famiglia a Zurigo, dove morirà nel 1941.

Le opere

Le opere di James Joyce rivelano il rapporto di amore e odio con la sua patria, l’Irlanda. Pur avendo lasciato per sempre Dublino, il legame emotivo e spirituale con la sua città natale lo porta a sceglierla come scenario per tutti i suoi romanzi, dando vita alla popolazione, alle strade, alle abitazioni attraverso un linguaggio talmente ricco di dettagli, che lo stesso scrittore, tra il serio e il faceto, affermerà che se fosse stata rasa al suolo, sarebbe stato possibile ricostruirla utilizzando le sue opere. Dublino, allora, travalica il ruolo di mero palcoscenico delle narrazioni, per essere trasformata da Joyce in un vero e proprio personaggio, simbolo di uno specifico stato emotivo, quello dei personaggi dei suoi romanzi, che vagano senza successo per le vie della città alla ricerca di un qualcosa in grado di stravolgere le loro esistenze.

Joyce è stato anche il più grande esponente del modernismo. Elabora un nuovo concetto di coscienza umana e sviluppa nuove tecniche narrative per rappresentare il flusso spontaneo dei pensieri più reconditi dei suoi personaggi prima che vengano ordinati logicamente. In questo modo non è più necessario raccontare le storie in ordine cronologico, quindi la trama di un romanzo può dipanarsi nell’arco di un secolo come di un giorno, proprio quel che accade nei romanzi di Joyce, che partono dall’analisi di un momento particolare nella vita di un personaggio.

Per descrivere ed esprimere cosa accade nella mente dei suoi protagonisti, lo scrittore adotta diverse tecniche narrative. Una di queste è l’epifania, un momento di rivelazione spirituale improvvisa causata da un evento banale sperimentato dal protagonista in un momento di crisi che gli rivela la realtà della sua condizione. Tramite il monologo interiore, il personaggio dipana i suoi pensieri senza una sequenza logica, senza punteggiatura, senza seguire le regole grammaticali e senza la mediazione di un narratore, proprio per riflettere il caos della mente umana.

Dubliners

Gente di Dublino è una raccolta di quindici racconti in cui Joyce ritrae la vita nella sua città natale all’inizio del XX secolo. L’opera è divisa in quattro gruppi, ciascuno riferito a una diversa fase della vita umana, l’infanzia, l’adolescenza, la maturità e la vita pubblica. In questi racconti, Dublino viene descritta come una città provinciale e stagnante, fulcro della “paralisi” storica, sociale e psicologica che opprime i suoi abitanti, non consentendo loro di crescere spiritualmente e moralmente e spingendoli o ad accettare la loro condizione, per assenza di consapevolezza o per mancanza di coraggio di fronte a un’epifania.

Ulisse

Con Ulysses, Joyce, rappresenta il culmine del romanzo modernista. Ambientato a Dublino come tutti i suoi scritti, è la storia di un giorno nella vita di Leopold Bloom, il “Bloomsday”, corrispondente al 16 giugno 1904. Bloom è un anonimo agente pubblicitario, sposato con Molly, cantante d’opera fallita e moglie frustrata, che la mattina del 16 giugno del 1904 esce da casa alle otto del mattino per comprare la colazione, ma che finirà per farvi ritorno solamente alle due del mattino successivo. Gironzolando senza meta per le strade di Dublino, conosce diverse persone, tra cui il giovane artista Stephen Dedalus, alla ricerca di una casa e di una figura paterna, che troverà proprio in Leopold Bloom. Nel suo vagabondare, Bloom racconta diversi episodi della sua vita tra cui l’infedeltà nei confronti di sua moglie e la morte del figlio. Giunto a casa da Molly, anche lei fedifraga, portando con sé Stephen. Il romanzo termina con un flusso di coscienza privo di punteggiatura e di organizzazione logica, attraverso il quale Molly ricorda un periodo passato della sua vita in cui si è sentita felice e realizzata, paragonandolo all’esistenza vuota del presente.