Non chiederci la parola di Montale: testo, parafrasi e analisi
È il manifesto della poesia “negativa” del premio Nobel per la letteratura, che prende le distanze dagli spacciatori di certezze assolute di fronte al mistero dell’esistenza
Composta il 10 luglio 2023, “Non chiederci la parola” è senza dubbio una delle poesie più celebri e citate di Eugenio Montale. Questo componimento apre la sezione “Ossi di Seppia”, la seconda dell’omonima raccolta, pubblicata nel 1925, e rappresenta il manifesto della poesia “negativa” di Montale, contenendo alcuni elementi essenziali per capire la concezione della poesia e del ruolo del poeta secondo l’autore. Che instaura un dialogo diretto con quel lettore che esige verità assolute e definitive e, parlando a nome dei poeti della sua generazione, lo invita a non chiedergli alcuna definizione precisa ed assoluta, né sui poeti stessi né sull’uomo in genere, tantomeno sul significato del mondo e della vita.
Testo
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Non chiederci la parola – Parafrasi
Non chiederci la parola che indaghi da ogni lato
il nostro animo senza forma, e lo riveli
con parole incancellabili e lo faccia risplendere come un fiore sgargiante
perduto in mezzo a un prato quasi deserto.
Ah l’uomo che procede sicuro,
in pace con gli altri e con sé stesso,
e non dà importanza alla sua ombra che il sole di mezzogiorno
stampa sopra un muro con l’intonaco a pezzi!
Non domandarci la formula che possa rivelarti verità nascoste
bensì qualche sillaba storta e secca come un ramo.
Oggi possiamo dirti solo questo,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Parafrasi
“Non chiedere di spiegare con precisione sotto tutti gli aspetti il nostro animo privo di certezze, e con parole chiare e indelebili di avere risposte certe e definitive che risplendano come un croco in un campo grigio e polveroso, e si sente in armonia con se stesso e con gli altri, e non ha paura della sua ombra proiettata dal sole ardente su un muro sgretolato. Non domandarci la formula magica o scientifica che possa darti una piena conoscenza della realtà e certezze sulle quali basare la tua esistenza ma solo qualche parola incerta e scarna come un ramo secco, solo questo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo e ciò che non vogliamo”.
Analisi
È a “Non chiederci la parola” che Montale affida la propria lapidaria dichiarazione poetica, rivolgendosi ad un “tu” generico, ma parlando al plurale, facendosi portavoce di un’intera generazione di giovani poeti, nel volersi liberare dal fardello di essere visti come vati di facili certezze. Il “non”, che apre la poesia, definisce da subito le intenzioni del poeta. La parola da sola non ha la possibilità di dare ordine a un animo disgregato, alienato e informe, che per definizione ordinato non è, né di esprimerlo per rivitalizzare con una semplice macchia di colore, il croco, quel “polveroso prato” che è l’esistenza. La presa di distanze da chi no si pone domande su niente è evidenziata dall’ironica commiserazione espressa dall’esclamativo “Ah”, che apre la seconda quartina e che si rivolge da quegli uomini che incedono con passo sicuro, ignorando anche la propria ombra proiettata dalla canicola sullo scalcinato muro, emblema del limite montaliano, lasciando così inesplorati i lati più oscuri dell’animo umano. Con il “non” che dà inizio all’ultima strofa, invece, Montale riprende la negazione dell’incipit, controfirmando la presa di coscienza della nuova poesia, che lungi dall’avvalersi di una parola definitiva, unica e infallibile, non può fornire formule “magiche” per rivelare realtà è verità nascoste, perché non è in grado di affermare, ma solo di negare. Se il poeta ha parole da offrire, queste non possono esprimere certezze assolute, ma solo dire ciò che egli sa di non essere e ciò che non vuole.